La retorica macroniana non porta da nessuna parte. Solo Gentiloni non se ne accorge

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La retorica macroniana non porta da nessuna parte. Solo Gentiloni non se ne accorge

20 Aprile 2018

La retorica macroniana non porta da nessuna parte. Solo Gentiloni non se ne accorge. “So after all the hoopla, Mr. Macron’s proposed overhaul has been gutted. If not ‘as dead as a dormhouse’ as the German weekly Der Spiegel opined before his visit to Berlin on Thursday, his European initiatives have been heavily watered down, like the small glass of red wine French parents give to children”. Steven Erlanger scrive sul New York Times del 19 aprile che dopo tutti i numeri da saltimbanco, le proposte di revisione dell’Europa di Marcon sono state ben ben sezionate. Se non sono in letargo come un ghiro (come scrive lo Spiegel) sono state annacquate come i bicchieri di vino che i francesi danno ai loro bambini. Leggendo le cronache dell’incontro di questi giorni tra Emmanuel Macron e Angela Merkel a Berlino (anche l’euroentusiasta Tonia Mastrobuoni sulla Repubblica del 20 aprile non può non scrivere che “a giudicare dal ‘ma vanno considerati rischi e responsabilità’ della cancelliera, la strada per un’intesa è ancora lunga”) è difficile capire che cosa abbia in testa Paolo Gentiloni che secondo Andrea Bonanni (Repubblica 20 aprile) avrebbe detto: “L’Italia non può permettersi di restare fuori della dinamica che disegna il futuro dell’Ue”. Da una parte un primo ministro italiano (sia pure provvisorio) dovrebbe almeno formalmente protestare perché Berlino e Parigi trattano l’Unione europea come fosse di loro esclusiva proprietà. Dall’altra, ma di che dinamica stiamo parlando?

Gli islamici sono cittadini come gli altri, l’Islam non epurato ha in sé elementi di odio che vanno contrastati. “Deux personnes portant une kippa ont été violemment agressées à Berlin aux cris de «Yehudi» («juif» en arabe). L’une des victimes a filmé la scène. En Allemagne, la vidéo fait scandale, suscitant des réactions jusqu’au sommet de l’Etat”. Il sito on line di Rt  del 19 aprile racconta dell’aggressione a Berlino di due persone che indossavano una kippa, al grido di “yehudi”  (o in versione anglosassone yahoudi) che significa “ebrei” in arabo. Forse Angela Merkel dovrebbe riflettere meglio non solo sulle sue scelte sull’immigrazione ma anche sul dissenso che ha espresso verso il suo attuale ministro dell’Interno, Horst Seehofer, leader della Csu bavarese, quando questi ha spiegato che mentre i cittadini di religione islamica hanno i diritti di tutti gli altri tedeschi, l’Islam (quando non si è epurato per esempio da un filone religioso antiebraico) non fa parte delle civiltà tedesca. L’idea della Kanzlerin che la Germania abbia sicuramente basi cristiane ma che tutte le religioni siano uguali davanti alla legge, implica conseguenze come quelle che si possono valutare a Berlino, città in cui l’antisemitismo è un crimine ancora più odioso che nel resto del mondo.

Chi butta al vento e che cosa. “Dopo quarantacinque giorni buttati al vento, la cerimonia cannibale dei ‘falsi vincitori’ si chiude com’era cominciata”. Massimo Giannini sulla Repubblica del 20 aprile cerca di posizionare il quotidiano di Largo Fochetti nel contesto del nuovo quadro politico, e preme in questo senso il tasto dell’indignazione perché si sta perdendo tempo. In suo soccorso Filippo Ceccarelli  esprime un’altra indignazione perché “i vari Di Maio, Salvini, Berlusconi e spezzoni democratici cambiano e ricambiano idea, sempre a seconda delle supposte convenienze”. Mentre Annalisa Cuzzocrea porta un argomento considerato decisivo in favore dei grillini, citando un tweet  di Tommaso Montanari: “Andare al governo con l’appoggio esterno del Caimano che ha governato con l’appoggio esterno dalla mafia non è normalizzarsi, è suicidarsi. Vuol dire prendere le speranze di 11 milioni italiani, e incenerirle”. Infine Goffredo de Marchis e Stefano Folli cercano di indicare le due soluzioni possibili della crisi. Il primo scrive: “Fico ha la chance di scremare le diffidenze con il Pd, di aprire un varco nel muro di opposizione alzato da Renzi”. Il secondo prevede che i grillini saranno nella condizione di “dover accettare in tutto o in parte un esecutivo transitorio o ‘del presidente’ — secondo la definizione giornalistica — messo in ponte al Quirinale”. La Repubblica è stata la centrale di regia della politica sia nella Prima repubblica guidando la lotta al craxismo, sia nella Seconda repubblica dirigendo le strategie di contrasto al berlusconismo: ora ha perso completamente la bussola. Un momento chiede di prendere tempo, il momento dopo si indigna. Su Silvio Berlusconi, ora l’europeo ora il mafioso, cambia idea molto più spesso dei politici denunciati da Ceccarelli. Non sa se volere un asse M5s o un governo del presidente. E’ azzannata sia da un Corriere della Sera sornione verso i grillini sia dal Fatto, organo del partito pentastellato. La discussione pubblica avrebbe bisogno di chiarezza prendendo in esame anche serenamente il fatto che se un parlamento non produce una maggioranza si torna al voto anticipato (magari con il Matterellum) come senza drammi solo negli ultimi anni è avvenuto in Spagna, in Grecia e in Gran Bretagna. Ma una serena riflessione è ostacolata da chi non ha capito che il proprio ruolo di manipolatore incontrastato è terminato quando si è consumato quell’avvelenamento dell’opinione pubblica di cui sono di fronte a tutti i risultati.

Un logico appoggio ai grillini. tanto prima “oggettivamente” favoriti. “L’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è ormai convinto che il Movimento sia diventato il minore dei mali”, scrive Wanda Marra su Il Fatto del 19 aprile. Considerando quanto i governi con una troppo stretta base di legittimità, non formale ma popolare e politica del dopo 2011, hanno contribuito alla vittoria dei grillini, certe conclusioni sono senza dubbio coerenti.