Lavoro e articolo 18 sono il banco di prova per Monti e per l’Italia il vero test sui mercati
20 Marzo 2012
Il segretario del Pdl Angelino Alfano ha incitato Elsa Fornero ad adottare scelte coraggiose per quanto riguarda la riforma del mercato del lavoro, in direzione di una molto maggiore flessibilità. In ciò ha un ruolo centrale la modifica dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Non una semplice manutenzione, come vorrebbe una parte sostanziale del Pd e come testardamente pretende la Cgil per firmare l’accordo. Ma una drastica revisione . Ora è il premier Mario Monti che deve decidere.
Occorre ricordare che questo governo, ha rimpiazzato il precedente, per due motivi. Primo: effettuare la manovra correttiva dei conti pubblici che esso si apprestava a fare, ma che si temeva non fosse in seguito rispettata, data la sua esigua maggioranza (che in effetti si è tradotta, nel voto sul bilancio consuntivo in minoranza ). Secondo: per risolvere tre problemi che esso faceva fatica risolvere, sia per la ricordata esiguità della sua maggioranza che per le opposizioni o i tentennamenti della Lega Nord . Si trattava dell’aumento delle età di pensione, in conformità al disegno di legge dell’onorevole Giuliano Cazzola del Pdl, del rilancio della crescita e delle liberalizzazioni, sui cui vi era in disegno di legge Brunetta-Romani al quale opponeva resistenze, per il finanziamento, il ministro dell’economia Giulio Tremonti e della riforma dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, su cui aveva aperto una importante finestra l’articolo 8 del decreto estivo di correzione dei conti pubblici , riguardante la contrattazione decentrata, voluto dal Ministro Sacconi, che le parti sociali avevano sterilizzato, mediante un accordo con la Confindustria, guidata da Emma Marcegaglia. La commissione europea e la Bce annettevano una particolare importanza a questa riforma.
L’attuale governo, nei primi giorni della sua luna di miele, mentre lo spread sui titoli nostri pubblici decennali era ancora molto elevato, è riuscito a varare la riforma delle pensioni insieme alla nuova manovra correttiva dei conti pubblici. Il successivo decreto sulle liberalizzazioni non ha corrisposto, sino ad ora alle aspettative, perché le principiali liberalizzazioni, quelle riguardanti le reti dei servizi pubblici oggetto di imprese locali e di imprese nazionali pubbliche e private sono state rinviate a fine anno o sono state edulcorate. E la crescita è uscita dal testo del decreto. Una seria riforma del mercato del lavoro è necessaria per dare credibilità politica alla coalizione che regge il governo.
Sino ad ora a favore di una riforma incisiva ci sono il Pdl e l’Udc, mentre il Pd appare incerto e diviso. E comunque, il testo del ministro Fornero che sino ad ora è stato reso noto è un testo che non soddisfa, perché non risolve l’annoso problema della impossibilità dei licenziamenti per ragioni disciplinari come l’assenteismo ripetuto non giustificato da malattia, la perdita di fiducia dell’impresa nel lavoratore dovuta al fatto che questi ha commesso reati dentro o fuori dall’impresa per cui vi è una condanna in primo grado o la ripetuta violazione di regole aziendali derivanti dal contratto di lavoro. Esiste una zona grigia fra il licenziamento per ragioni disciplinari e quello discriminatorio , con riguardo ai comportamenti aziendali dei lavoratori –sindacalisti. Ma il problema può essere risolto stabilendo che in tal caso prevalga la tutela dell’articolo 18. Ma non è accettabile che il licenziamento disciplinare , in generale, sia oggetto di decisione del giudice . In Italia esiste una giurisprudenza dell’articolo 18 che rende il licenziamento una rarità, rispetto al reintegro nel posto di lavoro.
Il riferimento alla Germania, che in questo caso si fa è privo di senso, non essendovi in Germania l’articolo 18. Una soluzione accettabile di compromesso non al ribasso potrebbe esser quella dell’arbitrato e della contrattazione periferica integrativa, con effetti non solo per i nuovi assunti, ma per tutti gli addetti.
Sino ad ora il governo ha adottato, come sua base teorica, i principi degli studiosi dell’economia del lavoro e del diritto del lavoro “laici” che fanno capo all’Università Bocconi e al senatore professor Ichino, cercando di temperarne il rigore per farla digerire a sindacati e Pd. Invece esso ha completamente ignorato l’impostazione dell’economia sociale di mercato per cui il lavoro non è una merce, riguarda la persona umana. E quindi la sua dignità e la sua responsabilità . I temperamenti del rigore non andrebbero fatti come concessione ai dirigisti , ma al pensiero dell’economia sociale di mercato che considera i valori che ho appena indicato. Questi portano al contratto aziendale, in cui la persona del lavoratore acquista il significato di membro di una comunità.
Il principio di sussidiarietà va applicato anche e in primo luogo al mercato del lavoro, se si crede al pensiero liberale umanitario dell’economia sociale di mercato. Esso è anche il pensiero liberale sociale cristiano (gli autori tedeschi in questione vi fanno un esplicito richiamo, con particolare riferimento alle encicliche). C’è da aggiungere, in questo spirito, che è errato finanziare la riforma con nuove tasse sugli artigiani, le piccole imprese, i contratti a termine. Ed è sommamente sbagliato anche l’indirizzo che è stato preso, di fare controriforme, più o meno surrettizie alla riforma Biagi .
Essa accresce le possibilità di occupazione sia per chi entra nel mercato del lavoro, sia per chi abbia perso un posto di lavoro e, avendo una certa età, fa fatica trovarne un altro equivalente. Con questa contro riforma non solo si riduce l’occupazione. Si riduce il reinserimento. Si ricordi che si tratta di liberalizzare, non di regolamentare in modo diverso. Lo spread sui Bpt è disceso, in buona parte perché la Bce ha effettuato, fra dicembre e marzo, due finanziamenti all’1 per cento con prestiti triennali alle banche per un importo di oltre mille miliardi di euro e per una altra parte perché sino ad ora il governo Monti ha marciato in modo deciso e il Pd ha accettato la sua linea. La concertazione non fa parte dei principi dell’economia di mercato. Il governo deve ascoltare le parti sociali, ma non può esser vincolato al loro consenso. La concertazione frena la crescita perché genera nuove spese e nuovi tributi e contributi e limita la libertà contrattuale. E i mercati finanziari oramai considerano la riforma del mercato lavoro come il banco di prova della capacità di Monti di attuare le misure per far ritornare l’Italia a un sentiero di crescita del Pil, migliore di quello lento e affannoso dell’ultimo decennio.