La popolazione italiana invecchia ma nessuno pensa ai rischi

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La popolazione italiana invecchia ma nessuno pensa ai rischi

La popolazione italiana invecchia ma nessuno pensa ai rischi

14 Novembre 2008

Le sempre drammatiche notizie dal fronte borsistico e le incerte prospettive dell’economia nel medio periodo non debbono inibire l’attenzione e la riflessione su tematiche di rilevante impatto sull’assetto strutturale futuro del Paese.

E’, anzi, fondamentale, proprio in questo momento di crisi, mantenere la capacità (in primo luogo morale) e la lucidità necessaria per guardare a profili cruciali dell’assetto dell’Italia degli anni a venire. In tale ottica, implicitamente ottimista, va richiamata l’attenzione della classe dirigente e dei cittadini sul sempre più rilevante problema della non autosufficienza degli anziani. La questione si configura, ormai, come uno dei tanti paradossi italiani. Ci connotiamo, infatti,  per un accentuato processo di invecchiamento della popolazione, a cui fa da riscontro la palese inadeguatezza delle prestazioni pubbliche di tutela assistenziale, specificatamente commisurate alle necessità dell’anziano. Per converso, la copertura per il rischio di non autosufficienza ( Long Term Care) non ha ancora conseguito, nè da parte dei poteri pubblici né degli operatori di mercato, il livello d’attenzione che, invece, le è stata assai opportunamente dedicato in altri Paesi dell’Unione Europea (Germania in testa) e negli USA.

 

Il rilevato sostanziale disinteresse è riconducibile, in primo luogo, ad una scarsa percezione del problema ad opera della politica, delle parti sociali e della popolazione. La mancanza di consapevolezza circa un rischio considerato molto remoto, si riscontra,  in particolar modo, tra le fasce di età più giovani, per le quali, oltretutto, il costo della copertura risulterebbe alquanto contenuto, per ovvie ragioni tecnico-attuariali. L’assenza di domanda innesta un processo negativo e determina scarsità di offerta di soluzioni. Questo, a cominciare dalle compagnie di assicurazione, che anche là ove dispongano nel loro portafoglio di polizze LTC, non manifestano particolare entusiasmo a “promuovere” un prodotto nuovo, che potrebbe rivelarsi non sufficientemente “remunerativo” nel tempo, in ragione delle difficoltà di pervenire ad una corretta valutazione del rischio.

Va tuttavia rilevato che, negli ultimi tempi, si intravvede un principio di aumento di attenzione per la materia, indotto da una qualche, sia pur vaga, più diffusa “sensazione” sociale circa le mutate prospettive del “nostro” futuro. Ciò, probabilmente, è conseguenza, da un lato, del diffuso dibattito sulle tematiche  pensionistiche  e, quindi, sul fenomeno della crescente senescenza del Paese, e, dall’altro, di un effettivo riscontro di casi di reale fabbisogno di  assistenza da parte di persone anziane conosciute, che versano in condizione  di carenza reddituale, prive della tradizionale risorsa del supporto parentale, diretta conseguenza della crescente dispersione della cellula sociale famiglia.

Nell’indicato contesto, un non secondario contribuito alla riscontrata crescita di attenzione  va ascritto, come merito, al Decreto del Ministro della Salute del 31 marzo scorso, relativo agli ambiti di intervento dei fondi sanitari integrativi. Dal citato provvedimento, l’erogazione di prestazioni di non autosufficienza è considerata una delle condizioni necessarie per l’ accesso alla deducibilità fiscale delle contribuzioni versate ai fondi stessi.

La copertura del rischio di non autosufficienza si porrà, quindi, già nel medio periodo,  come uno dei problemi centrali del riordino del sistema di welfare nazionale.

Se il tema è comune in tutti i paesi dell’Unione, va peraltro rilevato che le scelte di policy operate dai singoli Paesi hanno condotto alla realizzazione di modelli significativamente diversi. Gli elementi chiave che distinguono le diverse strategie nazionali sono costituiti, essenzialmente, dalle modalità di accollo del rischio (finanziamento), dall’ obbligatorietà o meno dell’adesione a schemi di LTC, dai soggetti cui è affidato il compito di provvedere alla loro realizzazione.

La gamma di soluzioni poste in essere è assai ampia. Si va da modelli basati esclusivamente sul risparmio privato, veicolato da compagnie assicurative, alla gestione della copertura interamente affidata al sistema pubblico: non mancano, ovviamente,  anche strategie intermedie, che realizzano un mix fra le due soluzioni. In Italia il dibattito è aperto.

L’istituzione  di un sistema di copertura a carattere pubblico, sul modello tedesco, si scontra con i vincoli di bilancio, che impediscono la  destinazione di risorse statali al comparto, ancorché si registrino significativi (ma non numerosi) esempi di organizzazione di interventi su base regionale.

Per converso, il rischio di un aggravio del costo del lavoro sembra bloccare la diffusione sistematica di iniziative ad opera della contrattazione collettiva (di categoria e aziendale e di gruppo). D’altro canto, l’offerta privata, nella sua attuale conformazione, oltre a risentire degli inconvenienti in precedenza ricordati, è caratterizzata da una scarsa presenza dell’elemento “solidarietà”, circostanza che contrasta con la dimensione sociale insita nella copertura di LTC. Sembrerebbe in effetti ragionevole delineare ipotesi di intervento coerenti con la tradizione solidaristica che contraddistingue il nostro sistema di welfare, senza tuttavia trascurare l’esigenza di non compromettere il processo di risanamento del bilancio pubblico imposto dal Mercato Unico.

Dal punto di vista da ultimo evocato, particolare attenzione andrebbe dedicata all’individuazione delle potenzialità che, nel processo di sviluppo della copertura di non autosufficienza, sussistono per operatori costituiti sulla base di accordi collettivi, nonché al ruolo che può essere svolto dalle Regioni, istituzionalmente deputate a farsi carico delle politiche di assistenza e sanità. Tali soggetti, in collaborazione con le compagnie di assicurazione, potrebbero essere particolarmente adatti per realizzare il necessario equilibrio fra l’esigenza di tutela sociale e la necessità di garantire una gestione efficace ed efficiente, che non comporti aggravi per il bilancio pubblico.