La Sardegna elegge un eurodeputato ma gli sbagli di Cappellacci pesano

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La Sardegna elegge un eurodeputato ma gli sbagli di Cappellacci pesano

11 Giugno 2009

 

Al Pdl sono mancati i voti delle Isole, tradizionali serbatoi. Se infatti il premier non ha raggiunto la soglia del 40% dei voti che i sondaggi davano per certa (soprattutto quelli errati circolati in queste settimane in via dell’Umiltà), la colpa in gran parte è di Sicilia e di Sardegna. Il trasferimento del G8 a L’Aquila, la mancata realizzazione della Sassari-Olbia, il rinvio del completamento del gasdotto, la cancellazione delle rotte da Porto Torres e Olbia per Genova, le esitazioni sulla trattativa per il rilancio del sito petrolchimico di Porto Torres hanno giocato un ruolo importante, ma non è stata solo l’insoddisfazione nei confronti del Governatore a giocare un ruolo di primo piano nel fenomeno-urne-disertate perché sulla decisione dei sardi ha pesato soprattutto la promessa non mantenuta di cambiare la legge elettorale per le elezioni europee: si sarebbe dovuto scorporare la circoscrizione insulare assegnando un collegio ad hoc alla Sardegna (che conta un milione e seicentomila abitanti, contro i sei milioni della Sicilia) ma così non è stato e i sardi, certi di non poter eleggere un solo eurodeputato che fosse espressione dell’isola, hanno disertato le urne. Paradossalmente però, con queste elezioni la Sardegna per la prima volta ha un eurodeputato: Giommaria Uggias dell’Italia dei Valori. Uggias partirà per Strasburgo grazie soprattutto all’astensionismo siciliano.

Il sentore è che la popolarità di Cappellacci cominci a scricchiolare. Dell’enfasi dettata dal risultato delle elezioni del 17 febbraio che avevano regalato al centrodestra ((56,66%) una vittoria schiacciante sul centrosinistra (38,67%) non si sente più neppure l’eco. A soli quattro mesi dalle urne, in Sardegna si registrano molte speranze disattese e pochissima fiducia nei confronti di una Giunta regionale definita da più parti debole.

Secondo Franco Manca, l’e­conomista che dirige il centro studi dell’U­nione Sarda, ad aprile la differenza tra gli imprenditori otti­misti sulla produzione futura e i pessimisti era di 10 unità in favore dei primi, adesso i pessimisti superano gli ottimisti di due u­nità. A tradire il neogovernatore è senz’altro il peso dato a quella candidatura, caricata di aspettative dallo stesso Silvio Berlusconi. Cappellacci è stato presentato come l’uomo nuovo, quello capace di ribaltare la situazione e portare l’Isola a splendere di nuova luce. Un boomerang, visto soprattutto il momento di crisi che attraversa la Sardegna. La difficile congiuntura economica oggi più che mai rappresenta un freno all’azione del Governo regionale, che sta scontando tutte le conseguenze di una fortissima recessione – seguita dal crollo dell’occupazione – senza dimostrare al contempo particolare forza reattiva (complice anche il disinteresse del Governo centrale, come assicura un esponente politico sardo di rilevo). L’industria e gli altri importanti settori produttivi attorno a cui ruota il sistema economico territoriale e la sanità sono infatti l’emblema della situazione.

L’as­se portante dell’industria sarda è rappresentato dal comparto metallurgico e chimico, entrambi in fortissimo affanno. La crisi della metallurgia è dipesa dal crollo del costo del­l’alluminio, che ha stroncato il comparto del Sulcis Iglesiente, il co­sto dell’energia per produrre – che nel­l’isola è il 30 per cento in più – ha fatto il resto.  Anche il com­parto chimico è piegato dalla crisi, ridotto ai minimi termini e reso poco competitivo da strategie politiche sbagliate che nel tempo lo hanno letteralmente affossato. Sul fronte occupazionale le risposte sono state poche e inadatte rispetto alla gravità della situazione. Le difficoltà di Cappellacci nella gestione del momento, le promesse non mantenute e i continui tentennamenti sui punti chiave dell’economia sarda sono andate a ripercuotersi anche su queste elezioni Europee, che hanno consegnato alla Sardegna la palma dell’astensionismo.

Altro capitolo aperto: la sanità. Quella del Pdl era stata una campagna elettorale giocata anche su questo tema, con la promessa che i manager a cui si imputava una cattiva gestione di strutture, servizi e altro, sarebbero stati rimossi. Parole al vento. Nulla di ciò è fino a questo momento avvenuto.

C’e poi la questione del Piano paesaggistico regionale, il Ppr. Le segreterie dei partiti sardi che in Sardegna si riconoscono nell’area di centrodestra si sono dimostrati compatti, un anno fa,  nel promuovere la campagna referendaria per  decidere se abrogare o meno la legge 8 del 2004 “Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale” (la cosiddetta legge salva coste). In quell’occasione, dopo aver ribadito come la legge 8 avesse bloccato l’Isola, l’allora coordinatore regionale FI, Ugo Cappellacci, disse queste testuali parole: “Si tratta di una sfida importante, determinante e decisiva” e che “parte un processo che tende a ribaltare i termini nei quali la Sardegna è stata amministrata, portata ad un disastro senza precedenti”. I fatti risalgono a un anno fa e soltanto il 20,4% dei 1.471.797 aventi diritto (pari a 300.859 elettori) si presentò ai seggi. Cappellacci, una volta conquistato lo scranno più alto ha deciso che di toccare la legge proprio non se ne parla “inimicandosi” gran parte della sua parte politica se è vero che chi andò a votare, allora, fu quasi esclusivamente il popolo del centrodestra. Da qui molti maldipancia anche a livello politico.

L’accusa che tiene banco nei confronti del Governatore è una sola: quel segnale di discontinuità rispetto al passato, quindi alla gestione Soru, quasi non c’è stato. “Troppa  subalternità al governo sta portando la Giunta ad accettare sempre e comunque risoluzioni negative per la Sardegna”, gli gridano contro da più parti. Un’accusa probabilmente eccessiva e ingenerosa considerato il lasso di tempo brevissimo che vede il Governatore alla guida della Sardegna. Solo il tempo distribuirà i torti e le ragioni.