Le critiche di Bolton a Obama, gli 11 punti di McNamara
10 Luglio 2009
Israele
Una buona notizia dalla Cisgiordania. Il così detto primo ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, Salam Fayyad, ha dichiarato sabato scorso, durante una conferenza ad Aspen, che gli ebrei in un futuro stato palestinese saranno i benvenuti e potranno godere degli stessi diritti civili dei cittadini palestinesi. Questo vuol dire che gli attuali abitanti degli insediamenti ebraici in Cisgiordania un domani potranno scegliere il loro destino, ma fatto più importante, che si prefigura una soluzione per il problema degli insediamenti. “Gli ebrei che sceglieranno di stare e vivere nello stato della Palestina godranno di quei diritti che né più né meno godono gli arabi israeliani che vivono in Israele” ha aggiunto Fayyad.
USA
John Bolton, già ambasciatore americano all’ONU dal 2005 al 2006, nonché autore del libro “Surrender is not an option”, offre un’eccellente analisi della visione del mondo e della politica estera americana nell’era obamiana, definita la prima epoca “post americana”.
Sempre sulla politica estera americana, la posizione di Andrew Bacevich, celebre professore di relazioni internazionali all’Università di Boston. Una posizione originale la sua, che riesce a prendere un altro punto di vista sulla lotta al terrorismo internazionale (o all’insorgenza globale, come la chiama Kilcullen) diverso dal solito dilemma ‘intervento sì o no’: “Ha senso politico e strategico perpetuare la Lunga Guerra oltre il nono anno? Non vi è nessun altra alternativa?”. La domanda non è banale: in Afghanistan infatti l’offensiva eli-trasportata dei marines americana non sta incontrando resistenza, a causa della tattica dei Talebani che si ritirano secondo i dettami classici della guerriglia, con il risultato di far volare via i guerriglieri internazionali di al Qaida verso lidi più sicuri, Somalia e Sudan. Il rischio è di cader in un gioco a rimpiattino estenuante e oneroso, troppo, distraendo la super potenza da sfide e impegni più importanti.
Sempre parlando di strategia generale, quella che comprende tutti gli strumenti per garantire gli interessi nazionali e che gli americani chiamano “grand strategy” per differenziarla dalla strategia militare che è solo un suo elemento, presentiamo un documento estremamente importante e che di certo ispirerà la prossima Quadriennal Defense Review, la base programmatica USA elaborata ogni quattro anni e che fissa le linee generali di politica estera e di sicurezza del paese, allocando di conseguenza le risorse necessarie per raggiungere gli obiettivi. E’ scritto da Michelle Flournoy, sottosegretario alla Difesa e autrice di una mole impressionante di saggi, e Shawn Brimley, docente di relazioni internazionali. Il punto di partenza è il riconoscimento della crescente multilateralità del mondo, con la conseguenza di andare verso un “relativo equilibrio del potere tra le nazioni” pur continuando gli Stati Uniti a rimanere sempre la singola potenza più potente. Contemporaneamente, l’America deve affrontare nuove sfide che si possono riassumere in tre punti: “tensioni crescenti per la rincorsa ad accaparrarsi i beni, le risorse, globali; minacce ibride che significano un mix di forme tradizionali e irregolari del conflitto e il problema degli stati falliti e deboli”. Le proposte si ispirano tutte ad un tranquillo multilateralismo, norme generali accordi tra stati ecc., che suona molto retorico e improntato dalla necessità di prendere le distanze dall’amministrazione Bush.
Intanto Rumsfeld, parlando con il suo biografo, ha chiesto scusa per la violazione dei diritti dei prigionieri apportate dalla legge sulla sicurezza all’indomani dell’11 settembre, spiegando però i motivi, i tempi e l’atmosfera in cui fu presa (in pratica sottintendendo che, se quelle circostanze si ripetessero, lo rifarebbe).
