La forza tranquilla. Cosa avrebbero detto i “dissidenti” Pdl in Senato
02 Ottobre 2013
Signor Presidente, Signor Presidente del Consiglio, colleghi Senatori, signori del Governo,
per me e per i (numerosi) colleghi a nome dei quali intervengo non è facile oggi prendere la parola in dissenso dal gruppo, ne è una scelta che abbiamo compiuto a cuor leggero. Non per difetto di convinzione: le ragioni del nostro sostegno affinché il suo esecutivo, composto da rappresentanti di forze politiche tra loro alternative, possa proseguire – in una stagione straordinaria – nella sua opera di riforma dello Stato e di sollecitazione della crescita diffusa dell’economia e del lavoro, ci appaiono ben chiare.
Come ci appare chiaro che di fronte a comportamenti ai quali abbiamo assistito proprio qui in Senato in sede di Giunta per le Elezioni, che hanno portato tutti noi a interrogarci su questa alleanza e sulla reale esistenza di quel rispetto e quella correttezza reciproca che dovrebbe esserne naturale presupposto, e di fronte alla tentazione di far saltare il banco come estremo grido d’allarme per lo Stato di diritto nel nostro Paese, bisogna fermarsi un attimo.
Bisogna pensare che dalle nostre scelte e dai nostri comportamenti, in un tempo di così grave crisi economica, politica e istituzionale, passa il bene di un’Italia allo stremo. E passa anche la difesa della nostra storia, resa straordinaria, fin dal 1994, dalla capacità di Silvio Berlusconi di farsi interprete del sentimento e dei bisogni profondi di un’Italia semplice, moderata e popolare, fino a quel momento sommersa e silente, e che grazie al fondatore del centrodestra ha trovato voce e rappresentanza.
Oggi quell’Italia ci guarda. Condivide il lacerante senso d’ingiustizia per il trattamento al quale è sottoposto l’uomo che ha reso forza tranquilla di governo il centrodestra nel nostro Paese. Ma ci chiede anche di occuparci di lei, di farci carico delle sue gravi difficoltà, di preoccuparci del futuro dei nostri figli, di evitare salti nel buio dagli esiti imprevedibili o fin troppo prevedibili. Quell’Italia chiede oggi al centrodestra di saper coniugare la battaglia per la giustizia e la difesa dello Stato di diritto con i bisogni di un Paese in difficoltà. Ci chiede di essere all’altezza della nostra storia, che ha fin qui unito e non contrapposto la vicenda del Paese e la vicenda di Silvio Berlusconi: non una vicenda personale, ma un paradigma del "caso Italia" e di quegli squilibri che rendono fragile e indifesa la nostra democrazia.
A questa Italia noi vogliamo parlare. E in nome di questa Italia noi pretenderemo dal governo, che già è intervenuto su punti qualificanti del programma con il quale ci siamo presentati ai nostri elettori, impegni tanto ambiziosi quanto precisi e inderogabili.
Signor Presidente del Consiglio, noi siamo parlamentari saldamente ancorati al centrodestra, e crediamo nella centralità della persona. Siamo perciò orientati al primato della società e quindi ad uno Stato più leggero e più autorevole e a istituzioni che funzionano. Siamo determinati a volere una giustizia giusta, meno tasse, meno burocrazia, meno vessazioni. Crediamo nel vitalismo delle nostre comunità, nell’iniziativa e nella solidarietà, nella funzione dei corpi intermedi.
Come tali, lei sa che le chiederemo di rispettare gli impegni assunti e oggi ribaditi per la detassazione della prima casa, per la riduzione delle imposte sulle famiglie, sui consumi, sulle imprese, sul salario di produttività, per il rilancio del Mezzogiorno. Così come ci attendiamo misure di forte deregolazione, anche sperimentali, delle imprese e dei lavori nella prospettiva dell’esposizione universale di Milano del 2015, grande opportunità per mobilitare tutte le energie vitali della nazione entro una data certa. Riteniamo che per rimettere in moto le energie della nostra societa’ c’è bisogno di incidere con coraggio sulla spesa pubblica e su quel debito che divora in interessi il futuro delle giovani generazioni, attraverso interventi di razionalizzazione, attraverso il criterio dei costi standard, attraverso il principio di responsabilità. Noi siamo consapevoli delle ragioni della stabilita’ nell’Unione Europea. Ma l’Europa che vogliamo deve essere sostenuta da una visione che ribadisca le sue radici, la sua vocazione atlantica, la sua missione di pace e di sviluppo verso est e verso sud.
Noi vogliamo fermamente cambiare lo Stato, vogliamo istituzioni autorevoli ed efficienti, e crediamo che tanto più questa esperienza avrà un senso quanto più sarà in grado di produrre riforme strutturali. Ma riteniamo anche che la nostra democrazia non sarà mai realmente compiuta fin quando non vi sarà certezza del diritto e nelle relazioni giuridiche, secondo le regole di una giustizia giusta, efficiente, imparziale, rispettosa delle garanzie dei cittadini e dell’equilibrio fra i poteri in una Repubblica democratica fondata sulla sovranità del popolo. In questo senso, le proposte condivise contenute nella relazione del gruppo di lavoro politico-istituzionale costituito dal presidente Napolitano dopo le ultime elezioni rappresentano una valida base di partenza e un’occasione da non disperdere.
Signor presidente del Consiglio, colleghi! Oggi votiamo a favore di questo governo perché domani vogliamo il ripristino di una democrazia dell’alternanza, e sappiamo che solo riforme strutturali ce lo potranno consentire. Difenderemo con passione e intelligenza politica il presidente Berlusconi, vittima dell’uso politico della giustizia e di un’aggressione feroce e implacabile, senza esclusione di colpi, che non ha risparmiato la sua vita pubblica e privata, politica e imprenditorale. Non arretreremo di un millimetro dalle battaglie di questi anni. Anzi: tenendo alta la bandiera della nostra storia, ci impegneremo a realizzare il sogno di Silvio Berlusconi di un paese libero dall’odio e da ogni tipo di oppressione.
Grazie.
(*Senatrice del Pdl)