La ricetta di Todi non fa bene alla crescita né favorisce i cattolici
18 Ottobre 2011
Il convegno di Todi di sette associazioni che si presentano tutte come cattoliche , per una alternativa politica basa su un governo tecnico di larghe intese, si è svolto con un insieme di equivoci, che hanno minato la credibilità dei suoi risultati, nonostante gli sforzi che verranno fatti per negarlo. Intanto, è molto difficile sostenere che per la totalità si tratta interamente di espressioni del mondo cattolico. Basta dare una occhiata alle sigle delle sette organizzazioni todiane per rendersi conto che in due di esse, la Confartigianato e la Coldiretti i cattolici non sono la stragrande maggioranza ma costituiscono una componente importante, assieme ai cosiddetti “laici” (espressione con cui si designano i non appartenenti in modo dichiarato al mondo cattolico) e in un’altra, la Cisl, c’è una consistente minoranza laica, che ne condivide la filosofia di sindacato libero.
Sono parte del mondo cattolico le ACLI, la Compagnia delle Opere, il Movimento cristiano dei lavoratori (MCS), la Confcooperative, che si ispira per statuto alla dottrina sociale della Chiesa. Dunque, da Todi non è venuta una espressone dell’associazionismo cattolico, ma di un assieme di associazione in cui coesistono “cattolici” e “laici” , in analogia con la convention indetta di Magna Carta a Norcia. Con la notevole differenza che a Norcia coloro che erano riuniti condividevano valori di base non negoziabili, mentre a Todi su questo punto è rimasto il buio. Il cardinale Bagnasco, intervenuto a Todi, ha esplicitamente dichiarato che non si può porre la questione sociale o quella politico-sociale al primo posto. Esso, nella concezione professata dalla Chiesa cattolica, spetta ai valori non negoziabili che riguardano i temi della vita, della libertà educativa del matrimonio che dà luogo alla famiglia fra uomo e donna e alla procreazione.
Cattolici e “laici” riuniti a Norcia sottoscrivono in pieno i valori comuni della tradizione cristiana su questi temi. Ciò a differenza che nel passato, quando cattolici e laici delle maggioranze di governo di allora (il penta partito DC, PSI, PLI, PRI, PSDI) si trovarono su fronti diversi per il divorzio e l’aborto e anche, per una parte di loro, della famiglia. Erano uniti (ma non interamente) solo per quel che riguarda la libertà educativa, sulla base del principio di libertà di scelta. Il direttore de Il Corriere della sera, Ferruccio Bortoli, invitato come osservatore a Todi insieme all’editorialista di tale quotidiano Ernesto Galli della Loggia e a Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa San Paolo, ha cercato, come questi due colleghi, di indurre i partecipanti del convegno di Todi ad anteporre la questione sociale a quella dei valori non negoziabili. Ma la risposta da parte di Bagnasco è stata chiaramente un “no”. Quella dei convenuti è ignota.
A differenza di quella di Norcia, aperta al pubblico, la convention di Todi è stata svolta a porte chiuse e Raffaele Bonanni, segretario generale della CISL è stato incaricato di esporne le conclusioni. In esse si chiede un governo più forte, dotato di una ampia maggioranza, che può essere denominato “tecnico ” oppure “ di larghe intese”, che promuova il “bene comune”. Il fatto che la sintesi sia stata affidata a un sindacalista induce a supporre che forse nella convention di Todi sia emersa, a maggioranza, la priorità della questione sociale. Nello stesso tempo il fatto che non sia stato indicato da Bonanni il programmo di questo governo “più forte” sembra indicare che vi è molta difficoltà a comporlo. L’unica cosa chiara è che si tratterebbe di un governo che dovrebbe durare dalla fine di quest’anno sino alla scadenza naturale delle elezioni.
