La trappola del ballottaggio e come non caderci dentro (di C. Togna)

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La trappola del ballottaggio e come non caderci dentro (di C. Togna)

10 Settembre 2021

Le elezioni amministrative per l’elezione del Sindaco di Roma Capitale hanno assunto una linea di tendenza, certificata da unanimi e concordi sondaggi, che si può così riassumere: il candidato di centrodestra Michetti al primo turno otterrà (dovrebbe ottenere) un risultato superiore a quello dei candidati di centrosinistra Gualtieri (PD), Raggi (M5S), Calenda (se stesso). Nel secondo turno l’accordo (che ci sia è il segreto di Pulcinella) tra le forze del centrosinistra dovrebbe garantire, probabilmente a Gualtieri, la vittoria al ballottaggio.

Secondo i sondaggisti (che nelle elezioni regionali ci hanno generalmente “azzeccato”) l’aspirante sindaco Calenda sta crescendo notevolmente a spese del candidato del centrodestra rimanendo sostanzialmente stabili sia Gualtieri che Raggi.

Cos’è che rende insuperabile per l’attuale coalizione di centrodestra l’ostacolo del ballottaggio? E’ solo la, da alcuni ritenuta, inadeguatezza del candidato Michetti (peraltro tutta da dimostrare)? O vi è dell’altro?

Roma è una città ammalorata in tutte le sue componenti, dalla gestione dei rifiuti ai rapporti delle amministrazioni con il cittadino, ai trasporti, ad una razionale gestione del traffico veicolare privato, all’assenza cronica di un piano pubblico parcheggi, alla desolata rappresentazione del trasporto pubblico immortalata negli autobus che si autoincendiano (cosiddetti “flambus”). E l’elenco potrebbe continuare con la disastrata gestione dei beni culturali, dei poli museali, dei luoghi della cultura in un elenco pressoché infinito di criticità.

Il punto critico della coalizione del centrodestra è rappresentato dalla difficoltà di dialogare (intercettare) elettorato al di fuori del recinto di appartenenza, sia pure con diverse sfumature: più marcate sotto il profilo dell’appartenenza di quelle di Fratelli d’Italia e Lega, più ecumenica ed inclusiva quella di Forza Italia.

Il dato fondante di ogni ragionamento deve essere quello della percentuale dei romani votanti a favore della Raggi, all’epoca della sua elezione, che ha sfiorato il 70%. Tutti pasdaran di Grillo? Non credo.

A parte le note analisi sul “voto vendicativo” dei romani dovuto alla frustrazione per le aspettative di standard civili di vita deluse, bisogna riconoscere che il M5S utilizzò alcune intuizioni che non vanno sottovalutate.

Vi è il rischio, da parte dei partiti più identitari del centrodestra, di considerare, in una sorta di riflesso condizionato di estremizzazione politica, il cittadino elettore con l’etichettatura del voto pregresso anziché come persona portatore di bisogni concreti da attuarsi in una città problematica. Per dirlo con più chiarezza un conto è l’analisi e la constatazione del fallimento storico del M5S e della Sindaca Virginia Raggi nel governo di Roma Capitale (i fatti sono argomenti testardi): un conto è il riconoscimento che i bisogni e le aspettative dei cittadini romani son rimasti lì in attesa di soluzioni pragmatiche e concrete.

Nessuno dovrà rimanere indietro: questo era stato il mantra del M5S nella precedente competizione elettorale. I fatti dicono, purtroppo, che siamo rimasti tutti noi cittadini romani indietro e che nessuno ha fatto un solo passo avanti. Ma l’istanza di equità sociale, di buon governo cittadino, di solidarietà da comunità, rimane in tutta la sua drammaticità che il fallimento storico di chi si era proposto come soluzione salvifica ha finito per amplificare in senso negativo.

Si tratta cioè di capire che la richiesta del voto, della moneta elettorale, non può (forse non deve) avere come aspetto recondito e non dichiarato il limitato fine della competizione leaderistica tra le forze più identitarie come Lega e FDI, obliterando il senso vero della competizione elettorale che è quello di dare a Roma Capitale un Sindaco, un Consiglio ed una Giunta all’altezza del rango mondiale della Capitale.

Nel mondo delle organizzazioni complesse, dotate per ciò stesso di maggior coefficiente di entropia, l’assioma è che “quello che va bene si copia, quello che va male si cambia”. Non ci deve essere vergogna nel riprendere istanze giuste ma tradite dai loro presunti attuatori per il fatto solo di essere state proposte da chi, in fondo, non ci piace.

E’ l’esattezza dell’istanza sociale, non la collocazione soggettiva del portatore dell’istanza, che dovrebbe guidare la ricerca del consenso elettorale. Deve essere il Cittadino (con la C maiuscola) al centro della politica che deve farsi strumento attuativo delle istanze di equità e dignità sociale della comunità e non istituzione partitica identitaria che parla e dialoga con il proprio perimetro di consenso elettorale.

Se la coalizione di centrodestra riuscirà a parlare (e recuperare) le persone e i loro spesso drammatici bisogni anche al di fuori del proprio bacino elettorale, il ballottaggio diverrà una partita vera e non la cronaca di una sconfitta annunciata.