L’ambiente? Peccato che l’Italia non sia il Paese di Erin Brockovich

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L’ambiente? Peccato che l’Italia non sia il Paese di Erin Brockovich

07 Settembre 2010

Ancora una volta ci siamo svegliati con il “solito” disastro ambientale e visto che i media si innamorano con periodicità di alcuni temi ci tocca leggere pagine e pagine di commenti, analisi e ricerca dei colpevoli, con il Presidente Obama che serio e impostato proclama la nuova crociata a tutela dell’ambiente. Intendiamoci bene, il disastro di aprile nel golfo del Messico della Deepwater Horizon della BP è stato spaventoso, nei prossimi anni le conseguenze si faranno sentire, e non è assolutamente giustificabile qualsiasi atteggiamento che minimizzi il problema. Dopo l’ultimo incidente, il riflesso condizionato del nostro Ministro dell’Ambiente è stato affermare che l’incidente “conferma l’esigenza” di “più stringenti regole a livello internazionale”, mettendo in evidenza la situazione nel Mediterraneo e sollecitando che “il problema venga posto all’ordine del giorno nelle prossime settimane nell’agenda europea”. A quando un nucleo di Carabinieri specializzati nel controllo delle piattaforme? L’approccio europeista dei "controlli" funziona? I rilievi statistici dicono di no.

I dati forniti dal Ministero dell’Ambiente sulle non conformità ambientali rilevate mostrano che nel 2008 i controlli sono stati 3.585 con 1.616 non conformità rilevate, mentre nel 2009 ci sono stati 4.628 controlli con 2.362 di non conformità rilevate. L’incremento è di circa il 5%. Inoltre, nel momento che si va in giudizio davanti a un giudice comincia un calvario che termina con il pagamento di una multa che, sebbene salata, non è paragonabile al danno prodotto. Per chiudere il cerchio, poi, l’imprenditore si trova con una condanna penale a carico, dopo dieci anni di dibattimento, quando ormai la vicenda si è conclusa. E’ questo l’approccio migliore? La paura di essere condannati (e la certezza che la condanna non arriverà) aiuta a creare quella cultura di tutela ambientale che tutto il mondo desidera? Avete visto Erin Brockovich – La forza della verità? Erin si interessa al caso nel 1993 e nel 1996 la Pacific Gas & Electric paga 333 milioni di dollari agli abitanti di Hinkley. Dunque a conti fatti tre anni per avere un giudizio e un risarcimento. Ma possiamo dire che in Italia esiste lo stesso apparato burocratico-giudiziario che c’è in Italia?

Il problema è che nelle nostre condizioni legislative e burocratiche un imprenditore non è certo stimolato a rendere i suoi processi produttivi più sicuri per l’ambiente e per la salute dei lavoratori, e fare ciò che la legge richiede non rende automaticamente il mondo più pulito. L’imprenditore va dal suo assicuratore e chiede il rinnovo della polizza, ma nell’ultimo anno ha reso il suo stabilimento a prova di errore umano ed è impossibile che un qualche evento possa inquinare. L’assicuratore abbassa il premio assicurativo. Magari l’imprenditore ha speso di più, ma il danno che potrebbe provocare è minimo e il costo dell’investimento lo recupera migliorando e rendendo il sistema più efficiente. Un altro scenario: l’imprenditore non spende nulla per proteggere la propria attività, inquina, e per ripagare il danno provocato è costretto a vendere anche i beni di famiglia, due anni dopo aver provocato il disastro. Un imprenditore cosa sceglie? Ci sono tre elementi fondamentali: 1) non ho bisogno di avere leggi che mi dicano cosa fare, se posso provocare un danno faccio tutto quello che posso per evitarlo, mi conviene; 2) La pena a cui sono sottoposto è commisurata al danno; 3) c’è un premio che mi viene riconosciuto se sono virtuoso. Lo Stato dov’è? Solo nell’amministrazione della giustizia che è equa e rapida. Forse è vero che le leggi in cui ci troviamo ad agire ingolfano più che proteggere il sistema e, scusate, io preferisco vivere in un mondo dove non è lo Stato che mi tutela, ma è la libera responsabilità dei miei concittadini.