La moglie di Calcagni sapeva della morte del marito, prima della polizia
04 Agosto 2011
– Pronto, posso parlare con la signora Calcagni?
– Chi tu che desidera signora?
– Sono Laerte Sglen.
– Tu che parla aspetta.
Però, se ci si pensa, ci vuole più bravura a inventare una lingua (storpiarla?), anziché impararla passivamente.
– Signor Sglen, a che devo il piacere?
– Mi dispiace disturbarla a quest’ora, ma una domanda mi è appena venuta alla mente.
– Dica.
– Guardando la fotografia della scena del suicidio ho notato che lo specchio di suo marito non c’era.
Vi fu un brevissimo attimo di silenzio e poi mi disse:
– Vede, mio marito non aveva nessuno specchio in ufficio perché non gli andava a genio di rovinare i muri coi chiodi.
– Mi scusi, ma molto probabilmente non glielo aveva detto. Qui sulla foto vedo l’orma di qualcosa che stava appeso al muro.
– Non lo sapevo — disse impercettibilmente imbarazzata — ma se lo dice lei sarà vero tu…
La telefonata mi aveva rassicurato sul fatto che la moglie di Calcagni sapeva della morte del marito prima di saperlo dalla polizia.
Il crimine è qualcosa di interessante poiché è sufficientemente riprovevole da suscitare il turpe piacere di interessarsene.
Quella donna, forse, aveva partecipato al suicidio (omicidio?) del marito e si era messa con uno che aveva assunto l’identità di uno pseudo-mafioso flambeau.
Identità che avrei scoperto molto presto, grazie a un piano che mi stava venendo in mente.