La Polonia conservatrice non riesce ad eleggere un presidente di destra
22 Giugno 2010
Nulla di fatto: in Polonia sono state disattese le previsioni per una vittoria tra i due principali candidati, Bronislaw Komorowski e Jaroslaw Kaczynski, già al primo turno delle elezioni presidenziali. Tutto rinviato al ballottaggio del 4 luglio. Nonostante la partecipazione del 55% sia stata superiore di quasi sei punti rispetto al primo turno di cinque anni fa, il voto sembra aver ignorato sia la tragica morte dell’ex presidente Lech Kaczynsky, morto insieme a 96 altissimi esponenti della repubblica polacca sull’aereo precipitato in Russia il 10 aprile scorso, sia le 22 vittime dei drammatici nubifragi di maggio. L’interpretazione “psicologica” del voto non è riuscita a creare un consenso maggioritario verso uno dei due candidati. Quello favorito, il presidente pro-tempore Bronislaw Komorowski, si è fermato al 41,2%. Il prossimo 4 luglio sfiderà nel ballottaggio Jaroslaw Kaczynski, gemello del defunto presidente, che ha raccolto il 36,7% dei consensi.
Ma questo risultato ha un senso diverso per i due candidati. Il 36,7% di Kaczynski è un risultato che supera le aspettative. Fuori gioco dalle istituzioni dopo essere stato primo ministro e dovendo sfidare un candidato appartenente allo stesso partito che guida il governo, Jaroslaw è ritornato in auge dopo la morte del gemello Lech ed ha impostato la sua campagna elettorale con accenti emotivi su due forti temi: l’identità nazionale polacca e la minaccia della Russia. Per entrambi i gemelli Kaczynsky, l’identità della Polonia è continuamente esposta a pressioni ostili, sia da Occidente, con l’Unione Europea che non darebbe degna attenzione ai legittimi interessi di Varsavia, sia da Oriente, con la Russia che non desiste dalle sue storiche mire. Al contrario Komorowski ha puntato sulla coesione interna e sulla riconciliazione internazionale. Ha mobilitato i cervelli degli intellettuali invece di toccare le fobie sociali. Ha trasferito nella campagna elettorale il flemma della sua carriera politica istituzionale, prima presidente del parlamento e poi capo di stato provvisorio. Ha anche goduto del sostegno del governo retto dal suo stesso partito. L’inutilità di questi vantaggi appesantisce il risultato deludente di Komorowski.
Così lontani eppure così vicini: i due aspiranti alla presidenza sono entrambi esponenti di destra, appartengono alla stessa generazione e sono divisi soltanto da quattro punti percentuali e mezzo. Ma la loro campagna elettorale ha provato in tutti i modi a convertire questa sostanziale affinità in una differenza abissale. Ma quest’operazione è fallita al punto tale da non riuscire neppure, nel caso di Komorowski, a mobilitare il proprio elettorato.
L’incertezza degli elettori si è espressa anche nell’inaspettato ritorno della sinistra capeggiata dal trentenne Grzegorz Napieralski – terzo arrivato col 13,7% dei voti e figura di rottura generazionale ma al tempo stesso capace di riprendere e ravvivare la tradizione di una socialdemocrazia caduta in disgrazia con l’avvento delle due destra, quella più liberale di Komorowski e del premier Donald Tusk, e quella più conservatrice dei Kaczynski. L’ottimo risultato di Napieralski era nell’aria, perchè intercettava abilmente le simpatie di quelle ali dell’elettorato, giovane, laico ed europeista, che i due grandi contendenti hanno sottovalutato – come dimostrato dai risultati.
Le etichette di partito non contano: i candidati hanno fortemente personalizzato la contesa evitando programmi e progetti specifici. La Polonia che crede stabilmente nella destra non riesce tuttavia ad eleggere un presidente di destra e ora i due candidati non escludono a priori di intavolare confronti con Napieralski per corteggiare gli elettori di sinistra. La Gazeta Wyborcza sostiene che i polacchi abbiano “sbagliato” a non eleggere subito il nuovo capo dello stato. Ma questa tesi andrebbe rovesciata, perché l’incertezza degli elettori riflette l’incapacità dei due candidati a rappresentare gli elettori. Sia il 45% degli elettori non ha votato, significa che Komorowski che Kaczynski hanno percentuali di consenso sull’intero elettorato che non superano il 25%.
Questo deficit di rappresentatività è lampante proprio sui media, che sono l’asse portante della sfera pubblica. L’antica e blasonata Gazeta Wyborcza, sempre densa di raffinate analisi e firme autorevoli, ha perso la competizione con Fakt, un tabloid nato soltanto nel 2003 come fotocopia polacca della tedesca Bild perchè hanno lo stesso editore. Fakt è letto da giovani e stranieri, parla poco di politica per dare più spazio alla cronaca – come un perfetto tabloid. Il giorno dopo il voto, Fakt parlava della cura dimagrante della moglie di Komorowski e di come hanno votato i polacchi vip. E’ molto difficile che l’elettore di Fakt abbia scelto tra Komorowski e Kaczynsky. Ma in vista del ballottaggio del 4 luglio è proprio il lettore di Fakt che i due sfidanti devono trasformare in un loro elettore.
La forza di una destra con due candidati presidenti rischia di essere l’inizio del suo declino, vista anche la grinta della rinata sinistra.