L’Ecuador di Correa è sempre più simile al Venezuela di Chavez

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L’Ecuador di Correa è sempre più simile al Venezuela di Chavez

22 Ottobre 2011

Data la vicinanza territoriale e ‘sentimentale’ dell’Ecuador alla “repubblica federale e democratica” del Venezuela non ha sorpreso più di tanto che la politica estera ecuadoriana risentisse così tanto di quell’applicata dall’ingombrante leader venezuelano Hugo Chavez.

Il contesto internazionale condiziona e influenza sempre la politica interna di un paese, e questo è plateale anche in Ecuador, ove ciò accade realmente dall’inizio dell’ultimo mandato presidenziale, ovvero da quando governa il leader socialista Rafael Correa. Il presidente ecuadoriano – il quale è anche capo dell’esecutivo ecuadoriano – ha stravolto la politica estera del paese rispetto ai suoi predecessori, questo nei confronti dell’Occidente ma soprattutto verso gli Stati Uniti D’America.

Per quel che riguarda la politica economica, sono state numerose le occasioni in cui la scelte assunea dal governo Correa ha fatto registrato momenti di alta tensione con gli Stati Uniti: si pensi alla volontà più volte annunciata di non rinnovare all’America la concessione della base aerea “Eloy Alfaro” a Mantra, oppure –  come l’accaduto del 2009 – l’aver ordinato l’espulsione di alcuni membri della rappresentanza diplomatica statunitense, in seguito a controversie connesse con il diritto di veto esercitato dagli Stati Uniti sulle nomine della polizia anti-contrabbando.

Comportamenti, scelte e posture diplomatiche figlie dell’emulazione tratta dal cattivo allievo della regione: Hugo Chavez. Correa porta avanti, non senza destare preoccupazione, un accentramento del potere politico, imponendo una visione quasi ‘assolutista’ dello stato di diritto in Ecuador e, ovviamente, non concedendo molta possibilità di replica e d’obiezione all’opposizione politica.

Da ‘buon’ aspirante dittatore, Rafael Correa porta avanti un’azione intimidatoria e coercitiva nei confronti dei media e della stampa nazionale, definendola ‘incompetente’ e ‘bugiarda’, non perdendo occasione di denunciare la corruzione dilagante all’interno di quest’ultima e il suo controllo da parte di lobby economiche-finanziarie, corresponsabili della crisi economica del 1999.

Abbracciando in toto il compagno venezuelano, il presidente Correa ha iniziato a instaurare rapporti molto solidi, e basati su termini economici, con l’Iran e la Cina, notoriamente due dittature.

In particolare, nel caso dell’Iran, il leader socialista ecuadoriano ha coltivato un’alleanza profonda che ha permesso al governo iraniano d’evitare le pesanti sanzioni inflittegli dall’Onu per il suo programma nucleare,un escamotage che ha permesso d’ottenere un prestito da Teheran pari a 100 milioni di dollari.

Già nel 2008 il presidente Rafael Correa aveva firmato una trentina di accordi con l’Iran, direttamente con Mahmoud Ahmadinejad, su petrolio, energia, sfruttamento minerario.

Il contenuto degli accordi sottoscritti dal presidente dell’Assemblea Nacional (il Parlamento ecuadoriano), Fernando Cordero, non è stato reso noto, ma l’elemento centrale è l’asse politico che si sta creando tra i due Paesi e che genera diffidenza in Occidente, soprattutto negli Stati Uniti e in Israele, che fino a pochi anni fa era uno dei principali rifornitori militari dell’Ecuador.

L’amministrazione Clinton, allora, considerava l’Ecuador una nazione filoamericana che, se ben armata, poteva contribuire alla stabilità della regione. Con la presidenza Correa, inevitabilmente il governo statunitense ha dovuto rivedere i propri progetti sulle speranze del paese centro-americano.