La sinistra costretta a votare la Fiducia sul welfare

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La sinistra costretta a votare la Fiducia sul welfare

27 Novembre 2007

Non poteva che andare così: il Governo ha posto la Fiducia
su un maxiemendamento  che accontenta i
centristi, accrescendo la spaccatura tra le diverse anime della maggioranza. Con buona pace di Rifondazione che prima convoca “d’urgenza” la
segreteria, poi dichiara che voterà a malincuore la Fiducia “per un vincolo
sociale, non perché c’è una relazione politica” e infine cerca di giocare al
rialzo promettendo battaglia una volta trascorse le feste di Natale e Capodanno: “A gennaio deve aprirsi un’altra fase e quindi chiediamo come forze
della sinistra che ci sia una verifica politico-parlamentare”, ha detto il
segretario Giordano.

Dopo la Finanziaria il partito di Bertinotti chiederà al presidente
del Consiglio un cambio di rotta sulla politica economica e  dopo il chiarimento di gennaio verificherà “se ci
sono le condizioni per continuare una relazione con le altre forze politiche
della maggioranza”.

Insomma, a  Bertinotti & C. non è restato che ingoiare il rospo e votare
la Fiducia: “Abbiamo deciso di restare legati ad un vincolo con il nostro
elettorato, altrimenti a gennaio entrerà in vigore lo scalone Maroni”, ha
spiegato Elettra Deiana al termine della riunione di gruppo della Camera.

“In nome della tenuta del Governo stavolta potrebbe
sacrificare  Rifondazione”, si diceva stamani. E così è stato. Il testo presentato
da Romano Prodi non è né quello uscito dall’accordo con le parti sociali del 23
luglio né su quello modificato dalla commissione Lavoro della Camera dei
deputati: il governo ha scelto una terza via. E ha presentato un
maxiemendamento di sintesi: “Sostanzialmente poniamo la fiducia sull’accordo
del 23 luglio”, ha detto il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, lasciando
Palazzo Chigi.

Del resto, considerati i numeri precari  al Senato
(dove il voto dei Diniani è fondamentale) a Prodi non restava  che pensare a una soluzione più vicina alle
posizioni centriste. Come dire, ad
avere l’asso nella manica era e rimane quel Lamberto Dini a cui le modifiche
apportate in Commissione lavoro alla Camera proprio non andavano giù. Non solo.
A rendere forte la posizione dell’ex direttore generale di Bankitalia c’è anche
una motivazione di carattere politico: in qualsiasi momento potrebbe pensare di
migrare verso altri lidi: verso la Cosa bianca di Mario Baccini e Bruno Tabacci
per esempio, oppure verso la “Cosa azzurra” di Silvio Berlusconi. Troppo
rischioso, per Prodi, mettersi di traverso i Liberaldemocratici.

Fatto sta che alla sinistra radicale la terza via scelta dal
governo non piace. “Ancora un tradimento nei confronti dei lavoratori. Siamo
insoddisfatti. L’accordo sul welfare è un passo indietro”, ha detto Pino Sgobio
capogruppo del Pdci a Montecitorio.  Mentre Enrico Boselli dopo un incontro con
Romano Prodi ha definito  “incontro
insoddisfacente” quello avuto in giornata con Romano Prodi e ha annunciato che
lo SDI terrà le “mani libere” verso il governo, che “si è rimangiato l’impegno
assunto al Senato sull’indennità di disoccupazione ai co.co.pro”.

Sui contratti a termine, i lavori usuranti e
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