L’allarme di Draghi: dai tassi rischi per famiglie e imprese

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L’allarme di Draghi: dai tassi rischi per famiglie e imprese

L’allarme di Draghi: dai tassi rischi per famiglie e imprese

09 Luglio 2008

L’aumento dei tassi di interesse rappresenta un grande rischio per le imprese e le famiglie italiane, già provate dall’aumento dei prezzi che ha portato in un anno a una riduzione del 3 per cento del reddito disponibile e frenerà del 2 per cento i consumi entro l’anno. I salari sono infatti tornati ai livelli di 15 anni fa mentre i costi del lavoro per le imprese italiane sono cresciuti del 30%. Il  governatore di Bankitalia, Mario Draghi, nel suo intervento all’assemblea dell’Abi, scatta una foto dell’Italia nitida e preoccupante. E pur accogliendo positivamente l’intervento sui tassi attuato dalla Bce, sottolinea che permangono pesanti difficoltà che gravano sulle famiglie e le imprese italiane partendo dal presupposto che salari fermi, bassa produttività, fisco alto e inflazione sono alla base della "stagnazione della nostra economia". 

La scure legata ai tassi. "L’esposizione delle imprese e delle famiglie italiane al rischio di tasso d’interesse – ha detto Draghi – è particolarmente rilevante, data l’alta quota dei prestiti a breve termine o indicizzata ai tassi a breve: circa il 90% del totale per le imprese, oltre il 70% per i mutui alle imprese". Il Governatore chiede quindi alle banche di "adottare una prudente politica di accantonamenti a fronte di perdite future".

Calano i consumi. I consumi sono ormai in costante calo e verso i minimi dal 2002. L’aumento dei prezzi ha portato in un anno ad una riduzione del 3% del reddito disponibile e frenerà del 2% i consumi entro l’anno. I salari sono infatti tornati ai livelli di 15 anni fa, ma i costi del lavoro per le imprese italiane sono invece cresciuti del 30%, contro il 20% circa in Francia e di nulla in Germania". Secondo Draghi il divario fra la capacità di spesa dei lavoratori e la capacità competitiva delle imprese riflette la stentata crescita della produttività, la mancata discesa della elevata imposizione fiscale, l’effetto dell’inflazione: tutti fattori  "alla base della stagnazione della nostra economia".

L’intervento della Bce. Nei giorni successivi al rialzo dei tassi di interesse da parte della Bce, ha detto Draghi, "la tendenza all’aumento delle aspettative di inflazione desunte dai mercati finanziari si è arrestata; sembra avviarsi una loro riduzione". Con questa mossa i banchieri centrali hanno inteso "contribuire a evitare il rischio che i rialzi dei prezzi internazionali dell’energia e dei prodotti alimentari diano avvio a una rincorsa salari-prezzi" e "riportare gradualmente l’inflazione su valori coerenti con la stabilità dei prezzi nel medio termine".

Caro-greggio.Tra le preoccupazioni di Draghi c’è la "bolla inflazionistica" legata al prezzo del greggio. A fronte dei continui rialzi, il governatore invita a non ripetere gli errori di politica economica commessi negli anni ’70 in risposta ai due choc petroliferi. Trenta anni fa, ha spiegato Draghi, "in alcuni paesi la politica monetaria inizialmente espansiva destabilizzò le aspettative di inflazione; dovette essere seguita da una forte restrizione; ne conseguirono, anche a causa di diffuse indicizzazioni un’inflazione persistentemente alta, enormi oscillazioni nei tassi di interesse reali, gravi ripercussioni sull’attività economica".

Il prezzo del petrolio in termini reali, ha spiegato Draghi, "ha già superato il precedente massimo storico del 1979-80 e il rincaro ancora prosegue". All’origine del fenomeno "il forte aumento della domanda di energia che viene dai Paesi emergenti, cui l’offerta fatica a tenere dietro" anche a causa di una rigidità che nasce dalla crescita "dei costi di scoperta e di sfruttamento dei nuovi giacimenti, per la rigidità nella capacità di raffinazione e trasporto, per irrisolte difficoltà geo-politiche". Ma sul prezzo del petrolio pesa anche l’attuale situazione del sistema finanziario, in cui vige un eccesso di liquidità. "La diminuzione dei tassi d’interesse reali dalla scorsa estate – sottolinea Draghi – spiega circa un quarto del rialzo del prezzo mondiale del greggio osservato da allora". Secondo il governatore, "rispetto a trent’anni fa, l’effetto di uno shock petrolifero sulle economie dei paesi consumatori è minore grazie alla maggiore efficienza energetica e alla maggiore flessibilità dei mercati, ma anche grazie alla credibilità acquistata nel tempo dalle politiche monetarie".

Portabilità e massimo scoperto. Portabilità dei mutui, commissione di massimo scoperto, trasparenza delle condizioni contrattuali e disciplina dei mediatori e degli agenti. Sono questi "i problemi aperti" del settore bancario.  Sui mutui, in particolare, "le banche devono attuare prontamente" le iniziative di governo e Abi sulla portabilità, "prestare la necessaria assistenza alla clientela, cogliere le opportunità concorrenziali". Occorre inoltre "procedere alla sostituzione della commissione di massimo scoperto con forme trasparenti di remunerazione commisurate al fido".

I rischi legati alla "tremontiana" Robin tax. Il maggior onere della Robin Tax sulle banche per Draghi potrebbe essere spostato sui clienti (sia sui rendimenti dei depositi che sui costi dei prestiti) oppure sugli azionisti, attraverso i minori profitti distribuiti."Il provvedimento riguardante l’indeducibilità parziale degli interessi passivi delle banche", avverte Draghi, "equivale a un maggior costo della racolta di quasi dieci punti base". Secondo l’inquilino di Palazzo Koch, "è difficile prevedere come questo onere si ripartirà: in relazione all’evoluzione delle condizioni di mercato, esso potrà ricadere sulle condizioni offerte a depositanti e prenditori di credito, sui proditti distribuiti o sulle risorse accantonate al patrimonio".