La grande amnesia (di G.Quagliariello)

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La grande amnesia (di G.Quagliariello)

La grande amnesia (di G.Quagliariello)

07 Novembre 2021

S’avanza, soprattutto nella piazza virtuale dei social, una certa ironia sul riecheggiare mediatico dell’esigenza di “salvare il Natale”, espressione così simile a quei titoli giornalistici che un anno fa di questo periodo ci accompagnavano verso nuove restrizioni sempre più soffocanti. Il messaggio sotteso alle espressioni di sarcasmo è che nulla sia cambiato: avremo pure al governo il campione nazionale, ma la ricetta del “salvataggio” è sempre la stessa, ovvero limitazioni alla libertà presente con il pretesto di restituirci una briciola di libertà futura.Se tuttavia si compie lo sforzo di andare oltre i titoli e soprattutto di guardare al di là del proprio naso, ci si accorge che dietro l’apparente ritorno dell’identico (il “piano per salvare il Natale”, il “tasso di positività che torna a salire”, la “nuova ondata che preoccupa”) c’è un ribaltamento di prospettiva del quale sarebbe incredibile non rendersi conto e che gli indicatori economici certificano più di qualsiasi meme su Facebook.Dalla riffa settimanale dei colori, che ci teneva ogni venerdì appesi alla sentenza di pletorici organismi para-governativi per conoscere l’entità delle limitazioni alla nostra convivialità e soprattutto alla possibilità di lavoro di tante attività e del loro sterminato indotto, siamo passati a un altro bollettino: quello degli organismi europei di valutazione del rischio sanitario, che fra decine di Paesi classificati con una situazione che varia da “altamente preoccupante” a “estremamente preoccupante”, con tutto ciò che ne consegue in termini di restrizioni vere, lockdown e chi più ne ha più ne metta, segnala l’Italia fra i soli quattro Stati che (almeno per ora) lasciano dormire sonni tranquilli o quasi. Sicché il “piano di salvataggio del Natale” di cui parlano i nostri giornali e che tanto fa sorridere i critici del governo Draghi, non consiste in altro che nel proseguire lungo la strada che fin qui ha fondamentalmente salvato l’Italia: vaccini, tanti benedetti e subito, per evitare a qualsiasi costo nuove chiusure e mettere in sicurezza una ripartenza che sta viaggiando a velocità superiori ad ogni più rosea aspettativa.Basterebbe che chiunque abbia ancora voglia di fare filosofia o di avanzare paragoni improbabili si guardasse intorno in una duplice direzione. Verso ciò che accade al di fuori dei nostri confini, dove si susseguono misure restrittive da un lato e misure di prevenzione sul modello italiano dall’altro ma a scoppio ritardato (ed evidentemente non è la stessa cosa prevenire “a freddo” o nel pieno di una nuova ondata virale). E attorno a noi, nelle nostre strade, nei nostri luoghi di socialità, nei nostri posti di lavoro. Basterebbe guardare senza paraocchi per rendersi conto di quanta vita ci siamo ripresi in pochi mesi, quanti abbracci abbiamo strappato al timore di danneggiare un genitore anziano, quanta spontaneità nei comportamenti. Quanto vitalismo che si traduce in economia reale e fiducia verso il futuro.Gli indicatori economici non mentono, perché non restituiscono dati contingenti ma un aggregato che segnala tanto il volume degli scambi in un determinato momento quanto, in termini di investimenti, il tasso di fiducia del sistema produttivo. Ma, al di là della stessa galoppata del Pil e della propensione positiva che si può toccare con mano, bisogna davvero essere preda di una forma grave di amnesia, bisogna aver dimenticato cosa ha vissuto per un anno e mezzo il nostro tessuto sociale ed economico, per affermare che nulla è cambiato e che il “salviamo il Natale” dei giorni nostri sia uguale al “salviamo il Natale” di un anno fa. Che spingere sulla campagna vaccinale sia la stessa cosa che imporre restrizioni. E, lasciatemelo dire, che Draghi sia in fondo un Conte con solo qualche centimetro in più di statura internazionale.Non c’è bisogno di essere fobici – o, per usare un neologismo in voga, “covidioti” – per rendersi conto di quanta strada abbiamo fatto. E, soprattutto, della differenza che passa tra le chiusure che abbiamo vissuto e le misure di prevenzione finalizzate a non chiudere il Paese. C’è solo da essere realisti. Pragmatici e patrioti. Desiderosi di lasciarci alle spalle questo incubo e mettere in sicurezza la ripartenza. Whatever it takes.