La seconda volta di Emmanuel Macron, presidente europeo
25 Aprile 2022
di Carlo Mascio
Nessuna sorpresa: Emmanuel Macron conquista il secondo mandato consecutivo alla guida della Repubblica francese. Con il 58.5% il presidente uscente vince il ballottaggio con Marine Le Pen, che si ferma al 41.5%. Gli appelli della leader del Rassemblement National agli elettori di sinistra non hanno sortito completamente l’effetto sperato.
Macron, “l’uomo della Provvidenza”
Inutile dire che la guerra in Ucraina e le vicende internazionali hanno pesato eccome sulla riconferma di Macron. Il Presidente francese, infatti, ha saputo ritagliarsi un ruolo non da poco grazie anche al dialogo fermo e costante con Putin. Un dialogo che i vari attori europei hanno interpretato come un flebile ma comunque importante segno di speranza per evitare una escalation.
È chiaro che la retorica da campagna elettorale ha enfatizzato questo aspetto. Non c’è dubbio. Così Emmanuel Macron è apparso come l’uomo della Provvidenza, sia in patria che in Europa, di cui al momento non si poteva fare a meno. Questo ha evidentemente coperto anche le difficoltà interne che lo stesso Macron ha incontrato in questi anni. Vedasi alla voce “gillet gialli”.Tanto che in alcuni frangenti il suo gradimento era sceso a picco. Non a caso, molti analisti evidenziano la crescita del Rassemblement National di Marine Le Pen che ha dimezzato il distacco dal suo avversario rispetto a cinque anni fa. Non un dato di poco conto, anche in vista delle elezioni legislative.
I meriti del Presidente
Nonostante ciò, i francesi hanno scelto la stabilità , per una sorta di “disciplina repubblicana”. Il merito di Macron è stato quello di tenere sempre la barra dritta su UE, Nato e Ucraina senza schiacciarsi su posizioni più occidentaliste di matrice americana. E, a dire il vero, se il “progetto europeo” ha ancora una valenza e un futuro, questo sicuramente era ed è legato al presidente francese. L’Europa esce politicamente rafforzata dalla sua elezione. Questo evidenzia, d’altro canto, ancora una volta tutta la debolezza del sistema Europa, troppo legata agli interpreti e poco al progetto. In gergo calcistico si direbbe che c’è un campione ma manca la squadra. Ci sarà mai?