Le Comunali parlano chiaro, gli elettori vogliono un Centrodestra unito
13 Giugno 2017
di Carlo Mascio
Spulciando tra analisi e dichiarazioni sui risultati di questa tornata di elezioni amministrative, c’è un dato sul quale quasi tutti sono d’accordo: il centrodestra quando è unito è vincente. I numeri parlano chiaro: nei comuni oltre i 15.000 abitanti, il centrodestra ha conquistato al primo turno 11 città, di cui 4 capoluoghi di provincia, e parte in vantaggio in ben 42 dei 73 comuni in cui è al ballottaggio. Un dato niente male, dunque. E di questo se ne sono accorti tutti: se n’è accorto certamente Renzi che per mesi ha impostato la sua narrazione politica sulla contrapposizione tra Pd e M5S ed ora si trova a dover fare i conti con un centrodestra che rischia di conquistare al ballottaggio addirittura roccaforti storiche della sinistra come Genova e La Spezia. E, ovviamente, se ne sono accorti anche i diretti interessati.
“Il vento per un centrodestra unito è positivo” ha dichiarato Giovanni Toti (Fi) che, forte anche dell’ottimo risultato del centrodestra nella sua Liguria, ha rilanciato: “Oggi il nostro compito è riaggregare il centrodestra trovando regole comuni”. Cosa sulla quale da mesi insiste anche Gaetano Quagliariello, presidente di Idea, che, dati alla mano, definisce l’unità del centrodestra “una grande occasione per dare una proposta politica unitaria che abbia le carte in regola per ambire al governo del Paese”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Matteo Salvini (Lega Nord) che già prova a guardare avanti: “Se si andasse a votare in autunno faremo una coalizione il più compatta possibile”. Più cauto, invece, Silvio Berlusconi che, pur riconoscendo che “il centro-destra può vincere quando è unito”, almeno per il momento non sembra volersi sbilanciare nel trarre indicazioni “a livello politico generale”. Ecco perché ha bollato come “frettoloso parlare di un ritorno al bipolarismo” e, stando agli ultimi rumors, continua a puntare ancora su una legge elettorale proporzionale che non contempla la possibilità delle coalizioni, come previsto invece dal sistema elettorale per le elezioni comunali.
Elezioni dalle quali, però, emerge un indicazione tutt’altro che trascurabile: a chiedere l’unità tra le forze politiche è proprio l’elettorato di centrodestra. Anche perché, a differenza dell’elettorato di sinistra, dove lo scontro tra le varie correnti ha provocato fratture anche tra gli elettori, quello di centrodestra punta sempre all’unità delle varie anime. E il perché è molto semplice. Solo quando queste si presentano unite, coalizzate, sono anche competitive e protagoniste ed hanno, dunque, la possibilità di mettere in atto i programmi presentati. Non solo. Quando è compatto, il centrodestra è anche più credibile ed in grado di dare risposte concrete ad una crisi di rappresentanza che, come dimostra il calo dell’affluenza di circa del 6%, ormai è sempre più evidente. Ecco perché l’unità viene sempre premiata dagli elettori di centrodestra.
Unità che, ora più che mai, sembra essere un percorso meno difficile rispetto a qualche tempo fa. La sonora sconfitta della Le Pen in Francia, infatti, ha certamente rappresentato una brusca battuta d’arresto nel processo di “lepenizzazione” della Lega che ora, guarda caso, ha tolto gradualmente dal suo ordine del giorno il tema dell’uscita dall’euro. Cosa che la rende, quindi, sempre più allineata alle posizioni delle altre forze di centrodestra. In quest’ottica, il “sovranismo” di Salvini e, in parte, anche di Giorgia Meloni non è altro che la richiesta di un rapporto più chiaro e intelligente con un’Europa che, così com’è, non piace proprio a nessuno. Nemmeno a Macron, l’ “europeista” del momento, tanto per capirci. Per cui, parlare ora di “pericolo populista” a destra quale ostacolo al percorso di unità del centrodestra, significa non rendere ragione alla realtà. Anzi, significa fare il gioco di chi, come Renzi, punta a polarizzare lo scontro tra Pd e M5S per decretare la fine di un centrodestra che, se compatto, ha dimostrato, invece, di essere più vivo che mai.