“La Pelosi è ferma agli anni ’70”

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“La Pelosi è ferma agli anni ’70”

“La Pelosi è ferma agli anni ’70”

19 Febbraio 2009

"Nancy Pelosi crede che il cattolicesi­mo sia pick and choose. U­na religione dove si sceglie ciò che fa più comodo". Jo­seph Bottum è il direttore di First Things, elegante e raffinata rivista del mondo cattolico statunitense. Lo raggiungiamo al telefono negli Stati Uniti mentre sta leggendo il comunicato della Santa Sede sul collo­quio fra Benedetto XVI e la speaker della Camera Usa. Bottum ha le idee ben chia­re su Nancy Pelosi e sul ri­chiamo che le ha indirizza­to il Santo Padre. 

Allora direttore, un comu­nicato scarno, ma dai toni fermi. I legislatori cattolici non possono sostenere po­litiche contro la vita…

Già. E pronunciato davan­ti alla Pelosi. È questo il se­gnale più importante. La notizia.

Perché?

Nancy Pelosi è la terza ca­rica del Paese, la leader del­la Camera, è cattolica ed è una sostenitrice delle posi­zioni dei pro-choice. Eppu­re il Papa è andato dritto al bersaglio dicendo chiara­mente che i parlamentari sui temi eticamente sensi­bili devono decidere da co­sa vogliono essere plasma­ti nelle loro scelte: dagli in­segnamenti della Chiesa oppure dalla piattaforma partitica. È un richiamo im­portante. Soprattutto per quei legislatori formatisi negli anni ’70, come Nancy Pelosi. Disse in campagna elettorale che il cattolicesi­mo consente l’aborto. Poi si corresse limitandosi a so­stenere di essere “perso­nalmente contraria all’a­borto, ma che non vorreb- be una legge che lo punis­se”.

Quella generazione però è oggi al potere e può indi­rizzare il Paese…

Vero. La Pelosi fa parte di quella schiera di politici cresciuta con il femmini­smo. Negli anni ’70 e poi nel decennio successivo il sim­bolo della battaglia del fem­minismo è diventato l’a­borto, lo scontro fra pro-li­fe e pro-choice è diventata una questione d’identità i­deologica. E il Partito de­mocratico era il paladino dei pro-choice. Peccato che era anche il partito dei cat­tolici, e dei figli degli immi­grati irlandesi e italiani, co­me la Pelosi.

Oggi i democratici ameri­cani vivono ancora all’in­terno di questo schema fortemente ideologizzato?

Sì, anche se ci sono con­traddizioni evidenti. Le sta­tistiche dicono che le gio­vani generazioni sono mol­to meno favorevoli all’a­borto rispetto ai loro geni­tori. Nonostante questo però il Partito democratico ha nominato per la Casa Bianca il candidato più filo­aborto di sempre. E ora O­bama è presidente. Alcuni vescovi americani sono tut­tavia ottimisti. Ritengono che il futuro sia dalla loro parte e che il movimento di quanti si oppongono all’a­borto sia trasversale ai par­titi. Soprattutto fra i catto­lici. La generazione dei trentenni è cresciuta e si è formata con gli insegna­menti di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI; le loro scelte sono fortemente det­tate dalla cultura della vita.

Pensa che lo sbandierato "change" di Obama avrà riflessi importanti anche sui cosiddetti temi morali?

I democratici controllano i due rami del Congresso e la Casa Bianca. Hanno un po­tere molto ampio. Probabi­le che le restrizioni all’in­terruzione di gravidanza verranno cancellate. Gli Stati Uniti in fondo hanno le regole più liberal fra tut­ti i Paesi occidentali. La ra­gione è che l’America ha in­trodotto l’aborto nel suo or­dinamento tramite una sentenza della Corte supre­ma ( la Roe vs Wade del 1973, ndr) e non tramite un iter legislativo. 

Cosa significa concreta­mente?
Un procedimento legislati­vo avrebbe portato al rag­giungimento di compro­messi.  Invece la sentenza del tribunale attesta l’abor­to come un diritto fonda­mentale. E su questo non si possono fare compromes­si. Ecco perché negli Usa o­gni aborto è sulla carta le­gale.

Bush ha posto restrizioni. Non valgono?

Sì, tutte le restrizioni però sono state poste tramite de­creti presidenziali diretta­mente dalla Casa Bianca, o tramite leggi approvate dal Congresso, che però non toccano il “diritto” fonda­mentale.

Prevede saranno cancella­ti tutti i divieti quindi?

Non è detto. Il Freedom of Choice Act ( Foca) non ha alcuna chance di passare. Da tre decenni, ogni anno il Congresso Usa è chiama­to a decidere se pagare l’a­borto con soldi pubblici. Immancabilmente, il piano viene bocciato. Sarà questo il vero test per i democrati­ci. Non è un caso che in questo primo mese di Am­ministrazione Obama il provvedimento del presi­dente che gode della minor popolarità è quello che sblocca i fondi per le Ong che praticano o sostengo­no l’aborto all’estero, la co­siddetta “Mexico City Po­licy”.

Staminali embrionali. O­bama vuole riattivare i fon­di federali per la ricerca. Andrà avanti, nonostante la tendenza pro-life dell’A­merica?

Sì. Il decreto è già pronto. Ma da quando si sono sco­perte, negli Usa e nei labo­ratori giapponesi, proce­dure alternative e si sono visti i costi esorbitanti del­le ricerche sulle staminali embrionali, i media hanno fatto sparire la notizia dal­le prime pagine.