Le scelte economiche di Hollande potrebbero favorire la crescita dell’Ue

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Le scelte economiche di Hollande potrebbero favorire la crescita dell’Ue

Le scelte economiche di Hollande potrebbero favorire la crescita dell’Ue

08 Maggio 2012

La vittoria di Hollande in Francia non comporta una modifica nella struttura del patto fiscale racchiuso nel cosidetto fiscal compact, che è stato sottoposto alla approvazione degli stati membri dell’Unione europea, con particolare riguardo a quelli dell’euro zona. Infatti rimetterlo in discussione non conviene a nessuno, tanto meno alla Francia, che ha ora un presidente duttile, non abituato ad atti plateali di forza. Ma certamente servirà a dar luogo a una politica di interesse comune, onde controbilanciare gli effetti recessivi che la sua applicazione può generare. 

Angela Merkel indirettamente manda questo messaggio al nuovo presidente della Repubblica francese, offrendogli la propria ampia collaborazione, nel quadro del fiscal compact. Da un lato cioè lo avverte che non è disposta a rimetterlo in discussione. Dall’altro lato, è aperta ad ascoltarne le proposte, che non toccano il patto. Ma, in effetti, i margini per una linea diversa sono molto ristretti e molto rischiosi, perché la Francia rischia di perdere la tripla A. E il fatto che essa la mantenga è molto importante per mantenere elevate le capacità di finanziamento del MES, la European Stability Measure, il nuovo strumento (“misura”) europeo di stabilizzazione finanziaria, che dovrebbe sostituire l’attuale Fondo europeo di stabilizzazione finanziaria (FESF), con strutture più agili e capacità operative maggiori.

Ed è proprio su questo scacchiere che Hollande può avere uno spazio di manovra importante, soprattutto se avrà l’appoggio dell’Italia e della Spagna, nell’ambito dell’adesione al fiscal compact. Infatti per ora il MES ha solo compiti di aiuto agli stati membri, con difficoltà per i loro debiti pubblici, per altro, senza bisogno di tutte le autorizzazioni preventive a cui deve sostare il FESF. Ma anche dalle dichiarazioni a favore di una politica della crescita da parte dell’Unione Europea da parte del governatore della BCE, Mario Draghi, dopo l’ultima riunione del suo direttorio (che si è tenuta a Barcellona, fatto non privo di significato), si desume che uno dei possibili strumenti che l’Unione Europea potrebbe adottare per finanziare politiche di investimento per progetti di interesse europeo, in funzione anti recessiva è appunto l’attribuzione al MES di questo nuovo compito, a fianco di quello di acquisto di debiti pubblici per sovvenire alle difficoltà degli stati che hanno spread troppo elevati.

Un passo ulteriore, ancora più ambizioso può essere quello di dare al MES la natura di soggetto bancario, consentendogli – così – di potere attingere a finanziamenti da parte della BCE. E’ molto difficile che tale possibilità venga accordata al MES per interventi di acquisto del debito di stati membri, anche se limitati al mercato secondario e quindi non riferiti alle nuove emissioni, perché ciò equivarrebbe ad acquisti di tali titoli da parte della BCE . E’ vero che essa, sulla base dei suoi compiti di stabilizzazione finanziaria previsti dal suo statuto può effettuare acquisti di titoli del debito pubblico degli stati membri dell’euro zona su mercato secondario. Ed in effetto lo ha fatto l’anno scorso sino al terzo trimestre in misura molto consistente. Ma una cosa è la sua azione deliberata in questa direzione, sulla base della approvazione del suo direttorio, un’altra cosa è la delega di tale politica a un fondo-banca degli stati membri, sotto il controllo della Commissione e del Consiglio europeo di Bruxelles, alimentato, per questo scopo, con i mezzi della Bce, che in tal modo abdica a una parte dei suoi compiti  di banca centrale autonoma dai governi, affidandoli al governo europeo.  

Un tale passo forse la BCE lo potrebbe compiere in una situazione di drammatica emergenza, per contrastare una crisi sistemica dell’euro, mediante una molteplicità di strumenti. Ma questa non è una questione all’ordine del giorno. Ben differente è il fatto che il MES, trasformato in banca, per la sua sezione di investimenti nell’economia comunitaria, chieda un finanziamento alla BCE, per destinare i fondi a iniziative infrastrutturali di interesse europeo, dotate di rendimento economico di mercato, oltreché di vantaggi collettivi come strumento politica anti recessiva. Una funzione tipica delle banche di finanziamento delle opere pubbliche. Mi sono soffermato su questo tema, che non è l’unico di una architettura finanziaria europea orientata alla crescita, perché mi premeva illustrare le prospettive che si possono aprire ad Hollande, ma sopratutto al nostro governo, in relazione alla svolta, che si rende necessaria nell’Unione europea, per la quale esistono due vie alternative, quella che io ho cercato di tratteggiare soffermandomi sul MES e quella del rilassamento delle politiche di riduzione del deficit di bilancio, sulla base di dottrine Keynesiane pseudo sociali, che non si curano del fardello dei debiti presenti sul destino delle giovani generazioni. Quale sarà la scelta di Hollande? Ancora non lo sappiamo. Quel che è certo  è che non esistono scorciatoie.