La sfida cinese alla supremazia navale Usa nel Pacifico va avanti senza sosta
07 Gennaio 2012
In un periodo di crisi economica mondiale, l’unico paese che investe e spende sempre più miliardi di dollari è la Cina. Le spese militari del gigante asiatico sono sempre più considerevoli e non c’è giorno che non venga data la notizia di una nuova acquisizione tecnologica e strategica da parte di Pechino, soprattutto in ambito navale e missilistico.
La Cina vuole prendere parte al grande tavolo del risiko internazionale da anni con l’obiettivo di rimpadronirsi delle coste adiacenti ai suoi territori e delle zone di Oceano Pacifico da sempre controllate dalla potente flotta navale statunitense.
Per riacquisire il rango che Pechino ritiene le spetti nella regione asiatica, la Repubblica popolare cinese sta costruendo, tra le altre cose, una nuova classe di missili balistici che riescono a passare attraverso la stratosfera e a esplodere sul ponte di una portaerei navale, uccidendo in questo modo i marinai e paralizzando la rampa di volo di questa.
Dal 1945 gli Stati Uniti hanno amministrato le acque del Oceano Pacifico Occidentale, in gran parte grazie ad una flotta composta da 97.000 tonnellate di vettori navali, assicurandosi così il loro primato su queste acque. Per quasi tutti questi anni, la Cina ha solo potuto osservare, forse con d’invidia e voglia di riscatto, le navi americane che solcavano i mari al largo delle loro coste senza alcuna opzione alternativa se non quella di stare a guardare.
Da qualche anno a questa parte, le cose stanno cambiando. Di fatto la Cina è impegnata in un forsennata campagna acquisti, tutta impostata verso il maggior possibile accumulo di tecnologia ed attrezzatura militare.
Parte del suo piano è quello di costringere i vettori navali statunitensi a rimanere lontano dalle proprie coste, come riferiscono alcuni analisti militari cinesi. Gli Usa sanno che l’aumento delle capacità navali militari della Cina avrà un impatto certo sul potere relativo della US Navy nel Pacifico. Per questo Washington si sta adeguando a questo nuova contesto strategico, cercando di investire molto sulla ricerca tecnologica, ad oggi forse ancora irrangiugibile.
Funzionari del Pentagono sono tuttavia poco propensi a parlare pubblicamente di un potenziale conflitto con la Cina. A differenza dell’Unione Sovietica, durante la Guerra Fredda, Pechino non è un nemico esplicito.
Durante una visita in Cina il mese scorso, Michele Flournoy, il sottosegretario americano alla Difesa, ha detto a un Generale dell’esercito cinese che "gli Stati Uniti non cercano di contenere la Cina" e di "non vedere la Cina come un avversario", ha ricordato più tardi in un briefing.
Nonostante ciò, i funzionari militari statunitensi parlano spesso di preparazione di un conflitto armato nel Pacifico, senza menzionare contro chi potrebbe essere la lotta. "La situazione assomiglia a un romanzo di Harry Potter, in cui i personaggi si rifiutano di pronunciare il nome del loro avversario", dice Andrew Krepinevich, presidente del Centro per le valutazioni strategiche e di bilancio, un think tank con stretti legami con il Pentagono.
Nel corso della storia, il controllo e il dominio assoluto dei mari è stato un prerequisito per qualsiasi paese che avesse voluto dominare il commercio internazionale e imporre il proprio imperio su tale o tale regione a protezione dei propri interessi nazionali.
Il rafforzamento militare messo in atto dai cinesi ha incluso una significativa espansione navale in un periodo di tempo davvero breve. A oggi, la Cina ha 29 sottomarini armati di missili da crociera antinave, rispetto ai soli otto che possedeva nel 2002, secondo la Rand (Research and Development) Corporation, un altro think tank statunitense, un organismo che si occupa di analisi politiche di qualsiasi genere ma anche come in questo caso di consulenze militari.
I progressi tecnologici della Cina sono stati accompagnati anche da un cambiamento nella retorica da parte dei suoi vertici militari. Ufficiali militari cinesi di primordine e molti analisti hanno a lungo accusato gli Stati Uniti di cercare di contenere la Cina all’interno della "catena prima isola" che include il Giappone e le Filippine, che hanno entrambi i trattati di mutua difesa con gli Stati Uniti e Taiwan.
Dalla situazione odierna emerge alla fine un quadro non proprio felice e roseo delle relazioni militari tra Cina ed Usa, due superpotenze che cercano ad ogni costo di contendersi, domani di contrastarsi.