La Russia in Sud America: alleanza a suon di armi con Venezuela e Bolivia
10 Luglio 2010
In un contesto internazionale in continuo fermento, Mosca continua a rafforzare le sue alleanze in America Latina. Le partnership con la Bolivia e il Venezuela vanno pertanto lette nel quadro di un nuovo protagonismo di Mosca sulla scena internazionale, che vuole assicurarsi l’amicizia di quei paesi che certo non celano il proprio sentimento antioccidentale. Una rete globale di alleanze, quindi, che sembra essere una sfida ai paesi della NATO, Stati Uniti in testa. Il tour latinoamericano del presidente Dmytri Medvedev nel 2008 e quello del suo ministro degli esteri Sergei Lavrov nel febbraio 2010 sono stati l’occasione per rivitalizzare queste alleanze strategiche, strette nell’era di Putin al Cremlino e fino ad oggi passate sotto silenzio e al riparo dell’attenzione internazionale, maggiormente concentrata sulla guerra al terrorismo nel Grande Medio Oriente.
Mosca sta concentrando i propri interessi in America Latina su due piani fondamentali: quello della cooperazione militare, da un lato, e quello energetico dall’altro. Venezuela e Bolivia, per la loro posizione geopolitica e l’appartenenza dei loro presidenti al movimento neobolivariano, costituiscono il terreno perfetto per poter portare avanti quel progetto di espansionismo geostrategico, funzionale alla rinascita globale russa. Se le strette relazioni con la Bolivia risalgoo a un periodo piu’ recente, Mosca e Caracas vantano un’intesa di lunga data. Sin dall’elezione del compañero Hugo nel 1998, i rapporti tra i due paesi sono andati via via intensificandosi tanto da portare nel giro di quindici anni alla stipula di innumerevoli accordi settoriali, per un ammontare di milioni e milioni di dollari. Anche se la recente crisi economica internazionale ha fatto scendere a 297 milioni di dollari il commercio bilaterale tra i due paesi, Caracas resta nella top five dei partner commerciali latino-americani per Mosca.
La partnership tra Russia e Venezuela e’ stata favorita da alcuni avvenimenti: l’embargo per la compravendita di armamenti posto sul capo venezuelano da Washington nel 2006 ha avuto de facto un effetto boomerang per gli USA, che più che isolare il Venezuela lo hanno spinto nelle braccia di Mosca. I rapporti diplomatici tra i due paesi, trovando un’area priva di concorrenti, si sono intensificati esponenzialmente nei settori della difesa e dell’energia, tanto che in due anni Chávez ha conquistato il primato di primo partner commerciale russo in America Latina per la compravendita di armamenti. L’accordo militare stretto il 22 luglio 2008, scorporabile in due grandi capitoli (difesa ed energetico), ha permesso un rimodernamento degli armamenti venezuelani, per un investimento pari a 1 miliardo di dollari, e la stipula di un understanding agreement tra i principali stakeholders del settore petrolchimico dei due paesi.
Considerato che il 6,8% delle riserve mondiali esistenti di petrolio sono di origine venezuelana, la scelta di Caracas di legare a doppio filo difesa ed energia rappresenta una garanzia per Chávez. Le dotazioni belliche che il Venezuela ha ottenuto grazie all’accordo del 2008, comprendono nuovi serbatoi per carri armati classe T-90C, sottomarini classe Kilo, sistemi di difesa anti-aerea Tor-M1 (gli stessi di cui e’ in possesso l’Iran di Ahmadinejad – venduti sempre dalla Russia, proprio a due tra i paesi piu’ ostili agli Stati Uniti in questo momento), 100 mila Kalashnikov automatici e, infine, alcuni elicotteri d’attacco made in Russia. A questo ammodernamento bisogna aggiungere il recente annuncio di un possibile nuovo accordo, attualmente ancora in fase di contrattazione, che garantirebbe a Chávez l’acquisto di 50 aerei, tra cui l’AN-148 (aereo da trasporto bimotore) e il Beriev Be-200 (velivolo anfibio), per un totale di circa 5 miliardi di dollari.
