La manovra non ha convinto i mercati perciò va modificata alla svelta

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La manovra non ha convinto i mercati perciò va modificata alla svelta

19 Luglio 2011

I mercati finanziari non sempre operano sulla base di aspettative razionali perché non sempre le informazioni che essi hanno sono corrette, sia a causa delle difficoltà di conoscere i dati e di fare le previsioni e sia a causa dei fenomeni di illusione finanziaria che vengono appositamente creati da chi ha interessi vari, economici, politici, paraeconomici e parapolitici a metterli in circolazione. Questa premessa è necessaria, per introdurre correttamente l’affermazione, che io qui faccio, che la manovra di finanza pubblica del nostro ministro dell’Economia, non ha convinto i mercati. Ciò benché essa sia severa e sia ben costruita, dal punto di vista economico, e benché sia stata approvata con rara rapidità, dalle due camere.

Dato che essa non ha convinto i mercati, occorre modificarla, con una adeguata tempestività. Non solo per renderla più convincente, ma anche per modificare il rapporto fra offerta e domanda di nuovo debito pubblico. Infatti se l’offerta di nuovo debito si riduce e c’è quasi solo l’offerta di rinnovo di debito esistente, si innescano due fenomeni virtuosi. Innanzitutto si fa scarseggiare l’offerta rispetto alla domanda. Inoltre si riduce l’onere per interessi sul Pil mediante la riduzione del rapporto fra debito e Pil, controbilanciando così l’aumento dell’ interesse unitario sui nuovi titoli. Il fatto oggettivo di una minore offerta rispetto al volume del Pil italiano ed europeo trasmette al mercato una informazione positiva, che esso non può ignorare.

Prima di tutto, comunque, bisogna che il governo informi sui saldi di finanza pubblica che si determineranno, per effetto della manovra attuale nel 2011, nel 2012, nel 2013 e nel 2014. Infatti nei giorni scorsi i media hanno riportato le cifre della manovra, spesso in modo scorretto, con cifre fra i 45 miliardi e i 70 o 80, che differivano perché le misure che entravano in vigore in modo incrementale nei diversi anni, a volte venivano sommate solo per gli anni di introduzione , altre volte anche per gli anni successivi. E se una riduzione di spesa o un aumento di entrate di 16 miliardi, pari a un punto di Pil ha effetto strutturale e quindi opera per più anni, la può valutare 20 miliardi se ci si limita a considerare l’anno iniziale in cui ha effetto oppure 32 miliardi se si considera anche l’anno dopo o 46 se si considera il triennio. La crescente dimensione della manovra, così come presentata dai media, anziché tranquillizzare ha spaventato molti risparmiatori, che hanno pensato che dovessimo avere davvero dei bilanci in disordine, per essere in dotti a simili stangate. Ma anche autorevoli esperti internazionali sono rimasti storditi da queste cifre ed hanno sopravalutato i nostri deficit.

Dunque, è bene che il ministero dell’Economia informi la pubblica opinione che nel 2012, per effetto della manovra ora in vigore, il deficit dovrebbe essere il 2,4% del Pil e non più il 2,7% come stime elaborate al principio di quest’anno. Occorre anche che essi indichi quale sia il livello del deficit previsto per il 2013, che presumibilmente non è più lo 1,6% del Pil come nella stima di gennaio, ma lo 1,2%. Tuttavia questa notizia non basta, perché i mercati oltre a sopravvalutare il deficit del 2012, reputano dubbio che nel 2013 esso scenda ulteriormente in quanto non credono nella capacità politica del governo in carica di mantenere questa promessa.

Una tesi corrente nei giornali internazionali è che Silvio Berlusconi non vuole una manovra rigorosa, che Tremonti, il tutore del rigore, è ora indebolito da questioni varie e che la maggioranza di governo pertanto non sia compatta , di fronte ai sacrifici richiesti. Un’altra tesi, è che questa maggioranza non durerà e che quindi non si sa che cosa accadrà. Chi legge i giornali italiani, del resto, può ricavare queste stesse impressioni, dato che essi sostengono che la attuale maggioranza di governo è al crepuscolo e che i suoi leader vecchi e nuovi sono inadatti a guidare il paese. Stando così le cose, occorre che la manovra venga anticipata e rafforzata, in modo da portare il deficit finanziario del 2012 sotto l’1 %, con un mix di operazioni che valga lo 1,6 % del Pil. Infatti sottraendo 1,6 al deficit previsto per il 2012 che è il 2,4 del Pil , si ottiene lo 0,8% del Pil . Ciò però non va fatto con un anticipo di 1,6 punti al 2012 della manovra di finanza pubblica prevista per il 2013 e il 2014. Infatti tale operazione avrebbe effetti depressivi pericolosi per la crescita del Pil.

Occorre invece dividere in due il totale di 1,6 punti , in modo da recuperare 0,6 punti mediante un anticipo al 2012 di circa 10 miliardi, ossia metà, della manovra prevista per il 2013, tramite il taglio delle prestazioni assistenziali e delle agevolazioni fiscali di cui all’articolo 40 1 ter e 1 quater del decreto della manovra di finanza pubblica e qualche altro ritocco. Ciò porterebbe il deficit al effettivo da 2,4 a 1,8 %. Accanto a questa manovra di economia reale, dotata di effetto sul rapporto debito/Pil e sul mercato dei titoli, occorre porre una manovra di natura finanziaria, consistente di alienazioni di immobili pubblici e di privatizzazioni, per un 1% di Pil che, sul mercato, ha l’effetto di ridurre l’offerta del debito pubblico e il rapporto fra debito pubblico costituito da titoli del Tesoro e Pil.

Dal punto di vista del deficit, questa operazione, secondo le regole di Maastricht e del patto di stabilità europeo essa è irrilevante. Ma nella misura in cui essa riduce il ricorso dello stato al mercato finanziario essa riduce il rapporto debito pubblico/Pil. Peraltro, le alienazioni di immobili e di quote di società pubbliche richiede tempo, mentre è importante che lo stato riduca al più presto la sua offerta di titoli. Ecco, dunque ,che è opportuno che queste operazioni siano, il più possibile, effettuate con cartolarizzazioni, in modo da anticipare il flusso di denaro a favore del Tesoro che va a riduzione del ricorso dello stato al mercato finanziario. Possibilmente già entro quest’anno.

Le privatizzazioni, comunque, sono un segnale positivo, in relazione ai mutamenti strutturali che occorrono, alla nostra economia, per la crescita economica. Dal punto di vista politico, l’impopolarità di queste operazioni si fa sentire fra ora e metà del prossimo anno. Ed è possibile fare una campagna elettorale, in un clima più sereno. E, comunque, l’eventualità di un governo tecnico, per risolvere i problemi dell’emergenza, che ora viene agitata, svanirebbe, perché verrebbe  meno l’emergenza, assieme alla patrimoniale che esso avrebbe in animo di applicare.