La “roadmap per l’America” di Ryan: tagli alla spesa e riforma del fisco
11 Aprile 2011
Una settimana di numerosissime attività politiche, quella appena trascorsa negli Stati Uniti. Obama ha lanciato la sua campagna elettorale per la rielezione, la Casa Bianca annuncia che i terroristi responsabili per l’ 11 Settembre verrano processati nelle commissioni militari, il segretario della difesa fa sapere che gli USA si ritirano dalla prima linea nel conflitto in Libia prima di spiegare che forse continueranno ancora per un po’, e ancora le notizie sul possibile ‘government shutdown’ per finire con il tanto annunciato budget per il 2012. Ce n’è davvero da riempire le prime pagine dei giornali per un mese.
Fra tutte le notizie, quella che avrà probabilmente il maggior impatto di lungo termine è l’emergere sul palcoscenico del rappresentante alla camera Paul Ryan come ‘leader informale’ del movimento conservatore. Di Paul Ryan abbiamo scritto molto in passato – lo abbiamo seguito sin dal 2008 quando aveva promosso la sua ‘Roadmap for America’, una proposta per risolvere i problemi di sostenibilità fiscale di lungo termine degli Usa. Lo abbiamo continuato a seguire nel suo progetto di promuovere e sostenere giovani politici conservatori – il programma ‘Young Guns’ o ‘giovani pistole’.
Fino all’inizio dell’anno era considerato uno dei più brillanti giovani politici in Congresso, ma non ancora pronto per un ruolo da protagonista, un ‘geek’ o ‘wonk’ come li chiamano in America, non un leader. Ma le cose sono cambiate dal primo Gennaio: Ryan è diventato il Chairman della commissione sul Budget nella Camera dei Rappresentati, il negoziatore numero uno per il budget 2012, forse il più importante budget nella storia recente del paese. A fine Gennaio è stato scelto per offrire la risposta ufficiale del Partito repubblicano al discorso sullo stato dell’unione del Presidente Obama; la sua risposta, breve, sincera, piena di significato, richiamandosi ai principi fondatori degli Stati Uniti, è stata letta per certi versi come migliore del discorso del Presidente.
Da allora Ryan ha continuato nella sua duplice opera: creare un budget ed una politica fiscale di lungo termine sostenibile e che promuova la crescita economica; ed educare i suoi colleghi repubblicani sul rischio che la crescita del debito pubblico pone per il paese. Al tempo stesso è emerso come la voce più ragionevole nel partito repubblicano. Non solo ha trovato alleati nello schieramento opposto (fra Democratici moderati) ma anche i membri del movimento ‘Tea party’ lo hanno votato come il loro ideale candidato alla Casa Bianca nel 2012. In discorso su discorso, intervento su intervento, e attraverso numerosi articoli, Ryan ha articolato l’idea ed i principi più tipicamente americani, governo limitato, individualismo, libertà, meglio di chiunque altro personaggio politico.
Il 5 Aprile 2011 Ryan ha presentato il budget per l’anno 2012. Il budget è già considerato da molti osservatori come qualcosa di rivoluzionario, con considerevoli tagli alla spesa pubblica, riduzione del debito pubblico di lungo termine, riforma fiscale, riforma della sanità, riduzione della regolamentazione. Insomma un ritorno ai principi della ‘Reaganomics’ per rilanciare l’economia americana. Ryan sa che i democratici useranno i tagli alla spesa come arma elettorale per i prossimi due anni, ma non si preoccupa, per lui l’importante è fare la cosa giusta, creare un future migliore per i suoi figli. Un chiaro esempio di leader, come pochi al giorno d’oggi.
Ryan ha annunciato in più occasioni che non si presenterà alle elezioni presidenziali del 2012 come candidato Repubblicano. E’ un peccato perché probabilmente sarebbe il miglior candidato e avrebbe non poche probabilità di vittoria. Ma non sempre il Presidente è la persona più influente nel panorama politico americano; o almeno non l’unica persona influente. Si vedano esempi nel passato come Vandenberg, Ted Kennedy, ‘Scoop’ Jackson, Newt Gingrich. Un buon governo ha bisogno di personaggi di rilievo nell’assemblea legislativa, il Congresso. Paul Ryan non diventerà presidente nel 2012, ma nei prossimi dieci anni sarà una figura familiare nel panorama politico Americano. Ne sentiremo parlare spesso anche qui in Europa.