La Russia non cerca l’Unione Europea ma i singoli stati che la compongono
03 Dicembre 2009
Il negoziato con la Russia per un nuovo partenariato con la UE costituisce una verifica significativa per la nuova struttura delle istituzioni europee delineata dal trattato di Lisbona. Quando il Ministro degli Affari Esteri italiano, Franco Frattini, ribadisce la volontà di Roma di concludere entro il primo semestre del 2010 un nuovo accordo tra Mosca e Bruxelles, esprime una priorità essenziale per l’Ue.
La carta di Lisbona rafforza il sistema europeo, ma può complicare il dialogo già problematico con la Russia. Da parte sua, Mosca ha assunto una posizione distaccata. La stampa russa oscilla tra una fredda analisi delle innovazioni normative del trattato di Lisbona e le perplessità sui suoi benefici nelle trattative con la Russia. La Russia continua a privilegiare il dialogo con gli stati nazionali piuttosto che con le istituzioni europee.
A fine novembre Putin era a Parigi per definire col primo ministro francese, François Fillon, una cornice strategica fondamentale composta da ben venticinque singoli accordi. I più rilevanti sono l’acquisto di navi da guerra francesi della classe Mistral, che attualmente rappresentano l’avanguardia nella marina da guerra; l’ulteriore sostegno finanziario di Renault per Avtovaz, l’adesione francese al gasdotto South Stream. Per marcare la solennità dell’incontro, i media russi hanno addirittura rispolverato il ricordo della “Grande Ambasciata” di Pietro il Grande a Parigi – con Putin nel ruolo di trionfatore sull’Europa.
Sebbene a stento, Bruxelles continua a puntare sul gasdotto Nabucco, considerato l’unica risorsa per ridurre la dipendenza europea dal gas russo, ma questo fomenta l’ostilità russa che promuove il suo gasdotto North e South Stream ai governi europei. Sullo stesso tema, il nuovo partenariato con l’Ue implica per la Russia la ratifica della Carta Europea dell’Energia, che impone una liberalizzazione del mercato interno dell’energia destinato a erodere la posizione dominante di Gazprom e degli altri colossi russi. Anche il discorso dei diritti umani violati in Russia , in Abkhazia e Ossezia meridionale, alimenta il dissenso tra Ue e Russia.
Lo stesso vale per l’eredità sovietica, che nell’Europa dell’Est scatena ancora reazioni spesso esasperate, mentre la Russia del 2010 si prepara a celebrare il sessantacinquesimo anniversario della vittoria di Stalin nella Grande Guerra Patriottica. Per la Russia l’alternativa ad un possibile arenarsi delle trattative con Bruxelles è impegnarsi su altri versanti diplomatici. Da qui la proposta di Medvedev per un trattato di sicurezza paneuropeo condiviso con la Nato oppure la riforma dell’Osce avanzata dal Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.
Invece di un trattato unificato, Mosca punta su accordi di settore per raggiungere un consenso solo laddove è possibile, evitando la frattura negli altri casi. Ma è una strategia contraddittoria, perché la mancata partnership con l’Ue si riflette su questioni globali, come le sanzioni all’Iran e l’accesso alla Wto della Russia, dove invece un’intesa con l’Europa potrebbe diminuire l’isolamento della Russia.
La “diplomazia tranquilla” annunciata dal nuovo Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune Catherine Asthon non pare la soluzione più efficace per riportare Mosca sul binario di un accordo generale con Bruxelles. Come ha ricordato Frattini, è l’Ue che deve compiere per prima uno scatto verso la Russia, ma il trattato di Lisbona non contiene quella visione politica necessaria a porre un’intesa strutturale con la Russia.