Ciò mettendo insieme il lupo e l’agnello: ambienti della grande banca, associazioni cattoliche e “laici” nel senso tradizionale anticlericale, sindacati liberi e sindacati come la CGIL e la Fiom, nonché la Confederazione delle cooperative, che è bianca o apolitica e la Lega delle Cooperative cinghia di trasmissione della componente ex comunista del PD. Ciò allo scopo di “perseguire il bene comune con priorità alla questione sociale”. Ove si riuscisse a creare non dico questa coalizione, ma anche la mera sensazione che essa sia probabile, grazie alle campagne di autorevoli media, ciò non potrebbe non generare un aumento dello spread dei nostri titoli pubblici su quelli tedeschi. Infatti nei giornali finanziari internazionali si legge che il debito pubblico italiano è soggetta a rischi, perché il governo Berlusconi potrebbe non avere una maggioranza adeguata per portare a termine la manovra di finanza pubblica, finalizzata al pareggio del bilancio, entro la fine naturale della legislatura.
Ma vi si legge anche che un governo alternativo con una maggioranza di sinistra darebbe luogo, quanto meno, allo stesso risultato insoddisfacente. La coalizione di larghe intese, in effetti, annoverando la CGIL , non sarebbe in grado di propugnare i contratti di lavoro aziendali. E l’articolo 8 del decreto Berlusconi, voluto specialmente dal Ministro del Lavoro Sacconi, verrebbe “sterilizzato” contraddicendo le richieste della Bce. Le spese pubbliche aumenterebbero , per dare priorità alla questione sociale, come è anche richiesto nel programma degli Indignados. E si introdurrebbe una tassazione patrimoniale sui “più ricchi” che, per dare un gettito apprezzabile dovrebbe colpire, in realtà, la classe media e medio bassa. Ciò in quanto in Italia i contribuenti sopra i 250 mila euro annui sono solo 32 mila, e di essi 24 mila sono impiegati e dirigenti pubblici , sicché i ricchi patrimonializzati , ufficialmente, sono solo 7 mila. E di essi una parte sono manager privati con reddito tassabile in Irpef che deriva soprattutto dai loro stipendi e bonus.
Dunque o la patrimoniale sui ricchi sarebbe solo simbolica o , per essere consistente, non sarebbe sui veri ricchi. I quali, alleati con i capi dei sindacati e delle varie corporazioni di categoria, presumibilmente cercheranno di evitare un inasprimento della tassazione legalmente dovuta, pagando questo tributo simbolico e addossando alla classe media i costi del consolidamento finanziario. Ma dati i veti sindacal-corporativi e l’influenza sulla coalizione battezzata a Todi degli interessi delle grandi banche, il governo tecnico di larga intesa non sarebbe in grado di praticare una liberalizzazione dei contratti di lavoro e del mercato della produzione di beni e servizi, né di fare la riforma delle pensioni. La politica delle privatizzazioni si arresterebbe di fronte agli interessi dei comuni, delle province e delle Regioni controllate dal PD. Ciò salvo per la quota a favore delle grandi imprese facenti parte della coalizione, che potrebbero ottenere beni pubblici a buon mercato, in condizioni di privilegio, se si ripetesse quel che è accaduto negli anni 90.
Da Todi emerge un messaggio negativo per la nostra politica economica, basato su una illusoria socialità permissiva e sul freno alla produttività discendente dai contratti aziendali commisurati alla situazione dello stabilimento considerato e al merito, per la altezza della retribuzione e per la carriera. Aggiungo che anche nel campo tributario c’è una profonda divisione fra Norcia e Todi. Nella prima, è stata accolta con applausi la mia tesi secondo cui nella riforma tributaria bisogna porre al centro la famiglia con il quoziente familiare, da applicare sistematicamente anche nelle politiche sociali. Ciò non può accadere con la coalizione politica ipotizzata a Todi perchè il Pd è nettamente contro il quoziente familiare. Concludendo, da Todi non emerge un messaggio di alleanza cattolici-laici sulla base dei valori non negoziabili, che il cardinale Bagnasco ha indicato e che fanno parte della base etica dei laici e dei cattolici del PDL, come si è visto anche quest’anno a Norcia. Da Todi emerge anche una prospettiva antitetica a quelle di risanamento finanziario e di crescita.