L’amarezza di uno storico che parla degli storici
04 Gennaio 2009
Giuseppe Galasso è studioso di prima fila, per lustri titolare della cattedra di Storia medioevale e moderna all’Università Federico II di Napoli, di cui peraltro è stato rettore. E’ ricercatore attento ai problemi della disciplina sia sul versate metodologico che su quello istituzionale. Il prof campano, in un libro che è una sorta di carrellata lungo il Novecento storiografico nostrano, parla di colleghi scomparsi: da Luigi Salvatorelli a Federico Chabod, da Delio Cantimori a Walter Maturi, da Rosario Romeo a Renzo De Felice e così via. Ma scrive anche dello stato degli studi, dei pro e contro della situazione attuale. In proposito è critico, se non amaro.
Per ciò che riguarda l’università, osserva che il “suo aspetto selettivo si è ridotto quanto quello formativo; e sempre più si lamentano le deficienze della preparazione scolastica con la qual vi si accede”. Nel frattempo, la vecchia scuola d’élite è diventata di massa, senza che alcuna modifica sostanziale sia intervenuta, ad esempio, nel rapporto fra didattica e ricerca. Il Consiglio delle ricerche, gli Istituti storici, i centri di specializzazione e di eccellenza post laurea, “presentano”, nota Galasso, “vecchi caratteri insoddisfacenti rispetto ad analoghe strutture di altri”.
E se non bastasse, “il quadro universitario è reso più incerto e agitato da una non comune frequenza di provvedimenti di riforma, dei quali si potrebbe anche dire che plus ça change, plus c’est la même chose”. Identico scricchiolare se si guarda alle istituzioni extra accademiche (deputazioni di storia patria eccetera). Un settore, di per sé, ampio ma che, nel suo insieme, non riesce “a riequilibrare nel senso più desiderabile” le difficoltà del settore. Una problematicità a cui va aggiunta la generale messa in discussione, a partire dalla fine degli anni Sessanta, dei vecchi armamentari ideologici. Uno stop alle ideologie, questo, che si è tradotto “non già nella prodigiosa epifania della ‘pura storia’, immune da contaminazioni deteriori…, bensì, e molto più spesso di quanto si ami ammettere, nella fine anche di ogni idea”.
Un approdo quantomai deludente che, secondo lo studioso partenopeo, fa temere che gli “anni della fine delle ideologi siano anche gli anni in cui si è fatta viva e forte una vera e propria ‘crisi di identità’ della storia e degli storici”. Storici italiani del Novecento, questo è il titolo del volume, è ricco di molti altri spunti critici e, comunque la si pensi, è meritorio di riflessione.
Giuseppe Galasso, “Storici italiani del Novecento”, il Mulino, pagine 434, euro 30.00.