Ma cosa dovrà farci il compañero Hugo di tutto questo nuovo arsenale sembra essere ancora un mistero. Non ci sono, infatti, minacce dirette all’integrità territoriale o politica venezuelana, se si escludono gli pseudo-intrighi orditi da Colombia e USA ai suoi danni, come ripetuto costantemente dal delirante Chávez durante il programma Alo Presidente!. Inoltre, il ritrovamento di armi di proprietà venezuelana in alcuni campi delle FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia) ha dimostrato palesemente come una zona grigia leghi i movimenti terroristici e del narcotraffico colombiani con la figura di Chávez.
Altro paese chiave per l’espansionismo latinoamericano russo è la Bolivia, che grazie al suo presidente, Evo Morales, ha attirato sempre più l’attenzione di Mosca. Il primo incontro ufficiale tra Morales e Putin, nell’aprile 2010, ha inaugurato un partenariato strategico tra i due paesi. Tra i piu’ convinti sostenitore della politica antiamericana promossa da Chávez, Morales invoca da lungo tempo una “amicizia più stretta” con Mosca, per un coinvolgimento di questa negli affari latinoamericani, ma sopratutto un preciso sostegno al proprio governo. Il risultato è stato anche in questo caso la stipula di un accordo bilaterale in campo energetico, commerciale e armamentistico, frutto di un negoziato conclusosi a Mosca nell’aprile di quest’anno, che permetterà il rimodernamento delle dotazioni belliche boliviane e un prestito di 100 milioni di dollari da parte di Mosca. La creazione di un aeroporto internazionale in Bolivia e la manutenzione degli aeromobili effettuata dai russi sono solo due dei punti centrali di tale accordo.
Ma l’aspetto più rilevante della crescente alleanza russo-boliviana è certamente il settore energetico, in particolare quello del gas. E’ da lungo tempo infatti che il gigante russo Gazprom punta ad inserirsi nei progetti di costruzione di pipelines in Bolivia, anche se la latente instabilità sociale e politica del paese hanno frenato a lungo qualunque tipo di intesa in tale direzione. Come dichiarato dallo stesso Medvedev, Gazprom è fortemente interessata a partecipare alla realizzazione di un gasdotto che colleghi la Bolivia con l’Argentina, argomento stuzzicante per il gigante russo, che certo non vuol lasciarsi sfuggire una buona occasione per rafforzare ulteriormente la propria presenza in America Latina, già garantita dagli accordi con il Venezuela per la vendita di greggio e di gas naturale liquefatto.
La neonata partnership con la Bolivia e quella già consolidata con il Venezuela sono quindi le teste di ponte con cui la Russia vuole oggi espandersi in America Latina, avvicinandosi sempre più ai confini meridionali statunitensi, quasi a voler ricordare a Washington che “la Russia è vicina”. La manovra del 2008 del braccio destro di Putin, Igor Sechin, per la creazione di un’alleanza militare con Cuba, Venezuela e Bolivia, ma soprattutto il “suggerimento” dato a Chávez, perché anche Caracas si doti di una propria centrale nucleare mostra come le alleanze di Mosca in America Latina si stiano allargando anche in settore delicato come quello nucleare.
In conclusione, l’America Latina offre un’immagine esemplificativa di cio’ che e’ stata la politica estera russa negli ultimi anni: ovvero, il continuo sostegno a livello mondiale di tutti i regimi antiamericani e antioccidentali attraverso accordi nel settore energetico e degli armamenti. Se agli inizi del secolo il dialogo e la cooperazione con l’Occidente sembrava un dato acquisito, il corso degli eventi vede invece Mosca allontanarsi sempre di piu’dalla comunita’ euro-atlantica.