La produzione industriale crolla ma la politica del rigore resta la via maestra

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La produzione industriale crolla ma la politica del rigore resta la via maestra

14 Gennaio 2009

 

Il calo della produzione industriale annunciato dall’ISTAT per il mese di novembre 2008 è il peggiore dal gennaio 1991 (- 12,3% rispetto a novembre 2007). Il dato è preoccupante, ma nonostante tutto non deve indurre i nostri  policy maker a deflettere dalla politica di rigore finanziario adottata a luglio e mantenuta sino ad oggi.

I richiami delle sirene del deficit spending devono essere respinti. Deviare dagli obiettivi di rientro degli squilibri di finanza pubblica costerebbe caro in termini di aumento del premio al rischio sui titoli italiani e quindi del costo del nostro ingente stock di debito e in un contesto di mercati finanziari iper-sensibili e instabili potrebbe mettere in difficoltà il rifinanziamento dei titoli di stato di cui un importo equivalente a circa il 15 per cento del PIL è in scadenza entro 12 mesi.

Per nostra fortuna, tuttavia, a fare una politica fiscale espansiva anche a costo di andare in deficit, ci pensano i nostri importanti partner industriali. La Germania ieri ha annunciato un significativo cambiamento di rotta varando un pacchetto di aiuti all’economia nell’ordine di 50 miliardi di euro, sotto forma di spese per investimenti in infrastrutture, tagli fiscali e aumento dei sussidi.

Era ora che i responsabili della politica economica tedesca ripristinassero il ruolo di locomotore economico per la Germania, con benefici per l’economia domestica e per i paesi europei. Del resto, e per fortuna, le condizioni di base della economia tedesca sono tutto sommato equilibrate: un bilancio in pareggio, un forte avanzo nella posizione finanziaria netta di famiglie e imprese, un mercato immobiliare che non ha conosciuto gli eccessi speculativi sui prezzi registratisi su altre piazze europee.

I benefici indiretti del pacchetto di stimolo tedesco nel resto dell’Europa, Italia compresa, saranno significativi. Per la maggior parte dei paesi europei, la Germania costituisce il principale mercato di sbocco delle esportazioni. Complessivamente il 30 per cento della spesa tedesca si risolve in importazioni di beni e servizi dall’estero, prevalentemente dal continente europeo.

Tra breve inoltre dovrebbe entrare in funzione, il condizionale e d’obbligo in attesa dell’approvazione del Congresso, anche il piano di rilancio del nuovo Presidente degli Stati Uniti. In questo caso l’ordine di grandezza dei provvedimenti è molto più elevato, circa 800 miliardi di dollari. Sebbene i legami economici tra Stati Uniti e Europa siano meno rilevanti di quelli che intercorrono tra la Germania e il resto del continente europeo, nondimeno l’impatto delle politiche espansive americane sarebbe significativo tenuto conto della consistenza degli importi.

Per l’Italia sarà quindi cruciale farsi trovare preparata a cogliere la ripresa trainata dalla domanda esterna. Cruciale sarà la capacità della nostra industria manifatturiera a esportare. Tra i fattori che concorrono a migliorare la produttività e la capacità di esportazione delle nostre imprese un ruolo essenziale lo giocherà il processo di liberalizzazione e deregolamentazione dei servizi.

In un recente convegno sul sistema produttivo italiano organizzato dalla Banca d’Italia (cfr: www.bancaditalia.it/studiricerche/convegni/atti/sistema_prod ) è stato evidenziato come la liberalizzazione dei prezzi e delle tariffe nei servizi professionali o, nel comparto energetico, la separazione dell’attività di generazione da quelle di trasmissione e distribuzione, abbiano significativi e rilevanti effetti sul livello di produttività delle imprese manifatturiere e sulla loro competitività estera.