Le Regionali in Francia potrebbero essere una brutta sorpresa per Sarkò
12 Marzo 2010
“Scrutinio regionale, conseguenze regionali!”. Punto e a capo. Questo in sintesi il punto di vista di Sarkozy alla vigilia del voto regionale del 14 e 21 marzo prossimi. In realtà il presidente è ben consapevole delle insidie celate nella tornata elettorale. In termini assoluti le elezioni regionali sono senza dubbio scarsamente considerate dai francesi.
La dimensione locale è rappresentata, nella tradizione politico-amministrativa transalpina, dai comuni e dai dipartimenti, le regioni sono un’invenzione piuttosto recente (il primo voto risale al 1986) e per nulla metabolizzata dalla cittadinanza. Basti pensare che il 65% dei francesi dichiara di non conoscere il nome del presidente della sua regione. Ecco allora che il livello record di astensione delle elezioni europee di giugno scorso (59%) rischia di essere replicato domenica 14, in occasione del primo turno.
Eppure, nonostante lo scrutinio regionale possa essere ascritto alla categoria di “elezione di second’ordine” e nonostante l’attesa astensione, il 22 marzo, dopo il secondo turno, potrebbero giungere alcune interessanti indicazioni per il prossimo futuro.
Primo dato da non trascurare: il voto regionale è l’ultimo prima delle presidenziali del 2012. Anche se si tratta di uno scrutinio locale, anche se sarà dominato dall’astensione, l’esito finale rimarrà impresso per molti mesi nell’opinione pubblica e soprattutto non potrà essere cancellato da altre tornate elettorali.
Secondo dato da rilevare. Il 60% dei francesi che intendono presentarsi alle urne domenica ha ammesso di farlo in base a problemi locali. Il voto seguirà dunque questa logica, ma la “dimensione nazionale” dominerà, perlomeno nell’interpretazione dei risultati. Come la politologia insegna questo tipo di elezioni solitamente penalizzano le forze politiche al potere, sia in termini di astensione del suo elettorato, sia per ciò che riguarda l’esercizio del “voto sanzione”.
Ecco allora che la doppia dimensione nazionale/locale deve essere bene interpretata. Da un punto di vista generale, guardando alle passate tornate regionali dal 1986 al 2004, pare confermata la dinamica di sanzione del partito alla guida del Paese. Nel 1986 e nel 1992 (epoca mitterrandiana) la destra vinse in 20 regioni su 22, nel 1998 iniziò l’inversione di tendenza (da non dimenticare che si era in piena coabitazione) e nel 2004 si è avuta la “valanga rosa”, con l’Ump vittorioso soltanto in Alsazia e Corsica. In questa campagna elettorale il Ps ha cercato di mantenersi in equilibrio tra dimensione locale e nazionale. Cioè ha presentato il bilancio del lavoro svolto dai suoi venti presidenti come biglietto da visita per la riconferma, legando però questi buoni successi locali alla dinamica del voto sanzione nei confronti dell’inquilino dell’Eliseo. Questa compenetrazione delle due dimensioni funzionerà?
Martine Aubry, da poco più di un anno installata a rue Solferino, è consapevole di correre un grave rischio. Da un lato è obbligata a valorizzare la dimensione locale del suo partito, ma dall’altro è ben consapevole dei rischi insiti nel rinchiudersi nella ristretta dimensione del socialismo come “contro-potere locale”. Il partito socialista non vince un’elezione nazionale dalle legislative del 1997 e soprattutto una presidenziale dal lontano 1988. Il partito ha buoni amministratori locali, ma la maggioranza dei francesi sembra non considerarlo idoneo alla guida del Paese. A questo punto anche una larga vittoria come quella preventivata (le liste socialiste sono accreditate al primo turno del 30% delle intenzioni di voto, ma l’intero fronte di sinistra supera il 50% al secondo turno), probabilmente avrà poco da dire sulla credibilità governativa futura del Ps a livello nazionale.
