La Renzinomics? Gentiloni per adesso l’ha congelata
14 Marzo 2017
di Carlo Mascio
Chi sperava che il Lingotto rappresentasse il momento del lancio programmatico del New Deal renziano in campo economico, con tanto di proposte fiscali e ricette sulla green economy studiate nel recente viaggio dell’ex premier in California e nella Silicon Valley, è rimasto tremendamente deluso. La convention, rimandando “alle prossime settimane” la stesura definitiva del programma per la candidatura di Renzi alle primarie del Pd, è stata impostata per celebrare il “trionfo” della retorica renziana. Tutto qui. E, per certi versi, non poteva essere altrimenti.
A rivelarne indirettamente il motivo, in un passaggio del suo discorso conclusivo della tre giorni torinese, è stato lo stesso Renzi: “Nelle scorse settimane c’è stato un momento di debolezza anzitutto mio”. Tradotto: ora prima di tutto devo ricostruire la mia leadership. Ecco perché la kermesse del Lingotto è stata in parte svuotata di contenuti e proposte ben precise, soprattutto in campo economico e fiscale, per essere infarcita di “sogni”, “ricordi”, invocazioni all’”unità della comunità Pd” e finanche di richiami alla “identità” e al “patriottismo”, parole che fanno a pugni con l’anima storica della sinistra italiana.
Insomma, tanto fumo – negli occhi – e poco arrosto. Il perché, più profondo, è presto detto. Renzi oggi ha bisogno di argomenti che uniscano e compattino, e non di temi che dividono. Per cui parlare di proposte economiche per il Paese senza fare riferimento al fatto che l’Italia, in questo tempo, è chiamata a varare l’ormai famosa “manovrina” da 3,5 miliardi di euro che, con tutta probabilità, prevederà un aumento delle accise, oggi è praticamente impossibile.
Il tema “manovra aggiuntiva” in sé è molto “scomodo” non solo agli occhi dell’opinione pubblica ma anche per lo stesso Renzi che non ha mai nascosto la sua contrarietà alle misure che il governo intende varare per affrontare l’operazione “salva-procedura Ue”. Tant’è che è stato proprio l’ex segretario Dem che, la settimana scorsa, dal salotto di Bruno Vespa, ha definito “robe da tecnici” l’idea dell’aumento dell’Iva e del taglio al cuneo fiscale, bollandole come un “grave errore politico” del governo. Quando invece proprio sulla riduzione del costo del lavoro bisognerebbe intervenire.
Uno stop chiaro, dunque, che segnala, d’altro canto, anche il tentativo del duo Gentiloni-Padoan di provare una ricetta economica alternativa, a prescindere da Renzi. Un tentativo impensabile fino a qualche settimana fa quando era escluso concepire una misura senza il preventivo assenso dell’ex leader. Segno dunque che lo stesso Gentiloni ha tentato di smarcarsi dalla longa manus dell’ex premier, approfittando della sua debolezza sul fronte giudiziario (inchiesta Consip) e politico (dimissioni di Renzi da segretario Dem).
Ma c’è di più. Secondo alcuni rumors, sarebbe stato addirittura lo stesso Gentiloni che, in confidenza, avrebbe chiesto allo staff di Renzi di evitare di parlare di ricette fiscali in vista della manovra, al fine di non alimentare “tensioni interne e esterne” all’esecutivo. Versione che trova in parte conferma nel discorso che il premier ha tenuto ieri sera davanti ai deputati Pd dove, oltre a glissare sul tema “manovrina”, ha aggiunto: “Il mio sforzo di questi mesi sarà tenere il governo per quanto possibile al riparo dalle tensioni politiche”. Dunque il messaggio a Renzi era ed è chiaro: se vuoi che ti appoggio, mi devi venire incontro.
Per questo, pur di imbarcare anche il premier nella nave renziana ed evitare di farsi nuovi nemici, l’ex rottamatore è stato messo in scacco dal suo “caro amico” Paolo e ha dovuto fare un passo indietro. E a suggello della “tregua” tra Renzi e il settore economia del governo, al Lingotto è stato invitato a parlare proprio il ministro Padoan che, come da copione, non ha fatto il minimo accenno alle misure economiche dell’esecutivo.
Ma, con un Renzi in campagna elettorale e un governo impegnato a stringere la cinghia per evitare stangate europee, la domanda che viene da farsi è: quanto potrà durare questa tregua? Insomma, ormai è chiaro che tra tensioni, veti incrociati, argomenti top secret, il Pd è sempre di più una polveriera e, soprattutto, sempre più scollato dalla realtà del Paese. E pazienza se Gentiloni e Padoan parlano di “ripresa vicina” mentre la produzione industriale, secondo l’Istat, a gennaio 2017 ha raggiunto il suo punto più basso da 5 anni a questa parte. La maggioranza del Pd ha altro a cui pensare: deve vedere come riabilitare l’ex rottamatore ormai già in parte o quasi del tutto rottamato.