Rompendo una regola (altrimenti a che servono?), riportiamo gli 11 comandamenti elaborati da Robert Mc Namara, l’ex segretario alla Difesa scomparso il 6 luglio scorso, elencati da Stefano Pistolini sul Foglio del giorno successivo, perché li riteniamo una distillato di esperienza, di disincanto realistico dell’azione politica.
1. Prova empatia verso il tuo nemico.
2. La razionalità non ci salverà.
3. C’è dell’altro oltre il nostro ego.
4. Massimizzare l’efficienza.
5. La proporzionalità deve essere la linea guida nella guerra.
6. Ottieni tutti i dati.
7. Le convinzioni e le rappresentazioni sono spesso sbagliate.
8. Sii pronto a rivedere i tuoi ragionamenti.
9. Per ottenere il bene si può essere costretti a fare il male.
10. Mai dire mai.
11. Non si può cambiare la natura umana.
Iran
“Leggere Lolita a Theran” (qui una lunga recensione su L’Indice) è stato un best seller di alcuni anni fa e ha fatto conoscere meglio di tanti articoli la dura realtà sotto gli ayatollah. Crediamo di fare cosa gradita ai nostri lettori segnalando il sito web dell’autrice Azar Nafisi.
Cina
La stragrande maggioranza degli italiani, fino ai fatti dei giorni scorsi dove la polizia cinese si è distinta per i soliti metodi brutali, non sapeva assolutamente niente degli Uiguri. Ecco il sito per la difesa dei diritti umani (non civili, qui siamo prima). Contiene anche una bellissima galleria di foto sia sul paesaggio che sui siti storico-culturali. Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, si veda anche questo libro: gli Uiguri abitano infatti nello Xinijang, una terra grande un sesto dell’intera Cina, zona incastrata tra India, Pakistan, Afghanistan, Tajikistan, Kyrgyzstan, Kazakhstan, Russia e Mongolia, da sempre quindi di importanza geopolitica enorme (oggi da qui passano le principali rotte degli oleodotti).
Iraq
Secondo la migliore tradizione dei mass media, dopo il ritiro delle truppe USA dalle città alla fine di giugno, l’Iraq non fa più notizia. Allora ricordiamo che rimangono sempre irrisolte le due domande centrali: gli iracheni saranno in grado di governarsi da soli? Sono stati spesi bene i soldi e il sangue dei giovani soldati americani? Questo ci ricorda in un articolo Ernesto Londoño sul Washington Post. Non bisogna scordarsi infatti che il regime di Saddam, un misto di stalinismo e nazionalismo arabo fascista, aveva violentemente distrutto qualsiasi forma autonoma di società civile. A riprova di quanto appena detto, un nuovo rapporto del benemerito International Crisis Group sulle crescenti tensioni tra governo centrale e curdi a proposito della ripartizione del petrolio, dello statuto della città di Kirkuk, del ruolo delle forze armate curde ecc. Ma attenzione a non mitizzare i curdi! I partiti al governo in Kurdistan sono accusati di amministrare il potere in modo clientelare e mafioso, senza nessun rispetto per l’opposizione.
Afghanistan
Qui di seguito una chiara mappa delle coltivazioni d’oppio in Afghanistan. Come si vede chiaramente, le zone dove è in corso l’azione americana sono proprio quelle a sud, in rosso sulla cartina, dove maggiore è la produzione della sostanza stupefacente.
Al Qaida
Non è una notizia particolarmente recente, ma eccovi la traduzione del manuale di Al Qaida destinato ai combattenti. “A quei campioni che manifestano (testimoniano) la verità giorno e notte… e scrissero con il loro sangue e le loro sofferenze queste frasi ‘Il confronto a cui siamo stati chiamati contro i regimi apostati non conosce dibattiti socratici, ideali platonici né diplomazie aristoteliche. Conosce però il dialogo delle pallottole, gli ideali degli omicidi, delle bombe, dei cannoni e dei mitra. I governi islamici non sono mai stati instaurati, e mai lo saranno, attraverso soluzioni pacifiche e assemblee cooperative. Sono stati creati e lo saranno sempre dalla penna e dal fucile, dalla parola e dalle pallottole’”. Evviva la franchezza!