L’assessore ha gridato “Massimiliano”, non “Giuliana”
01 Luglio 2011
Ero indeciso fra un mazzo di fiori, una bottiglia di vino o qualcosa di più elaborato.
Una donna bella e raffinata come quella meritava qualcosa che ne esaltasse la bellezza e che allo stesso tempo non risultasse inopportuna.
Optai per una composizione floreale.
A casa, Rita mi diede le fotografie che le avevo chiesto. Le guardai solo di sfuggita, causando le bestemmie di lei: non solo aveva avuto i problemi che aveva avuto per procurarsele, ma me ne disinteressavo anche.
Andavo di fretta e dovevo ancora scegliere cosa indossare. Mentre sceglievo i vestiti, Rita mi guardava perplesso e diceva:
– Che devi fare stasera?
– Devo andare da Giuliana Calcagni.
– Ah si! Mi ero dimenticata. Hai incontrato Mario Delusse?
– Sì, e mi ha confermato che l’assessore era omosessuale, quindi dobbiamo ampliare il ventaglio delle piste da seguire.
– Calcagni era omosessuale?
– Proprio così. Non lo sapevi?
– No, e come facevo?
– Lo è anche il segretario. Mi ha detto che se la intendeva con "un attorucolo". Ovviamente Massimiliano.
– A questo punto possiamo anche ipotizzare che la busta che aveva dato l’assessore a Max fosse in realtà qualcosa di personale.
– Questa è una eventualità che ho valutato anch’io quando l’ho saputo.
– Chissà dove l’avrà messa Max quella lettera. Sarebbe potuta essere una bella prova: dev’essere l’ultima cosa che l’assessore ha scritto.
Per un attimo la discussione si spense. Io stavo pensando al migliore abbinamento fare fra giacca e pantalone, mentre iniziavo a convincermi di un’idea, che ormai trovavo ovvia se non lampante. Cercai la fotocopia della lettera monca che avevo trovato sotto il libro di Shakespeare a casa di Max e, mentre la cercavo, dicevo a Rita:
– Ricordi i tabulati telefonici? Avevamo riscontrato che dalla casa di Calcagni partivano molte telefonate per il cellulare e la casa di Max, e che Max chiamava spesso il telefonino dell’assessore. Ecco il motivo di questi frequenti scambi di telefonate.
– Diventa sempre più evidente che era l’assessore a mantenere Massimiliano.
– Certo. E secondo me, il nome che l’assessore ha gridato non era “Giuliana”, ma “Massimiliano”. Le due persone a cui ho chiesto mi hanno detto che l’unica parte chiara del nome era “lian” che è proprio quella che hanno in comune i due nomi. Evidentemente, chi ha sentito ha fatto una specie di analogia fonica, riconoscendo come “Giuliana” il suono del nome “Massimiliano”.
Finalmente trovai quella dannata fotocopia. La lessi ad alta voce e poi dissi:
– Come puoi capire, l’allusione alle nozze "altrove" è per qualche paese in cui sono permesse quelle fra persone dello stesso sesso.
– Quindi pensi che fosse quella lettera il contenuto della busta che l’assessore aveva dato a Max?
– Proprio così. E ovviamente, l’assessore andava a teatro per incontrare Max. Lui temeva per la sua vita: qualcuno che gli era vicino si era “messo in testa di comandare”. Scommetto che aveva fatto il nome di qualcuno nella parte che manca e con ogni probabilità, questo qualcuno è l’assassino di Max.
(Fine capitolo 11)