La grande beffa pacifista dell’uranio impoverito
07 Dicembre 2007
Il terrorismo è all’attacco in Italia. Non
quello delle Br, non quello di al Qaida: il terrorismo dei giornali. Dopo i
miliardi di morti di Aids, dopo le fanfaronate sull’aviaria, dopo l’esaltazione
del Nobel per l’ambiente a un politico americano fallito – Al Gore – che consuma
personalmente più energia “sporca” di una città africana, ecco la
“campagna sull’uranio”. Campagna ricca di potenzialità eversive, perché
scatena, in modo assolutamente irresponsabile, il terrore del “nucleare” dentro
la decennale polemica pacifista sulle missioni militari italiane. Tutti i
teatri di guerra contestati dal popolo arcobaleno – questa è la tesi
dell’accusa – dal Golfo nel ’91, passando per la Bosnia, il Kosovo e l’Iraq,
per arrivare all’Afghanistan, sarebbero stati teatro di una demenziale
intossicazione dei nostri militari, provocata proprio dalle armi che generali
imbecilli – su suggerimento dei “diabolici americani” – hanno consegnato nelle
loro mani. Per di più, queste armi, avrebbero
mietuto morti sottili, una sorta di strisciante Chernobyl, tra la popolazione
civile che abita nelle zone soggetto a bombardamenti. Il tutto, appunto, a
causa dell’uranio impoverito utilizzato per aumentare al massimo la
concentrazione della massa ponderale nei proiettili d’artiglieria.
Da anni, migliaia di articoli propalano questa
tesi. Ma non è vera. Ma siccome deve essere vera, i titoli e gli articoli dei
giornali la trasformano in vera. Oggi, tutti i quotidiani italiani titolano
grosso modo come Repubblica: “Uranio, 77 i militari morti”. Titoli che
obbligherebbero la magistratura italiana – se esistesse la magistratura italiana – a procedere
d’ufficio per varie fattispecie di reato. Ma in realtà nulla indica che 77 militari italiani
siano morti a causa dell’uranio, ma è vero l’opposto: il ministro Parisi ha
infatti comunicato che 77 sono i militari morti per tumore nel quinquennio
2001-2006 (campagne di Bosnia, Kosovo, Iraq e Afghanistan, per un totale di
decine di migliaia di militari “esposti” ai proiettili con uranio impoverito).
Morti per tumore – lo ripetiamo – per tutte le tipologie neoplastiche, non “per
uranio”. Una cifra che non solo
smentisce già a prima vista ogni allarmismo, ma indica addirittura che la mortalità per tumore
tra questi militari è inferiore di un terzo alla mortalità per tumore della
popolazione maschile italiana. La stessa proporzione vale per i militari con
malattie oncologiche ancora in vita. Se si dovesse usare lo stesso metro degli
allarmisti, queste statistiche, quindi, porterebbero alla conclusione opposta:
l’uranio impoverito è un potente antitumorale perché i militari che lo
maneggiano hanno molto meno tumori della media nazionale.
La pericolosità dell’uranio impoverito, è
dunque una palla colossale, dunque, su un argomento delicatissimo,che merita
sicuramente ulteriori accertamenti e prove (e approfondimenti statistici più
accurati), ma che, al momento, dovrebbe essere quantomeno archiviata.
Invece no. I media italiani – ormai in preda
alla sindrome Lele Mora – sciacallano sulla pelle e sulla buona fede dei
famigliari di alcuni militari morti di tumore che non si danno pace, che non
accettano la terribile casualità del “male oscuro” e che – spinti da avvocati e
associazioni antmilitariste – chiedono allo Stato di essere risarcite per avere
provocato con l’uranio impoverito la morte dei loro congiunti. Il massimo
rispetto umano per queste famiglie, non può però significare anche il silenzio
sui propalatori di questa falsa campagna d’allarme. Tra questi, l’ottimo Folco
Accade, deliziosa persona che però ha il difetto di avere costruito attorno a
sé un clima di totale, assoluta sfiducia da parte di tutte le forze politiche – anche quelle più pacifiste e antimilitariste – con l’estremismo velleitario
delle sue denunce.
Continua così ad andare in scena l’ennesima
campagna pavloviana del giornalismo più accattone d’Europa che vive di leggende
metropolitane, purchè abbiano un qualche risvolto antiamericano.