La Leonessa di Cascina e la canzone di John Lennon

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La Leonessa di Cascina e la canzone di John Lennon

La Leonessa di Cascina e la canzone di John Lennon

06 Luglio 2020

Un mondo senza religione, senza patria, senza proprietà privata e contemporaneamente senza indigenza è lo sfondo tipico del “mondo nuovo”, l’orizzonte comune a tutte le utopie di stampo socialista, ivi compreso il socialismo che si autodefinisce “scientifico”, il marxismo. Non ci piove.

Intervistata in TV su una vecchia vicenda a proposito della canzone Imagine di John Lennon, questo ha detto la candidata Presidente della Toscana Susanna Ceccardi. Gli abitatori delle terre bagnate dall’Arno conoscevano benissimo la polemica che l’allora giovane consigliera di opposizione aveva imbastito contro il suo sindaco comunista, che la voleva far cantare negli asili, al posto dell’inno nazionale, dice. Nel Pisano tutti i colti, i mezzi colti e gli aspiranti colti col sorriso sprezzante stampato l’avevano più volte rilanciata, usque ad saturationem recchiarum. Ma fuori di Toscana forse non era tanto andata, e Telese e Parenzo hanno coraggiosamente ribadito il rilievo nazionale della scandalosa affermazione.

Ora, per capire che quella canzone non è esattamente la traduzione inglese del “Dios patria rey” dei Carlisti, per dire, ma si situa in tutt’altro orizzonte ideale, non importa aver letto fior di libroni sul gioachimismo politico e sulla gnosi, o aver interiorizzato a modo il concetto di immanentizzazione dell’eschaton cristiano come coessenziale alla prospettiva marxista. Basterebbe aver allargato un po’ l’orizzonte della propria echo chamber ed essersi misurati almeno col piccolo, tascabile e densissimo Mito del mondo nuovo di Eric Voegelin. O comunque aver sbriciato Wikipedia, che riporta l’opinione del medesimo Lennon circa l’orizzonte ideologico della sua famosa canzone.

E quindi decidersi a farla finita con quell’atteggiamento da saputoni un tanto al chilo, tanto per alimentare le solite polemiche dei “colti” contro gli “ignoranti”. Col quale si rischia pure qualche scivolone, come è capitato ai tre acchiappa-fessi della rete col ditino sempre alzato che non più tardi di quattro giorni fa hanno confuso il raggio del cerchio col diametro, per la furia di dare dell’analfabeta a Giorgia Meloni.

Qualche libro, o magari solo qualche riassunto, l’abbiamo letto anche noi della metà ignorante del mondo, prendetene pacatamente atto e abituatevi a discutere nel merito.

Sì, vabbè, ripiegano subito i colti col sorrisetto stampato sulla bocca, ma è ridicolo, suvvia, ma come si fa? È una canzone bella, orecchiabile, amata da giovani, vecchi, donne, bambini, uomini adulti e “cantata nelle parrocchie” (per la verità questo non deporrebbe benissimo per le parrocchie, ma lasciamo perdere), non è possibile costruirci sopra acidamente una polemica ideologica. Non lo potevi dire o sei sempre una furia scatenata?

La candidata Presidente lo aveva detto, sorridendo ai maliziosi intervistatori e collocando la vecchia polemica nel contesto in cui era nata, definendola perfino con nonchalance un po’ “letteraria”.

E dunque? Dunque la “leonessa”, sfuggita al guinzaglio, secondo me ha segnato ben due goal, uno per il contenuto, per il quale avrebbe avuto 30 e lode da Pellicani e da Del Noce, e uno per lo stile, che tutti gli spettatori hanno potuto verificare e valutare di persona.