Le novità apportate dal Trattato di Lisbona per l’efficienza dell’Ue
29 Aprile 2011
Il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, pone fine alla crisi istituzionale dell’UE, durata più di due anni e venutasi a creare dopo gli esiti negativi dei referendum popolari in Francia e Olanda alla ratifica del “Trattato che adotta una costituzione per l’Europa” del 2004. Esso è il frutto dei lavori della Conferenza intergovernativa (CIG), su mandato conferito dal Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007, che ha elaborato un nuovo Trattato di riforma, diretto a modificare i Trattati esistenti “allo scopo di rafforzare l’efficienza e la legittimità democratica dell’Unione allargata, nonché la coerenza della sua azione esterna”.
Il Trattato è stato ratificato da tutti gli Stati firmatari, esclusivamente per via parlamentare. L’Ungheria è stata la prima nazione a ratificare il Trattato, il 20 dicembre 2007, a soli sette giorni dalla firma dello stesso, mentre l’ultima è stata la Repubblica Ceca il 3 novembre 2009. La Carta dei diritti fondamentali diviene poi legalmente vincolante e ha lo stesso valore giuridico dei trattati, anche se il testo della Carta non sarà incluso in questi ultimi. Il nuovo trattato rafforzerà sensibilmente la capacità d’azione dell’Unione europea aumentando l’efficienza e l’efficacia delle istituzioni e dei meccanismi decisionali.
Il Trattato di riforma modifica:
– sia il Trattato sull’UE di Maastricht del 1992, costituito dai tre pilastri: le Comunità europee, la politica estera e la sicurezza comune, la cooperazione giudiziaria in materia penale.
– sia il Trattato istitutivo della Comunità europea di Roma del 1957 di politica estera e di sicurezza comune, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale (GAI).
Il primo continuerà a mantenere la vigente denominazione, mentre il secondo è denominato Trattato sul funzionamento dell’Unione, in considerazione della personalità giuridica unica dell’Unione (TFUE). Conseguentemente il termine “Comunità” è sostituito ovunque dal termine “Unione”; viene stabilito che i due Trattati costituiscono i trattati su cui è fondata l’Unione e che l’Unione sostituisce e succede alla Comunità.
Secondo le aspettative delle istituzioni comunitarie, il processo di ratifica avrebbe dovuto concludersi entro la fine del l’anno (2007) e quindi il Trattato avrebbe potuto entrare in vigore il 1° gennaio 2009, in tempo per disciplinare lo svolgimento delle prossime elezioni europee del giugno 2009. Ma la bocciatura del Trattato nel referendum popolare in Irlanda del 13 giugno 2008 arrivò come una doccia fredda sulle aspirazioni comunitarie: il Senato ceco e il Presidente della Polonia Kaczynski sospesero la procedura di ratifica, in attesa dell’esito della vicenda irlandese. Dopo alcuni mesi di incertezza, il Consiglio europeo l’11-12 dicembre 2008, decise di fare ricorso alla procedura che si era rivelata vincente nel 2001 dopo la bocciatura del Trattato di Nizza (sempre mediante un referendum dell’Irlanda), indicendo un secondo referendum, da svolgersi in Irlanda prima dell’entrata in funzione della nuova Commissione europea.
Sull’altare dell’intesa, il Consiglio accettò di pagare prezzi non indifferenti, accettando la richiesta di “garanzie giuridiche intese a rispondere alle preoccupazioni della popolazione irlandese”: la rinuncia a ridurre la pletorica composizione della Commissione, mantenendo un commissario per ogni stato membro; la salvaguardia della sovranità irlandese nel campo della fiscalità; la salvaguardia della tradizionale neutralità della nazione irlandese, la non ingerenza nelle materie del diritto alla vita, dell’educazione e della famiglia.
