Le iniezioni dell’Isi, la spregiudicata intelligence pakistana

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Le iniezioni dell’Isi, la spregiudicata intelligence pakistana

23 Febbraio 2010

Che l’Inter Services Intelligence, il famoso servizio segreto pakistano, non badasse a mezzi per ottenere i suoi scopi, non è precisamente una novità.

Durante il regno del Generale Musharraf, insieme a un maggior afflusso di finanziamenti, l’Isi ha potuto sperimentare nuove e più sofisticate metodologie di lavoro, sia sul fronte del rapporto coi numerosi gruppi legati al terrorismo islamico presenti nei dintorni, che su quello degli oppositori, sempre pronti, più o meno democraticamente, a combattere il potere centrale di Islamabad.

Informazioni recenti raccontano che l’Isi, sulle orme del vecchio Kgb e degli odiati rivali indiani,  non esita ad estorcere confessioni ai malcapitati di turno mediante la somministrazione di medicinali ad hoc, tipo il Truth Serum, potente psicofarmaco, chiamato anche "Siero della verità", capace di far cantare gli elementi sospetti come usignoli, pur col rischio che la fantasia possa mescolarsi con la realtà delle narrazioni.

Grazie a questi mezzi, dicono con malcelata soddisfazione i media filogovernativi, sarebbero stati evitati non pochi attacchi contro militari e civili.

Dalla fine di settembre del 2008, l’Agenzia di spionaggio del Pakistan è guidata dal generale Ahmed Shuja Pasha, fedelissimo del Capo di Stato Maggiore dell’esercito Ashfaq Kayani e, come il suo grande protettore e sponsor, non inviso a Washington, pur nella cautela con cui viene trattata dall’America la patata bollente di questo Paese strategico quanto tribolato (lo stesso capo della Cia, Leon Panetta, ha compiuto, negli ultimi mesi, alcuni interessanti viaggi in quei dintorni).

I due militari sovrintendono in buona sintonia alle quotidiane emergenze, alternando il pugno di ferro nel guanto di velluto a sistemi ancora più spicci.

Adesso, dopo la diffusione delle notizie sulle cure fornite ai catturati, il tandem che guida  la sicurezza d’Islamabad dovrà scegliere se mutare registro o – ed è la possibilità che appare più concreta – far continuare la missione dei camici bianchi, cambiando magari la location degli strani ospedali che, secondo alcune stime, prendono in consegna centinaia di pazienti ogni anno.

Gli ultimi talebani di rango arrivati, Abdul Ghani Baradar e Mulvi Kabir, difficilmente potranno comunicare all’esterno le terapie somministrate dagli esperti professori dell’Isi.

Vedremo se qualche flebo miracolosa riuscirà persino a convertirli alla causa della lotta al terrore.