La sinistra boccia il piano casa anche se piace agli italiani
24 Marzo 2009
C’era da aspettarselo. Dario Franceschini ora dichiara che il PD voterà contro il piano casa sostenendo che il testo del decreto, nella versione approvata dal consiglio dei ministri è incostituzionale, in quanto usurpa poteri delle Regioni. Come mai invece nei giorni scorsi lui era possibilista? La risposta c’è.
I presidenti delle Regioni governate dal PD gli hanno posto il veto perché questo decreto li danneggia. Le ragioni di Franceschini non sono giuridiche o economiche o morali, sono cinicamente politiche. Sono di macchiavellismo politico. Infatti questo piano toglie potere alle Regioni e ai comuni, nella amministrazione della politica edilizia, in un periodo di elezioni. E mentre ciò non dispiace alle Regioni governate dal centro destra, che possono applicare le nuove norme sostenendo, a ragione, che esse derivano dal governo a cui loro fanno capo, dispiace molto alle Regioni governate dalla sinistra, le quali non potranno dire altrettanto. A denti stretti dovranno dire che applicano un progetto dell’odiato Berlusconi. Dunque Franceschini si sbraccia a dire “no” prima che il decreto vada dal Capo dello stato per la firma. Lo fa senza averne potuto leggere il testo, che ancora non è completo, perché vuole influire sul Capo dello stato. Spera di indurlo a non firmare il decreto. E se Napoletano metterà la sua firma, annuncia comunque un fuoco di sbarramento in parlamento da parte dei suoi deputati e senatori e una guerra giudiziaria a colpi di ricorsi alla Corte Costituzionale. Ma è una operazione suicida, perché questo decreto piace moltissimo agli italiani, piccoli proprietari di immobili, piccoli imprenditori edili di comparti affini, lavoratori precari dell’edilizia e affini, e in genere alle famiglie di giovani e di anziani e agli operatori economici. Si tratta di un “no” al maggiore strumento di rilancio della nostra economia di cui il nostro governo disponga. Che non costa nulla all’erario e anzi gli porterà quattrini. Tramite maggiori entrate fiscali e contributive.
Il piano prevede, a quanto sembra, l’aumento di cubature del 20 per cento per tutti i tipi di edifici e di destinazioni edilizie, con possibilità di scambio fra proprietari per facilitare l’utilizzo delle volumetrie nel caso di condomini e di edifici con più e con meno spazi per la sovra elevazione così da non creare discriminazioni fra proprietari. Per accelerare le procedure, il proprietario che intende fare gli ampliamenti, potrà iniziare i lavori, mediante una semplice Dia, Dichiarazione di Inizio di Attività, in cui attesta che il suo progetto si attua su edificio regolare (non abusivo) secondo le norme statali e quelle regionali che verranno emanate dalle Regioni che vorranno attuare il piano. Esso interessa i 22 milioni di famiglie italiane. Il 70 delle famiglie ha una propria abitazione principale con una superficie media di 100 metri quadri, sempre bisognosa di qualche ampliamento.
Molte famiglie non hanno la prima casa ma hanno una seconda casa che vorrebbero ampliare per potervi stare più comodi. Il piano interessa i 4 milioni di imprese che operano in edifici spesso di loro proprietà, bisognosi di ristrutturazioni. Interessa i proprietari di edifici storici, soggetti a vincolo, che fanno fatica a mantenerli e restaurarli e che ora potranno accrescerne la redditività tramite l’aumento di cubature nelle parti non soggette a vincolo o in quelle vincolate che possono essere modificate senza lesione dei caratteri storici e artistici dell’edificio. Essi dovranno sottoporre il progetto alle sovrintendenze delle belle arti che avranno un mese per rispondere si o no, dopo di che si applicherà il principio il silenzio implica assenso.
Chi sostiene che questo piano danneggia gli edifici storici e artistici vincolati o è in malafede o non ha mai posseduto un immobile di questo tipo. Ignora, pertanto l’orgoglio che hanno i proprietari di tali immobili di possedere tali beni, ereditati dai loro avi o comprati con fatica. Ma essi chiedono solo di consentire loro di avere i mezzi per continuare a mantenere o a restaurare questi edifici che diversamente si degradano. E che, a questo punto, potrebbero essere abbattuti in modo lecito perché pericolanti. Dunque le cubature edificabili in più sono uno strumento fondamentale perché questo patrimonio vincolato sopravviva.
Il decreto sulla casa ha una importanza come misura anti congiunturale che supera quella di qualsiasi altra misura che si possa escogitare. Può mobilitare rapidamente decine di migliaia di piccole e medie imprese, in tutte le nostre città, impiegando non il denaro del bilancio pubblico, che non è più disponibile data la difficoltà di collocare sul mercato nuovo debito pubblico, bensì il risparmio degli italiani. Assieme alle decine di migliaia di imprese si mobiliteranno un multiplo di nuovi addetti e si creerà un enorme volano di attività economica. Basti pensare che ogni unità immobiliare residenziale è mediamente di cento metri quadri e che in Italia ci sono 22 milioni di unità residenziali di proprietà unifamiliare. Dunque si tratta di 2,2 miliardi di metri quadri. Il 20 per cento di 2,2 miliardi è 440 milioni. La costruzione o riattamento di un metro quadro costa mille euro. Pertanto la cifra in gioco, per la sola edilizia abitativa è di 440 miliardi. Considerando l’edilizia con altre destinazioni di uso, si tratta di altri 200-300 milioni di metri quadri e pertanto di altri 200-300 miliardi.
Ovviamente non si pensa che tutti gli immobili aventi diritto all’ampliamento ne usufruiranno. O che vorranno usufruirne quest’anno o l’anno prossimo. Ma anche se quelli interessati fossero il 10 per cento, la cifra in gioco sarebbe pur sempre attorno ai 60 miliardi di euro. Un’opposizione normale non si pronuncerebbe contro un decreto legge prima che esso sia stato trasmesso al parlamento con cavilli legali generici. Non si appellerebbe al nebuloso tema del potere urbanistico delle Regioni che lo stato con queste norme sull’edilizia violerebbe. Entrerebbe nel merito e cercherebbe di proporre modifiche che servono per risolvere i problemi concreti, che riguardano gli italiani.
Ma l’opposizione che Dario Franceschini ha deciso di fare è viscerale. È un nuovo girotondismo. Il fatto che l’Italia con questo decreto possa evitare una caduta del 2,5 per cento del Pil nel 2009 e possa evitarne una analoga nel 2010 non sembra interessarlo. Se il decreto incontrerà mille ostacoli, se questa operazione si arenerà, contro i cavilli dei “signor no” , gli italiani debbono sapere di chi è la responsabilità. Non solo e non tanto di Dario, ma anche dei governatori delle Regioni eletti nelle liste del suo partito o della coalizione di cui esso fa parte che lo condizionano , e dicono “no” per ragioni di potere.
Il fatto che questo decreto aiuti le famiglie, i precari, le piccole imprese, i gettiti fiscali e il bilancio pubblico li preoccupa, perché è un decreto dell’avversario. Bisogna bloccarlo, anche se ci va di mezzo l’Italia. Ciò che a loro preme è tutelare è il loro potere, nelle fortezze rimaste. A ciò si è ridotta la sinistra italiana!