La Grecia affonda mentre il criticato Tremonti riceve complimenti da tutti

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La Grecia affonda mentre il criticato Tremonti riceve complimenti da tutti

13 Maggio 2011

Ieri mattina il rendimento sui titoli del tesoro greci a due anni hanno raggiunto il 26,7%. Il tasso di interesse su quelli decennali al 15,6%. In una parola, il mercato ritiene impossibile che la Grecia sia e sarà mai in grado di ripagare il proprio debito.

Credit Suisse, tra gli altri, annuncia che una ristrutturazione del debito greco sarà inevitabile. A questo punto si scatena la bagarre. Alcuni parlano di una ristrutturazione al quaranta, altri al cinquanta percento. Onestamente poco importa quale sia la percentuale che la Grecia prometterà di pagare al termine di questo bailamme – perché, giova ricordarlo, anche nel caso di ristrutturazione il Paese si impegnerà a pagare un prestito con un tasso di interesse.

L’aspetto decisamente più importante sono le ripercussioni che il sostanziale default dello Stato ellenico avranno sull’economia europea e, di rimando, su quella mondiale. La situazione è gravissima perché, se da un lato i Paesi che potrebbero seguire a ruota le sorti di quello greco – Portogallo, Irlanda, Spagna e…fermiamoci a questi tre – tirano un sospiro di sollievo vedendo che l’Europa si muove per cercare di salvare la stabilità economica dell’area euro, dall’altro lato si evidenziano non pochi problemi.

Il primo è un concreto rischio di una crisi sociale in Grecia – se non addirittura una guerra civile – le cui prime avvisaglie si sono registrate con gli scontri dei giorni scorsi. Ma volendo semplificare cinicamente si potrebbe dire che questo sarebbe un problema esclusivamente interno alla stato greco.

Il secondo, ben più grave, rischio è costituito dalla grandissima esposizione delle banche europee sul debito greco. I Paesi cosiddetti “core” dell’Unione Europea – Francia e Germania, in primis – detengono attualmente gran parte del debito sovrano della Grecia. In poche parole questo sta a significare che le banche dei due Paesi più virtuosi in Europa corrono seri rischi di fallimento. Francia e Germania hanno negli anni accumulato rispettivamente il nove e il diciannove percento di questi titoli di stato. Il rischio di una conseguenza a catena su tutta la stabilità del sistema finanziario europeo è evidentemente molto elevato. E tutti lo sappiamo.

E l’Italia come sta? La sotto industrializzata Italia? La sottocapitalizzata Italia? L’Italia con il più alto tasso debito/PIL come è messa? Potrebbe essere prematuro – oltre che iettatore – ma, al momento, il nostro Paese è ben lontano non solo dal fallimento – ci mancherebbe – ma anche solo da una situazione di preallarme. Il mercato quota i titoli di stato italiani molto vicini ai tassi che restituiscono i bund tedeschi – riferimento del settore. E questo è un fatto incontestabile.

Inoltre – fattore non secondario – l’Italia ha dimostrato di riuscire a trattenere – nonostante le polemiche politiche – e far lavorare con rigore uno degli economisti più apprezzati dell’intero panorama mondiale. Stiamo parlando di Giulio Tremonti.

All’inizio del suo mandato Tremonti aveva annunciato che non sarebbe stato facile per nessuno ma che sarebbe stato necessario, quasi vitale, ridurre la spesa pubblica in ottica di un ribilanciamento sostenibile del rapporto debito/PIL. Bene, la sinistra – e non solo – l’ha avversato. Molto per pregiudizio ideologico. Tanto per insipienza economica.

Allo stato attuale delle cose l’Italia si ritrova con i conti quasi in ordine, con un processo di crescita duraturo e sostenibile, con un programma a medio-lungo termine abbastanza coerente con i livelli di spesa prospettati per il futuro – salvo altre guerre all’orizzonte – e con il migliore stratega sulla scena economica mondiale. Non più tardi di qualche giorno fa l’Ocse ha promosso i conti italiani, ieri è stato il turno del Fondo Monetario Internazionale e Tremonti riceve lodi da tutti gli esperti. Intanto la Grecia fallisce e l’Italia è viva e vegeta. Per sommo dispiacere di alcuni gufi.