La Manovra gira la boa della Camera e passa al Senato
22 Luglio 2008
Erano cominciate attorno alle 17 di ieri, a Montecitorio, le dichiarazioni di voto sulla fiducia al decreto legge che contiene la Manovra. E con 323 sì (i no sono stati 253) l’Aula di Montecitorio ha dato il via libera al maxiemendamento che include appunto il piano triennale di finanza pubblica da 35 miliardi di euro circa.
Il via libera di Montecitorio a tutto il decreto arriverà giovedì mattina, poi il rush finale in Senato dove non è escluso il ricorso a una nuova fiducia per il sì definitivo: la parola d’ordine è spingere sull’acceleratore in vista della pausa estiva del Parlamento, per lasciare così spazio alla discussione autunnale su federalismo e pubblico impiego. La manovra che approda a Palazzo Madama con oltre 100 modifiche rispetto alla versione originaria del Dl varata dal Governo, punta a ridurre il disavanzo pubblico del 2% nel 2009 per fissarlo all’1% nel 2010 e arrivare, come concordato con l’Unione Europea, al pareggio nel 2011. Intanto, è cominciato stamattina l’esame dei 274 ordini del giorno presentati dalle forze politiche, sui quali solo domani mattina il governo darà il parere.
Il primo a intervenire, nel pomeriggio di ieri, era stato il leader del Pd Walter Veltroni, definendo la Manovra sbagliata perché "di fronte ad uno scenario economico recessivo non introduce alcun elemento anti-ciclico”. Veltroni ha insistito sul fatto che “la situazione sociale del Paese è drammatica”, come se fino ad aprile non avesse governato il centrosinistra. L’aumento dell’inflazione, ha detto Veltroni “non vede nel suo orizzonte alcun elemento strutturale che possa invertire la tendenza. La cosa più impressionante – ha proseguito – è che il governo ha mantenuto alta la pressione fiscale e ha ridotto gli investimenti che erano sì, un elemento anti-ciclico”. Già, ma i fatti registrano dati differenti. Il Governo ha infatti mantenuto la promessa di non mettere le mani in tasca agli italiani (ai quali si sono ridistribuite invece riduzioni fiscali pari a 1,7 miliardi per l’Ici e 650 milioni per la detassazione dei premi e degli straordinari). Senza tener conto che parte del maggior prelievo sarà restituito ai cittadini più disagiati attraverso la “social card”, che servirà per ottenere sconti nell’acquisto di generi alimentari e nel pagamento delle bollette. Non solo: per le fasce sociali più deboli la Finanziaria prevede anche l’eliminazione dei ticket sulla diagnostica per il triennio 2009-2011. Tutti interventi che puntano a migliorare la "situazione sociale drammatica del Paese", come l’ha definita Veltroni.
Alle parole del leader del Pd hanno fatto seguito quelle del ministro dell’Economia per il governo ombra Pierluigi Bersani, secondo cui la manovra del governo Berlusconi “è depressiva, non trasparente e umilia il Parlamento”. Si tratta di un provvedimento, ha proseguito l’esponente del Pd nel corso della dichiarazioni di voto, “nel quale manca la cosa davvero urgente: il pacchetto di misure per rafforzare il potere d’acquisto e le retribuzioni, mancano le misure per il rinnovo de contratti. È un provvedimento che parla più all’immaginazione che al portafoglio”. Secondo l’esponente del Pd, anche le norme che colpiscono petrolieri e banche sono realtà poca cosa: “I soldi che arrivano da quelle misure se li riprenderanno”, ha detto.
Come dire, finito il tormentone che vedeva nella tassazione straordinaria sui profitti delle compagnie petrolifere ricadute dirette sulle famiglie, Bersani tira in ballo un’ipotetica retromarcia da parte del Governo. Peccato che sia già stato detto, confermato e sottoscritto come i quattro miliardi che si recupereranno dal prelievo su banche, assicurazioni e petrolieri verranno catapultati dal Governo direttamente sul sociale.
Ora, messa nero su bianco la riforma dei servizi pubblici locali (in generale l’affidamento delle utilities ai privati sarà possibile con gara entro il 31 dicembre 2010), chiusa la questione-sicurezza (con lo stanziamento di 300 milioni e l’obbligo di impronte digitali sulla carta d’identità per tutti i cittadini) e digeriti i sostanziosi tagli ai ministeri (8,4 miliardi l’anno prossimo, 8,93 nel 2010 e 5,5 nel 2011), resta da sbrogliare la matassa relativa al contratto degli Statali. Il vero banco di prova per il ministro Brunetta, che dovrà cercare di arginare i sindacati intervenendo il più rapidamente possibile sui contorti meccanismi che governano il settore del Pubblico Impiego.