L’acqua è pubblica ma le inneficienze le pagheranno gli italiani
17 Giugno 2011
Solo qualche ora dopo che i risultati dei referendum sono stati resi noti avevo provato a ragionare sui possibili scenari a seguito dei “sì” ai quesiti sull’acqua. Qualcuno ha provato a seguirmi in questi ragionamenti. Chiedo scusa a tutti per il tempo che ho fatto perdere con la lettura di inutili considerazioni. Già, perché in realtà i titoli dei giornali hanno confermato un sospetto che in molti nutrivano da tempo: la vittoria nei referendum è uno schiaffo a Berlusconi. Stop.
E i quesiti referendari? Chissenefrega, vuoi mettere il gusto di schiaffeggiare il presidente del Consiglio? Ma allora le norme abrogate erano giuste o sbagliate? Su questo ci si esprime poco, forse in molti (elettori e promotori) neanche sanno per cosa hanno votato, ma il gusto di schiaffeggiare il Presidente val bene qualche sacrificio. Insomma, è l’atteggiamento del marito (cittadino italiano) che per far dispetto alla moglie (Berlusconi)…
Forse è un ragionamento un po’ pessimista e forse gli elettori hanno consapevolmente raggiunto il duplice obiettivo di colpire il Presidente e di abrogare alcune norme (quelle sull’acqua) troppo penalizzanti per i cittadini, soprattutto quelli che versano in condizioni di indigenza. Si sa, dare gli acquedotti in mano a privati, brutti e cattivi per definizione, non tutela i diritti dei cittadini. E poi il profitto sulla distribuzione idrica: una bestemmia! L’acqua è un diritto essenziale e nessuno può esserne privato ed è per questo che la sua gestione deve rimanere in mano ad Enti pubblici che mai e poi mai si permetterebbero di lucrare sull’acqua o, peggio, di distaccare l’utenza a coloro che, per un motivo o per l’altro non siano in grado di pagare.
Come commentare allora gli articoli apparsi sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 14 giugno u.s? In prima pagina, subito sotto il titolo sugli “schiaffi a Berlusconi” (per la verità poco fantasioso e ripreso in quasi tutte le testate nazionali), un altro articolo cattura la mia attenzione: “Emiliano-Vendola, lite sui morosi”. Si tratta di un gruppo di 84 famiglie sfrattate che, per morosità, si sono viste sospendere il servizio da AQP.
Se la vicenda non fosse drammatica, ci sarebbe da sorridere. Nella stessa pagina compare un articolo che esalta la vittoria referendaria, ovvero il ruolo dell’Ente pubblico, unico in grado di garantire un diritto inalienabile quale è l’acqua ed uno che sottolinea l’azione “assurda” dell’AQP (così la definisce il Sindaco Emiliano) di sospendere l’erogazione ad un gruppo di famiglie che occupano legittimamente un complesso per sfrattati di proprietà comunale.
Secondo l’articolo, la morosità deriva da un contenzioso più che legittimo avviato dai soggetti interessati, ma “l’AQP ha disposto il distacco proprio il giorno del referendum sull’acqua pubblica” (testuali parole del sindaco Emiliano, rappresentante del PD che ha sostenuto il referendum).
Mi chiedo se questa notizia fosse emersa qualche giorno prima ed avesse avuto il giusto risalto sarebbe cambiato qualcosa nell’esito dei referendum?
Ancor più sorprendente è la risposta che Vendola dà al Sindaco Emiliano “…. Noi, come azionista pubblico …. abbiamo molta sensibilità verso le fasce più povere, ma abbiamo anche il dovere di uscire dal malcostume della morosità … appannaggio delle fasce più ricche, ma anche di alcuni Enti pubblici”. Ma è lo stesso Vendola segretario del SEL o si tratta del fratello reazionario? Ma è lo stesso presidente della Regione Puglia capace di conquistare i cittadini con ragionamenti lucidi e coerenti o si tratta di uno sconclusionato liberal-socialista che si incarta sulle parole?
Forse non è chiaro al Presidente che 84 famiglie di sfrattati (e non certo di persone ricche) sono rimaste senz’acqua. La colpa è del Comune di Bari che avrebbe dovuto pagare e non lo ha fatto (a causa del contenzioso), accumulando un debito di 3 milioni di euro. Si tratta di un debito fra Enti pubblici che non dovrebbe molto impensierire un campione della Sinistra come Vendola, eppure è tale da giustificare, agli occhi del Presidente della Regione, proprietaria dell’AQP, l’operato dell’Ente. Ma perché privare un gruppo di cittadini di un bene inalienabile in nome di una morosità di un Ente pubblico verso un altro Ente sempre pubblico? Non sarebbe stato più equo colpire l’Amministrazione Comunale in altri beni (per esempio pignorando l’auto del Sindaco) piuttosto che far pagare ai cittadini una presunta inadempienza contrattuale del Comune?
Vendola segretario di SEL non avrebbe mai giustificato l’operato di AQP, ma evidentemente, in questo caso, Vendola parla da proprietario di un Ente acquedottistico, che ha le sue regole di gestione economica e non può tollerare morosità, neanche da parte “di alcuni Enti Pubblici”. Ma è sicuro che l’AQP non abbia debiti verso terzi? Sicuro che l’Ente Irrigazione, il Consorzio Apulo Lucano, L’ENEL, ecc. non possano vantare crediti da AQP. Se così non fosse, sarebbe gravissimo pensare che l’Acquedotto Pugliese, incurante delle difficoltà in cui versano gli Enti (pubblici) che lo riforniscono di acqua o di energia, usasse un metro diverso con gli Enti debitori.
Il più arrogante fra i gestori privati brutti e cattivi, non avrebbe potuto esprimere meglio i concetti espressi dall’attuale proprietario pubblico di AQP: i crediti nei miei confronti vanno pretesi immediatamente, usando tutti i mezzi (anche privando le persone di diritti inalienabili), mentre per i debiti si può ragionare, tanto se i fornitori falliscono se ne trovano altri.In conclusione, ad Emiliano che chiede la testa dei manager AQP, Vendola risponde che essi hanno agito per il meglio, seguendo i giusti criteri aziendali ed attuato una sana gestione economica dell’Ente.
A completare il ragionamento sulla virtuosità dell’AQP, l’assessore Amati, in un altro articolo comparso sempre nello stesso numero della Gazzetta del Mezzogiorno, arriva ad ipotizzare che dal prossimo anno si potrebbe rivedere al ribasso le tariffe. Il condizionale è d’obbligo, perché, ne sono certo, l’AQP troverà il modo di impiegare al meglio il tesoretto derivante dall’utile di bilancio, magari con qualche iniziativa promozionale pre elettorale tanto di moda in Puglia.
In conclusione, può anche darsi che il referendum abbia sancito che l’acqua è un bene pubblico, ma i denari per pagarla sono sempre quelli dei cittadini che continueranno a pagare tariffe esose e ad essere vessati dall’Ente gestore, rigorosamente pubblico e inefficiente.