Se il Ps destinato a vincere non è allegro, l’aria che si respira nell’Ump non è certo migliore. Da un lato è in discussione il Presidente, costantemente sotto al 40% nel livello di gradimento e superato di oltre dieci punti dal suo Primo ministro Fillon (vero astro nascente del centro-destra). Del Presidente è criticata sempre più la sua strategia di “ouverture”, che ha raggiunto livelli impensabili anche per i fedelissimi, con la nomina dell’ex delfino di Fabius Didier Migaud alla testa della Corte dei conti e quella del socialista Michele Charasse alla presidenza della Commissione finanza dell’Assemblea nazionale. In sostanza le due istituzioni che controllano i conti dello Stato sono in mano a personalità chiaramente di sinistra. Nonostante le critiche e i malumori interni sempre meno celati, Sarkozy ha ribadito la sua intenzione di voler utilizzare le “eccellenze” del Paese e di tentare di abbassare il livello dello scontro politico-ideologico, due fattori determinanti per riuscire a proseguire nel suo percorso di riforme (la prossima quella pensionistica) anche con livelli così bassi di sostegno da parte della popolazione.
Ma ad essere sul banco degli imputati non è soltanto la strategia di “apertura”, lo è altrettanto la scelta di fare dell’Ump l’unico partito della destra francese. La strategia tesa a “fagocitare” tutte le forze minori, in particolare centriste, nello spazio della maggioranza presidenziale ha dato ottimi risultati alle presidenziali del 2007, ma già dalle successive elezioni legislative e più clamorosamente alle amministrative, ha mostrato quanto sia rischiosa, poiché al secondo turno l’Ump si presenta praticamente sempre senza nessuna riserva di voti e con scarsa possibilità di coalizzarsi.
Proprio la dimensione più propriamente elettorale chiama in causa il terzo elemento importante delle prossime regionali. Al di là dei due partiti maggiori, interessante sarà per motivi differenti osservare i risultati di Europe Ecologie e del Front national, oltre che verificare la sopravvivenza o meno del Modem di Bayrou e dei partiti della sinistra estrema. Il partito di Le Pen, in costante calo dopo l’exploit delle presidenziali del 2002, potrebbe forse per l’ultima volta giocare brutti scherzi alla destra post-gollista. Laddove infatti dovesse superare il primo turno (10% dei voti per ripresentarsi da solo, 5% per potersi coalizzare) si riproporrebbero quei “triangolari” (Ump-Ps-Fn) vero incubo per il partito del Presidente. Per quanto riguarda Europe Ecologie (accreditata del 14%) si tratta del banco di prova del consolidamento. Sarà la nuova terza forza accanto a Ump e Ps? E soprattutto quale sarà la strategia di alleanza con il Ps?
Il Modem di Bayrou quasi certamente confermerà il suo scarso radicamento locale, ma una nuova sconfitta di uno dei protagonisti delle presidenziali del 2007, unita alle continue emorragie di eletti (soprattutto verso l’Ump) potrebbero rimettere in discussione la leadership di un partito che non si è mostrato in grado, ad oggi, di superare la mera dimensione di personalizzazione. Infine è in arrivo una resa dei conti all’interno della sinistra estrema, con la stella di Besancenot in costante declino e l’ascesa del Front de gauche, che riunisce transfughi del Ps e del vecchio Pcf.
Un quarto ed importante punto riguarda ancora il Ps, ma in particolare la rediviva Ségolène Royal. La sua rielezione in Poitou-Charentes è praticamente certa. L’ex candidata socialista alle presidenziali del 2007 ha fatto grande attenzione a mantenere un profilo locale e di prossimità nella sua campagna elettorale, ma ha anche mandato importanti segnali nazionali riempiendo la sua lista di centristi e verdi. Se i sondaggi non saranno smentiti, il 21 marzo sarà la data della prima vittoria elettorale del segretario Aubry, ma quasi certamente segnerà anche l’inizio di quella “guerre des ego” che lacererà i socialisti fino alle primarie per le presidenziali del 2012. Ma non dormirà sonni tranquilli di certo Sarkozy, che ha promesso nessun reimpasto di governo e nessun dibattito su un eventuale secondo suo mandato presidenziale, discorso da affrontare a fine 2011. Insomma, elezioni regionali con ricadute solo regionali?