La Lega punta dritto sulle Fondazioni. Bossi: “A noi le banche del Nord”

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La Lega punta dritto sulle Fondazioni. Bossi: “A noi le banche del Nord”

La Lega punta dritto sulle Fondazioni. Bossi: “A noi le banche del Nord”

13 Aprile 2010

Dopo lo strabordante consenso che ha portato il Carroccio a “conquistare” il Nord, il partito di Umberto Bossi si prepara a sferrare l’attacco alle fondazioni, con l’obiettivo di influenzare le erogazioni di risorse e condizionare la gestione delle partecipazioni in Intesa e Unicredit. Ad avvalorare la tesi ci ha pensato Umberto Bossi, che qualche minuto fa ha tuonato: "È chiaro che le banche più grosse del nord avranno uomini nostri a ogni livello. La gente ci dice prendetevi le banche e noi lo faremo".

Alla vigilia delle elezioni la road map da seguire era questa: vittoria elettorale, nomina degli amministratori delle Fondazioni bancarie, quindi conquista indiretta del potere nelle banche e ulteriore radicamento nel territorio. All’indomani delle elezioni, la road map è la stessa, ma sulla strategia da seguire pesa un “dubbio amletico”: difendere il legame di fondo con i ceti medi produttivi (artigiani, Pmi, Partite Iva in genere), o puntare a mantenere una copertura al welfare popolare anche attraverso il controllo delle municipalizzate e delle banche (con le Fondazioni)?  La risposta arriverà non prima di qualche mese. Naturalmente una difesa combinata di interessi più schiettamente popolari, inteso come lavoro dipendente, e ceti medi è possibile, ma non senza contraddizioni: si consideri in agricoltura la difesa dei coltivatori diretti combinata ad attacchi a quella scelta di progresso che sono gli Ogm (del resto, è su contraddizioni di questo tipo che si è scontrata la Dc che era egemone proprio nelle terre dove è oggi forte la Lega).

Intanto, vale la pena fare un bilancio. Il Carroccio ha 60 deputati, 26 senatori, 9 europarlamentari, 3 ministri, più qualche viceministro e sottosegretario, ma soprattutto conta su centinaia e centinaia di amministratori locali nel Nord. Sono loro che “controllano” il territorio. E sta lì la vera forza della Lega, quella che all’ultima tornata elettorale le ha consentito di raccogliere i frutti di un lavoro capillare su ogni regione, provincia, comune del Nord.

Ha vinto la sfida del 28 e 29 marzo ma sa che avere potere decisionale sugli Istituti di Credito significa avere la combinazione giusta per aprire la cassaforte e dirottare risorse al Nord per ridistribuirne le ricchezze (e, qualcuno aggiunge, promuovere il riassetto di potere della Galassia nordista per prepararsi al dopo-Berlusconi). Del resto, il tema dell’accesso al credito è particolarmente avvertito nelle aree dove la media e piccola impresa, le strutture di carattere turistico e gli esercizi commerciali e quelli artigianali hanno una rilevanza importante nel tessuto economico locale: sono i comparti che nel corso di questi due anni hanno avuto problemi di relazione con il sistema bancario per l’ammortamento di mutui o per il rimborso di crediti al consumo. E sono una fetta di elettorato importantissima per la Lega.

Ma in ballo ci sono anche grandi opere infrastrutturali del valore di miliardi di euro che miglioreranno l’operatività del Nord Italia e che vedranno la luce nel giro di pochi anni. I 157 chilometri della Pedemontana per esempio, o i 62 chilometri della Brescia- Bergamo-Milano o, ancora, i 94 della Pedemontana Veneta. Tutti lavori che necessitano di grossi investimenti, attorno ai quali ruoteranno appalti e interessi direttamente legati a Province e Comuni nei quali sventola la bandiera verde. Quanto e come influirà, allora, la Lega sulle scelte, per esempio, di Cariverona o su quelle della Cassa di Rovigo e Padova? Ci vorrà qualche mese per capirlo, ma è chiaro come la volontà del Carroccio di penetrare nel mondo delle fondazioni sia ormai più che una ipotesi.

Eredi delle vecchie casse di risparmio, le fondazioni, il cui intreccio di partecipazioni fa gola perché incide sugli indirizzi delle banche controllate, sono entrate nel mirino del Carroccio. Sono circa 90, ma quasi il 70 per cento si trova proprio nel Quadrilatero del Nord presidiato da Umberto Bossi. Si va dalla Cariplo, la più grande del mondo, alla Compagnia San Paolo, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona, alla Cassamarca di Treviso, e via dicendo.

La fondazione Cariverona (della quale 22 consiglieri sono nominati da amministratori locali quasi sempre leghisti) è guidata da Paolo Biasi ed è tra i primi azionisti di Unicredit con il 5%, cui si aggiunge un altro 3,2% controllato dalla Fondazione Cassa di Torino, altro territorio conquistato dalla Lega. Il primo vertice in scadenza, il prossimo autunno, è proprio quello di Cariverona, che quindi, già in estate, vedrà le manovre per il rinnovo dei vertici. Tra i grandi azionisti di intesa Sanpaolo ci sono una fondazione piemontese, una lombarda e una veneta: rispettivamente, in ordine di importanza, la Compagnia di San Paolo con il 9,8%, Cariplo (la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde) con il 4,6% e la Cassa di risparmio di Padova e Rovigo con il 4,1%, guidata da Antonio Finotti.

Sono solo due esempi per spiegare come, avendo in pancia le quote azionarie di due grosse banche, queste Fondazioni incidano sulle politiche locali e siano, al tempo stesso, espressione del potere politico locale.

In Veneto resiste ancora la piccola enclave della fondazione Cassamarca di Treviso, governata dall’ ottantenne democristiano Dino De Poli, al quale è già stata dichiarata guerra. Da Luca Zaia prima di tutti. E in una provincia leghista come Treviso (in nessun’altra sventolano tante bandiere verdi) la voce della Lega non risulta mai inascoltata.