Un confronto tra il Trattato costituzionale e il Trattato di riforma rivela modifiche significative ma, nel complesso, abbastanza contenute. Si possono schematicamente distinguere le posizioni adottate in relazione:
ai principi democratici e fondatori:
– attribuzione di una personalità giuridica unica dell’EU e superamento dei tre “pilastri” che comporta una sostanziale armonizzazione delle procedure e degli atti giuridici dell’Unione, mantenendo tuttavia specifiche procedure nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune;
– la Carta dei diritti fondamentali, contenente i diritti civili, politici, economici e sociali riconosciuti ai cittadini europei, assume lo stesso valore giuridico vincolante dei trattati, senza tuttavia una sua formale inclusione nel testo;
– definizione dei fondamenti democratici, quali l’eguaglianza democratica, la democrazia partecipativa. In tale contesto, viene previsto il diritto di iniziativa popolare, che consente ad un milione di cittadini europei (su una popolazione comunitaria di circa 500 milioni di abitanti) di chiedere alla Commissione di presentare una proposta legislativa; l’Unione fonda il proprio funzionamento sul principio della democrazia rappresentativa, in quanto risultato di un processo di doppia legittimazione che vede, per un verso, gli Stati rappresentati nel Consiglio dai rispettivi governi e nel Consiglio europeo dai rispettivi capi di stato o di governo e, per l’altro, i cittadini nel Parlamento europeo;
– rafforzamento dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, mediante un meccanismo di controllo dei parlamenti nazionali sui progetti legislativi; tra le loro nuove prerogative vi sono anche la partecipazione alle procedure di revisione dei Trattati e il poter di veto assoluto nei confronti di una revisione semplificata;
– ripartizione più chiara delle competenze fra l’Unione e gli Stati membri, fondata sul principio di attribuzione, secondo il quale qualsiasi competenza non conferita esplicitamente all’Unione appartiene agli Stati.
Si distinguono due categorie di competenze:
a) le esclusive: politica monetaria, conservazione delle risorse biologiche del mare, politica commerciale comune, per le quali solo l’Unione può legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti;
b) le concorrenti: settore della politica sociale, del mercato interno, dell’agricoltura e della pesca, dell’ambiente protezione dei consumatori, dei trasporti, dell’energia, dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, per le quali sia l’Unione e gli Stati possono legiferare. Viene altresì riconosciuta la dimensione regionale e locale della sussidiarietà.
– introduzione di una clausola di recesso volontario dall’Unione;
In base a tale disposizione è previsto per la prima volta, in modo espresso, il diritto di ogni Stato di uscire dalla UE (art. 50). La procedura di recesso impone allo Stato che vuole abbandonare l’Unione Europea, di comunicare la scelta al Consiglio UE. A questo punto si apre un negoziato tra Unione e Stato membro, che si conclude con un accordo che fissa le modalità del recesso, con una delibera adottata a maggioranza dal Consiglio e approvata dall’Euro-Parlamento. Sono ammessi ripensamenti. In tal caso lo Stato dovrà sottoporsi di nuovo alle ordinarie procedure di adesione.
all’apparato istituzionale:
– ridefinizione della composizione del Parlamento europeo (751 membri, 6 membri al minimo per ogni Stato membro);
– istituzionalizzazione del Consiglio europeo, soggetto al controllo della Corte di giustizia, e della carica di Presidente del Consiglio europeo (non più a rotazione ogni sei mesi fra gli stati membri, ma eletto dagli stessi per un mandato di due anni e mezzo), con funzioni di coordinamento dei lavori dell’Unione e di rappresentanza della politica estera e di sicurezza comune, fatte salve le attribuzioni dell’Alto rappresentante dell’Unione; del Consiglio dei ministri, della Banca centrale europea e della Corte dei Conti;
– riorganizzazione della composizione della Commissione e rafforzamento del ruolo del Presidente: tra la data di entrata in vigore del trattato di riforma e il 31 ottobre 2014, la Commissione sarà costituita da un cittadino per Stato membro, compresi il Presidente e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, che ricoprirà la carica di vice-Presidente, dal 1° novembre 2014, il numero dei commissari sarà ridotto e dovrà corrispondere ai due terzi degli Stati membri, (a meno che il Consiglio non decida diversamente.), scelti secondo regole che assicurino che sia rappresentata in modo soddisfacente la molteplicità demografica e geografica degli stessi;
– istituzione di un Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza comune, che raggruppa le funzioni dell’Alto rappresentante della PESC e del Commissario europeo alle Relazioni Esterne. Sarà il Presidente del Consiglio dei Ministri degli Esteri e vice- Presidente della Commissione.
