Nell’ intervento tenuto oggi alla Assemblea annuale dell’Associazione bancaria italiana il Governatore Draghi ha affronta la tanto discussa questione delle cause della crescita dei prezzi petroliferi.
Egli ha innanzitutto evidenziato che all’origine degli aumenti della quotazioni del greggio sta il forte aumento della domanda di energia che viene dai paesi emergenti cui l’offerta fatica a tenere dietro a causa degli ingenti costi per scoprire e sfruttare nuovi giacimenti, della rigidità della capacità di raffinazione, delle instabilità geo-politiche.
Il Governatore, tuttavia, ha approfondito l’analisi dei fattori esplicativi, affermando che “le condizioni di domanda e offerta non sono sufficienti a spiegare l’impennata recente dei prezzi.” Questa sarebbe infatti causata anche dal calo dei tassi di interesse. Sottolinea infatti Draghi che “… nostre stime indicano come la diminuzione dei tassi di interesse reali dalla scorsa estate spieghi circa un quarto del rialzo del prezzo mondiale del greggio osservato da allora”.
Il calo del tasso di interesse reale, infatti, riduce il costo opportunità di detenere attività reali; ossia riduce l’ammontare di ricavi che si perdono decidendo di detenere un cespite reale, che non genera interessi, invece che trasformarlo in un’ attività finanziaria generatrice di interessi. Ecco quindi che con il calo dei tassi indotto dalla politica monetaria accomodante della Riserva federale americana è divenuto più conveniente per i paesi produttori, a parità di ogni altra condizione, tenere le riserve nel sottosuolo invece che trasformarle in attività finanziarie.
Giova per altro ricordare che già nello scorso Bollettino economico della Banca d’Italia (Aprile 2008) era stata esaminata l’ipotesi di una relazione tra l’attività di trading sui mercati finanziari dei contratti sui prezzi petroliferi – le così dette posizioni a termine o futures – e il prezzo a pronti del barile di petrolio. Ebbene, in quella occasione, gli economisti della Banca d’Italia avevano sottolineato che test statistici mostrano che la crescita delle posizioni a termine non sembra in grado di spiegare l’aumento dei prezzi a pronti.
In conclusione, le osservazioni di Draghi indicano chiaramente che la via maestra per contenere la crescita dei prezzi dell’energia, e delle materie prime in generale, è di accrescere la elasticità della offerta e della domanda: vanno in questa direzione le misure annunciate dal governo per attivare la produzione di energia nucleare in Italia. Inoltre occorre che le politiche monetarie degli Stati Uniti e della Unione Europea, che concorrono a determinare il livello mondiale dei tassi di interesse reali, siano improntate alla cautela e al rigore.