Le conseguenze dell’attivismo tedesco nel sistema bancario europeo

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Le conseguenze dell’attivismo tedesco nel sistema bancario europeo

08 Ottobre 2008

Sono le crisi – non i periodi di benessere – a generare repentine accelerazioni o addirittura svolte in processi “cristallizzati” da tempo.

La crisi che stiamo vivendo, in particolare, non fa eccezione alla regola di massima. Di notevole interesse  è una novità di queste settimane: l’”attivismo” tedesco, da cui il nostro Paese non è risparmiato. Qualche esempio può aiutare a capire meglio cosa sia cambiato, e quali siano i possibili risvolti per la Penisola. 

LO SCENARIO. La situazione tedesca è ben nota ma vale la pena tratteggiarne solo qualche elemento-chiave. 

Le banche. Il sistema bancario, storicamente frammentato in banche e istituti regionali e locali, è caduto fragorosamente a pezzi. La botta decisiva, probabilmente, risale a oltre un anno fa, quando derivati e altre ingegnerie finanziarie particolarmente sofisticate saltarono simultaneamente, colpendo la maggior parte delle lillipuziane banche tedesche.

Difficilissimo individuare il perimetro della crisi. Il compito, già arduo di per sé, è stato reso praticamente impossibile da due fattori congiunti:

(i). La rappresentazione contabile degli investimenti “fallati”, che quasi mai figuravano direttamente nei libri delle banche.

(ii). La polverizzazione delle banche – il loro numero enorme – che ha reso impossibile ai controllori setacciare l’intero panorama bancario.

Il consolidamento delle banche. Un effetto non previsto della crisi è stato quello di spingere gli istituti di credito sopravvissuti ad unirsi. Commerzbank è andata con Dresdner, Deutsche Bank con Postbank, e analoga sorte è toccata a diverse banche regionali.

Meno banche, ma banche più grosse: quello che in Italia era avvenuto 15 anni fa grazie alla riforma bancaria è ora avvenuto, in altre forme e per fattori diversi, in Germania.

L’ASSALTO ALLA PENISOLA. Nei rimescolamenti tedeschi c’è anche qualche chip italiana.

Il ruolo di Allianz. La bavarese Allianz è entrata di peso nell’azionariato Commerzbank e ne è divenuta socio di riferimento: l’1,7% che Commerzbank deteneva – peraltro passivamente – in Mediobanca, con tanto di diritto di accesso al patto di sindacato,  è ora in mani bavaresi. Senza dimenticare che Mediobanca è a sua volta il primo azionista delle Generali. C’è chi sottolinea l’incrocio di lame con Generali: il mondo Allianz, acerrimo concorrente di quello Generali, occupa ora una posizione “attiva” proprio nei gangli del potere del sistema Mediobanca-Generali, finora appannaggio esclusivo di consorterie franco-italiane.

A rendere più complessa la situazione c’è pure il rapporto di bancassurance in essere tra Unicredit ed Allianz (socio della banca con il 2,4%).

Mentre Unicredit delibera dividendi “in natura” e vara piani per rifinanziare le casse vuote, Allianz sta alla breccia: potrebbe essere chiamata in causa, insieme alle varie fondazioni che compongono l’azionariato Unicredit, per sottoscrivere un aumento di capitale.

Il braccio di ferro franco-tedesco. Sullo sfondo si agita un disegno geopolitico, surreale appena 2 anni fa ma attuale e contingente in questo momento: i tedeschi, affamati dalla crisi, intendono riprendersi fette di Germania finite in Italia e contendere ai francesi i territori in comune. 

Le partite fondamentali: 

(i). HVB è un pezzo tedesco in un soggetto italiano (Unicredit), ma fin dall’unione non è passato un solo giorno senza resipiscenze da parte dei giornali tedeschi, “scippati” di un istituto di credito tedesco di grandi dimensioni. La temporanea debolezza della fondazione torinese e la germanofilia di quella veronese, potrebbero, in particolare, contribuire a rimpatriare qualche asset.

(ii). Quanto a Mediobanca e alle sue partecipazioni, i tempi in cui i tedeschi se ne stavano buoni buoni nel patto di sindacato, lasciando ai francesi il ruolo “attivo” di investitori stranieri (con la presidenza francese di Generali), sono finiti.