L’alto rappresentante sarà nominato dal Consiglio europeo con l’accordo del Presidente della Commissione. Ad esso spetta l’ incarico di dirigere un nuovo Servizio europeo per l’azione esterna, costituito da funzionari provenienti da servizi competenti del segretariato generale del Consiglio dei ministri e della Commissione e da personale distaccato di servizi diplomatici nazionali.
alle procedure decisionali:
– estensione della procedura di codecisione a numerosi settori, tra cui il Parlamento che si trova così ad operare in condizioni di parità con il Consiglio in gran parte dell’attività legislativa, in settori chiave quali la politica di libertà, sicurezza e giustizia. La codecisione diviene la procedura legislativa ordinaria. Di particolare importanza è l’estensione della codecisione ai settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti e dei fondi strutturali, oltre all’attuale "terzo pilastro" di giustizia e affari interni nel suo insieme;
– estensione della maggioranza qualificata ad oltre quaranta materie;
– predisposizione del meccanismo di votazione a doppia maggioranza, così come enucleato nel testo del Trattato costituzionale ( le decisioni dovranno essere approvate almeno dal 55% degli Stati membri, rappresentanti il 65% della popolazione, ma per impedire che gli Stati con maggiore popolazione possano bloccare una decisione, la minoranza deve comprendere almeno quattro Stati), a partire dal 1° novembre 2014. Fino a tale data l’applicazione dell’attuale sistema di voto a maggioranza qualificata secondo art. 205, paragrafo 2 dell’attuale TCE (voto ponderato).
Le aree più sensibili rimangono soggette all’ unanimità: sistema tributario, sicurezza sociale, diritti dei cittadini, lingue, sedi delle istituzioni e le linee principali delle politiche comuni di difesa, sicurezza e di politica estera. In alcune di queste aree, quali ad esempio le misure antidiscriminatorie, il Parlamento esercita il diritto di approvazione, mentre per altre, come le tasse ecologiche, vengono introdotte passerelle specifiche alla procedura legislativa ordinaria;
– possibilità di applicazione del “compromesso di Ionnina” fino al 31 marzo 2017, per il quale, se un numero di componenti del Consiglio, pari almeno al 75 % degli Stati membri o rappresentanti almeno il 75 % della popolazione, manifesti l’intenzione di opporsi all’adozione di un atto a maggioranza qualificata, il consiglio continuerà a discutere l’argomento onde pervenire in tempi ragionevoli ad ampio accordo;
alle politiche:
– modificazioni sostanziali nel settore della Giustizia e degli affari interni, per cui la Corte di Giustizia assumerà la denominazione di “Corte di giustizia per l’UE”con una competenza più ampia rispetto a quella attuale, ovvero alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e civile, e di immigrazione senza i limiti previsti rispettivamente dall’art 35 TCE e dall’ art .68 TCE. Questo cambiamento introdurrà un controllo giurisdizionale in tutti i settori della legislazione, come in ogni società democratica. Non si estende però alla PESC salvo che per controllare la legittimità di decisioni restrittive nei confronti di persone fisiche e giuridiche: Il Regno Unito, l’Irlanda e la Danimarca hanno scelto di non partecipare all’intero titolo Giustizia, libertà e sicurezza e quindi alla cooperazione di polizia e giudiziaria, in questioni di immigrazione e sistema giudiziario civile,(in tal proposito, sembra che la Danimarca si proponga di emendare la sua Costituzione);
– previsione di nuove politiche, concernenti la lotta all’inquinamento, ai cambiamenti climatici e la solidarietà in capo energetico fra i vari Stati membri.
– adozione, con procedura legislativa speciale, di direttive che stabiliscono misure di coordinamento e cooperazione per la tutela diplomatica e consolare.
Il delicato compromesso raggiunto consente infine il mantenimento sotto il profilo sostanziale di ampia parte delle riforme istituzionali della Costituzione europea, pur depurandola di ogni espressione costituzionale sotto il profilo formale (il mandato, per la precisione, non utilizza mai i termini “leggi” e “leggi-quadro” contenuti nella Costituzione ma mantiene i termini “regolamenti”, "direttive”, "decisioni” e non fa mai riferimento ai simboli dell’Unione, quali la bandiera, l’inno, il motto).
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– "Politiche comunitarie: La strategia di Lisbona". DIPARTIMENTO POLITICHE COMUNITARIE PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
– SENATO DELLA REPUBBLICA – SERVIZIO AFFARI EUROPEI ED INTERNAZIONALI – I Parlamenti nazionali nel Trattato di Lisbona Dossier normativi (DN) n. 42, 17 dicembre 2009