La nuova Alitalia deve invertire rotta e ricominciare da Pechino

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La nuova Alitalia deve invertire rotta e ricominciare da Pechino

03 Ottobre 2008

Fine gennaio 2008. Alitalia è in crisi profonda, da non si sa quanto tempo, e il governo Prodi è vicino alla fine. Il ministro Bonino, però, presentando alla stampa i progetti italiani per l’Expo 2010 di Shanghai, spera ancora di essere al suo posto tra due anni (sic!) e lancia un appello ad Alitalia: “Riattivi i voli per la Cina, non possiamo andarci a nuoto!”.

Dal 14 gennaio Alitalia, nel tentativo disperato di arginare le perdite (30 milioni l’anno solo in Cina), aveva cancellato anche l’ultimo, residuo, volo per Shanghai, che era stato riattivato nel dicembre 2004.

Addio collegamenti diretti tra Italia e Cina, dunque, con il risultato che gli imprenditori italiani che vanno in Oriente (non pochissimi) da 9 mesi devono sempre fare scalo in Francia, Germania o Olanda. Viceversa, gli uomini d’affari e i turisti cinesi, sempre più numerosi e sempre più ricchi, visitano Parigi, Amsterdam e Francoforte più di Milano, Firenze e Roma.

E pensare che Alitalia fu tra le prime compagnie occidentali ad inaugurare la rotta con Shanghai, all’inizio degli anni ’90. Persino in anticipo sui tempi, quando il grosso del business era ancora concentrato a Pechino e gli italiani diretti a Shanghai erano davvero pochi. Così – primo errore grave – Alitalia sospese molto presto i voli verso la più grande metropoli cinese, proprio quando gli altri vettori internazionali cominciavano a dirigersi da quelle parti.

Il secondo errore fatale venne commesso dopo l’11 settembre 2001. Lo shock delle Torri Gemelle fu per tutti, naturalmente, non solo per Alitalia. Ma soltanto la nostra compagnia di bandiera decise di ritirarsi progressivamente anche da Pechino, lasciando campo libero ai rivali europei, come Lufthansa, che oggi collega Francoforte e Monaco a Pechino, Shanghai, Hong Kong, Nanchino, Sheyang e Guangzhou, per un totale di 58 voli a settimana (senza contare i voli di Swiss Air, controllata dalla compagnia tedesca).

Il problema è che la rotta Roma-Pechino era diventata l’emblema degli sprechi Alitalia. Al punto che persino un volo pieno al 90% in classe economica, ma vuoto in business class, non dava profitti.

Inutile insistere sulle cause di un simile dissesto (equipaggi a riposo 2-3 giorni in hotel di lusso, manutenzioni degli aerei costosissime, una sede a Shanghai faraonica, con un affitto di svariate centinaia di migliaia di euro l’anno).

Meglio guardare al futuro che, secondo il piano industriale della Cai, prevede 5 nuove destinazioni intercontinentali, tra cui Pechino e Shanghai.

Per il momento siamo solo a livello di buone intenzioni e promesse. Non a caso Gianni Dragoni, giornalista del Sole 24 ed esperto di Alitalia, qualche giorno fa ha detto: “Gli annunci sono ancora a livello generale: non ho visto quando partiranno queste rotte né, elemento decisivo, le frequenze dei voli”.

In attesa di avere in mano elementi più concreti, possiamo anticipare alcuni fattori essenziali per garantire il successo dell’avventura aerea verso Shanghai e Pechino:   

1 – serve almeno un volo al giorno. Non tre a settimana, come avveniva in passato. Una frequenza così bassa di voli, infatti, rende la tratta poco appetibile (i passeggeri scelgono inevitabilmente le compagnie che offrono più voli al giorno) e poco economica (per abbassare i costi fissi di scalo, di logistica e di personale bisogna volare il più possibile) 

2 – la flotta deve essere all’altezza. Alitalia, finché ha volato in Cina, ha utilizzato i vecchi Boeing 767, quando la concorrenza da tempo aveva in dotazione i più grandi 747 e i più moderni 777 e A340, che tra l’altro hanno anche più posti.

Il rinnovamento della flotta Cai è previsto in 3-4 anni e prevede 60 nuovi aerei entro il 2013 (16 già nel 2009). Ma, soprattutto per essere competitivi sulle tratte intercontinentali, si dovranno capire le intenzioni del partner internazionale che entrerà in gioco tra Air France e Lufthansa.

Intanto, molte altre compagnie hanno già ordinato i nuovissimi Airbus 380, che possono trasportare da 525 a 853 posti! E nemmeno questi aerei super-capienti potrebbero bastare per accontentare le esigenze dei cinesi, che volano tantissimo e voleranno sempre di più in futuro. 

3 – l’offerta a bordo deve essere mirata. Alitalia, sui voli diretti in Cina, non ha mai dedicato troppa attenzione alla clientela cinese, facendo affidamento prevalentemente sui passeggeri di casa nostra. A cominciare dai menù, a base di parmigiano reggiano e prosciutto crudo (che a non tutti i cinesi piace). Tanto per non fare nomi, la solita Lufthansa permette di scegliere, anche in classe economica, tra piatti europei e piatti cinesi. Per non parlare del personale, che comprende sempre una o due hostess cinesi, e della possibilità di vedere film cinesi. Il risultato è lampante: oltre il 70% dei passeggeri dei voli Lufthansa, da e per la Cina, è costituito da cinesi e le richieste superano spesso la disponibilità di posti. 

4 – vanno scelte rotte trascurate dalle altre compagnie. Negli aeroporti delle principali città cinesi,  la lotta per strappare slot alla concorrenza è senza quartiere. Meglio allora cercare sbocchi dove non esistono voli diretti con l’Europa. Come a Wenzhou, metropoli da 6 milioni di abitanti nella provincia meridionale dello Zhejiang, da dove proviene la maggior parte dei cinesi che vivono in Italia.