La società aperta, i suoi nemici e soprattutto i suoi molti amici
26 Ottobre 2008
Di recente pubblicazione è la seconda edizione, significativamente ampliata, del saggio
Dunque, sulla scia di un autore caro e ben conosciuto al Pezzimenti come Lord Acton, lo scopo di questo studio è di dimostrare il modo in cui le società aperte siano il frutto di un lento e faticoso cammino e non il prodotto insensato di individui abbandonati al destino di non comunicare, di non simpatizzare, in breve, di non cum-patire. Nell’analizzare questo cammino, lamenta Pezzimenti, si tenta di dividere il binomio greco-latino, giudicato per troppo tempo indissolubile. Senza esaltare i meriti di una cultura e negare quelli dell’altra, l’autore cerca di evidenziare le differenze di quei due mondi lontani e, per tanti versi, così vicini a noi. Lo scopo è quello di far comprendere come la cultura latina apra il cammino verso quelle società aperte nelle quali, ancor oggi, purtroppo, ancora troppi pochi uomini hanno l’opportunità di vivere.
A partire dalla rilettura di Cicerone e dei giuristi romani, Pezzimenti fa emergere un diverso modo di affrontare i problemi cruciali dell’esistenza. Si pensi, ad esempio, che in Grecia la schiavitù era considerata, a partire dallo stesso Aristotele, ope natura, a Roma è ope iure; il che significava che mentre a Roma si poteva cambiare status, in Grecia era impensabile. Servio Tullio, seppur figlio di una schiava, diventò re, a testimonianza che ai romani interessavano più le reali capacità che i discorsi teorici. Del resto, per Cicerone, osserva Pezzimenti, l’immortalità non competeva ai filosofi, ma agli amministratori onesti dello Stato: è sufficiente rileggere il famoso Somnium. Ma tutto ciò non basta: nella polis chi non parlava greco era ritenuto barbaro, a Roma Ennio poteva dire di possedere tre anime perché parlava tre lingue ricordando che, purché accettasse le regole, chiunque poteva svolgere i suoi affari nella città.
Affari e attività commerciali che, garantiti da quel monumento di garanzie che era il diritto, non solo erano tutelati, ma anche incoraggiati. In Grecia le attività commerciali erano guardate con sospetto e non solo nei, sin troppo noti, giudizi di Platone, anche Aristotele non si discosta molto da un simile giudizio, arrivando, persino, a sostenere che le nuove città si dovevano costruire lontane dal mare. Le novità, introdotte dai commerci, potevano costituire elemento di turbativa in quanto l’ordine era considerato in modo statico. A Roma l’ordine era visto in rapporto alle leggi, cioè nella sua dinamicità.
Su queste coordinate Pezzimenti muove la sua analisi storiografica e riporta testimonianze significativa, come ad esempio quelle di Braudel e di Moscati, che hanno ampiamente dimostrato che già le origini di Roma sono contraddistinte dall’incontro di più popoli dalle diverse culture: latini, etruschi, sabini, volsci, ecc. A questi si aggiungeranno altri popoli perché, come ricorda Tacito, a differenza di Sparta ed Atene, Roma non tenne i vinti separati da sé, ma consentì a tutti di accedere alle più importanti legislature.
Una interessante nota di ordine politico sottolineata dal nostro autore consiste nell’aver evidenziato come la caratteristica cruciale del mondo latino fu quella di avere governi stabili perché governavano poco: con intenti limitati e con un forte senso del limite garantito ancora dal diritto. È proprio la riscoperta della dimensione giuridica che, dopo il mille, consentì la ripresa civile ed economica come testimoniano pensatori che vanno da Giovanni di Salisbury fino ad Ockham, passando per l’Aquinate, Dante e Marsilio. È questo il periodo che, rivalutando l’individuo, sembra anticipare, sebbene a tratti capovolta rispetto la tradizione dell’antiperfettismo tipicamente cattolico, la kantiana insocievole socievolezza che già Lucano aveva incredibilmente definito concordia discors.
Tutti gli autori appena citati, nella prospettiva di Pezzimenti, si muovono sulla scia del pensiero di Sant’Agostino che, a parere del nostro autore, avrebbe saputo raccogliere il meglio dell’eredità giuridica romana e fonderla con la cristianità ricordandoci come, a differenza del mondo greco, nel quale non era consentito ai privati di svolgere funzioni pedagogiche, nel mondo latino questo non solo era concesso, ma anche auspicato, arrivando così a segnare, in modo indelebile, un certo modo di intendere la nostra civiltà.
Il volume si chiude con una originalissima e preziosa appendice, nella quale l’autore riporta parte del suo epistolario con K. Popper e I. Berlin. Per l’importanza degli autori e la rilevanza dei giudizi espressi offriamo di seguito un estratto del giudizio di Popper. Scrive il filosofo viennese: “Mio caro Pezzimenti, ho ricevuto la sua lettera ed il suo meraviglioso primo capitolo questo pomeriggio. L’ho letto subito e sono rimasto profondamente impressionato da esso. Io non posso esprimere completamente il mio senso di ammirazione, e la mia convinzione per l’importanza di questo capitolo. E, cosa meno importante, il mio profondo accordo” (p. 265).
Il libro di Pezzimenti rappresenta uno strumento indispensabile per una seria ricognizione storica sull’occidente; per comprendere le ragioni etiche, politiche ed economiche della società libera. Società libere che nel linguaggio popperiano assumono l’immagine di società aperte, ma che nella prospettiva di Pezzimenti esse sono tali non in quanto qualunque posizione sarebbe minimalisticamente tollerata, a partire da un’ermeneutica relativistica, un indifferentismo che poco avrebbe a che fare con il pensiero di Popper. Tutt’altro, in conformità con la tradizione ebraico-cristiana, passando inevitabilmente nella storia dell’umanità per vette ed abissi, Pezzimenti ci racconta di come l’uomo occidentale sembra aver introiettato nella propria cultura laica e liberale la massima evangelica “ama il prossimo tuo come te stesso” e il principio di “Rendere a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare”. La società libera è aperta in quanto, a partire da questo doppio principio di carità e di laicità (libertà), la storia occidentale per editto religioso ha laicizzato il potere, ponendo al centro la coscienza individuale alla quale spetta di giudicare il potere e non il contrario, ed ha tendenzialmente contribuito ad annullare le ingiustizie dovute alle differenze di sesso, di razza e di religione, chiamando fratello ogni prossimo.
Rocco Pezzimenti, La società aperta e i suoi amici. Cone Lettere di I. Berli e K.R. Popper, II ed., Città Nuova, Roma 2008, pp. 301.