La Primavera araba e l’economia al centro del G8 di Deauville
27 Maggio 2011
Il summit del G8 nella proustiana città di Deauville ha dato almeno una chiara indicazione geopolitica, in questo travagliato inizio 2011. l presidente francese Sarkozy ha infatti annunciato un gigantesco “piano Marshall” di aiuti finanziari ai Paesi del Maghreb e delle “primavere arabe”, con un impegno di 20 miliardi di dollari. Altri 20 miliardi potrebbero arrivare dai paesi arabi del Golfo e dalle banche di sviluppo. Il fatto non indifferente che nelle stesse ore Sarkozy dichiarava che la Grecia si deve salvare da sola, con l’aiuto dei “privati”, è indicativo: l’Europa occidentale è impegnata nell’estendere strutturalmente la propria area di influenza nel Maghreb. Il tentativo del dialogo euro-mediterraneo era fallito negli anni dei regimi di Gheddafi, Ben Alì e Mubarak: questo è il secondo tentativo compiuto dalla Francia di rientrare in Africa in alternativa alla Cina e in partnership gollista con gli Alleati angloamericani. La Grecia rischia di affondare, in questo gioco.
Quali sono gli scenari entro i quali si è giocato il summit di Deauville?
Il primo dato è geografico: la città è stata sede storica dello sbarco in Normandia: qui gli Alleati di 72 anni fa si sono ritrovati. E’ rientrata la diaspora gollista francese, così insanabile ancora pochi anni fa, quando Chirac e De Villepin apparivano (e in parte, erano) più distanti da Blair e Bush di Saddam e Gheddafi.
Il secondo dato ci parla del ruolo crescente del Secondo Mondo, quello rappresentato dai paesi del BRICS (dal Brasile al Sudafrica) e della SCO (Shangai Cooperation Organization).
Il mondo appare diviso in tre macroaree: Occidente, Secondo Mondo, Terzo Mondo. Il Secondo mondo è il nuovo soggetto, il vero soggetto del multilateralismo in cui ci si confronterà. La distinzione compare appena nelle analisi di Parag Khanna, il giovane indiano esperto di geopolitica divenuto consulente di Obama, a meno di 30 anni. Nel saggio “I tre imperi”, Khanna in realtà divide il mondo in 3 “imperi” diversi: Europa, USA, Cina. Però la situazione è evoluta da quando il libro è stato pubblicato e oggi l’Europa oscilla tra asse atlantico ed EuroRussia.
Il Data base geopolitico del G8
A – Paesi BRICS versus Europa e USA per la guida dell’FMI. Sotto un apparentemente placido mare di maggio, negli ultimi giorni si è consumato un duro braccio di ferro tra l’area atlantica e i Paesi del BRICS, i quali preferivano che la presidenza del Fondo Monetario fosse affidata al messicano Carstens, invece che alla francese Lagarde, dopo l’apocalittico arresto di Strauss Khan (facilitato, secondo le malelingue, da sue dichiarazioni contro l’utilizzo del dollaro come moneta internazionale di riferimento).
B – Continua lo splendido isolamento tedesco-russo, col sistema manifatturiero tedesco che dimostra un forte scollamento in positivo rispetto al resto della UE.
C – Torna l’era delle Triplici Alleanze (Francia-UK; UK-USA; Pakistan-Cina). Dopo l’isolazionismo tedesco, la Francia ha abbandonato il progetto di un esercito europeo, e ha costituito una force de frappe anglo-francese, che viene testata in queste settimane in Libia. Anche Stati Uniti e Regno Unito hanno in questi giorni avviato un restyling della loro alleanza militare per mezzo di un Consiglio di sicurezza comune.
D – La faglia di confine in Europa corre pericolosamente vicino all’Italia, oscillante tra l’area economica russo-tedesca e la geopolitica euro-mediterranea, e indecisa se entrare appieno nella dilagante Triplice USA-Francia-UK, come dimostra il timing del nostro intervento in Libia.
E – L’area di Medio Oriente e Maghreb oscilla tra tre poli:
a) quello egiziano, da settembre guidato quasi sicuramente dal presidente Amr Moussa e Giustizia e Libertà, neopartito “moderato” dei Fratelli musulmani, il cui prossimo vicepresidente sarà –a sorpresa- un cristiano copto; b) il polo turco (con la Turchia che cerca di inserirsi nella crisi siriana, costituendo una Triplice con Iraq e la stessa Siria), equidistante tra Occidente e Russia; c) il perdurante nodo sfingico iraniano.
Dalle polarizzazioni di cui sopra dipenderà il profilo futuro di Giordania, Libano, Israele e Gaza. L’evoluzione delle rivolte nel Golfo persico e nella penisola arabica dipenderà invece dallo stato delle relazioni tra sauditi e USA (in crisi).
F – L’Africa è la sede principale della guerra mondiale economica tra Cina e Occidente e tra islam politico e occidente, con preoccupanti tendenze alla ricolonizzazione e sinistri scricchiolii in Algeria. In Africa la Cina investe 50 miliardi ogni anno, e il suo interscambio col continente nero è salito a 300 miliardi di dollari/anno, praticamente la stessa cifra del saldo attivo del suo interscambio commerciale col mondo (dato 2007).
G – Il prossimo sarà il secolo asiatico. Anche qui corre almeno una faglia di demarcazione tra Cina, gli interessi occidentali e l’India: se nell’AfPak si realizza il corridoio cinese-iraniano, la tensione è destinata a crescere.
Il Pakistan ha infatti appena concesso alla marina militare cinese l’utilizzo dello strategico porto di Gwadar, finora non decollato come porto commerciale (e petrolifero) –nonostante sia stato costruito grazie all’aiuto cinese. Gwadar ha una posizione strategica invidiabile perché si trova quasi all’imbocco del Golfo persico, anche se si trova nella regione del Balucistan, dove è forte l’irredentismo.
I fulminanti dati dell’economia asiatica
L’Asia ha prodotto quasi il 60% della ricchezza mondiale tra il 1700 e il 1850. Da quella data in poi è scesa fino al 18% del totale del GDP. Dal 1950 il processo si è invertito, grazie al boom del Giappone e poi della Cina e delle altre Tigri asiatiche. Nel 2010 il continente è arrivato al 28% del GDP mondiale. Ne parla un dettagliato studio della Asian development bank, titolato significativamente “Asia 2050, realizing the asian century”.
Il mondo sta entrando in una fase di investimenti globali giganteschi. Ogni anno 5000 miliardi di dollari sono immessi nel capital stock mondiale. Tra 20 anni si arriverà a 10.000 mld. Nel 2050 si raddoppierà ancora. Oggi il 45% degli investimenti globali viene effettuato in Asia. Nel 2050 la percentuale sarà salita al 75% del totale. La Asian development bank di Singapore prevede che la middle class asiatica incrementerà la propria capacità di spesa del 9% ogni anno (anche se in Giappone il consumo salirà dell’1% annuo soltanto).
Come si vede, l’economia è la sola superpotenza mondiale.