L’egemonia russa nel Caucaso non è una sconfitta per la Nato
23 Maggio 2008
La ferma opposizione della Russia all’espansione della Nato in Georgia e Ucraina non rappresenta una sconfitta per l’Occidente. Soltanto su una vecchia cartina europea la Russia figura ancora emarginata agli estremi confini orientali. Oggi questa visione è superata da una complessa prospettiva globale, dove Mosca si inserisce in un sistema anti-islamista che si sviluppa dagli Usa alla Russia passando per l’Europa.
L’Occidente arriva già a Mosca. E’ in quest’angolatura che la Russia erige una diga essenziale per bloccare l’avanzata islamica nel Caucaso e presidiare i confini orientali dell’Occidente. L’islamismo radicale è una forza centrifuga che travolge l’Occidente quanto l’Oriente. Il Caucaso è diventato il ventre molle del fronte anti-jihadista. Perciò la posizione della diga russa acquista un valore insostituibile. La Nato in Georgia avrebbe costituito il punto più avanzato dell’espansione occidentale – ma questa meta sarebbe diventata al tempo stesso la frontiera più esposta all’instabilità. Per formare un fronte più compatto, sostituendo l’egemonia russa con quella atlantica, servirebbero decenni di riforme interne e integrazione internazionale. Ma la minaccia jihadista è una susseguirsi di attacchi sul breve periodo. La guerra santa non aspetta a colpire. Ecco perché oggi solo una Russia ancora egemonica nel Caucaso può neutralizzare questa minaccia.
Le repubbliche caucasiche della Federazione Russa sono un ottimo brodo di coltura per il radicalismo islamico. Dalla Cecenia pacificata, i gruppi del radicalismo islamico sono migrati nel Dagestan e nell’Inguscezia, impiantando l’estremismo wahhabita. E’ qui che l’influenza dell’Iran in corsa per il nucleare esercita il suo magnetismo sulle instabili leadership locali – dove il revival dell’islamismo caucasico fa proselitismo nelle moltitudine di nuove moschee e madrasse. La Russia è il nemico contro cui i militanti puntano le loro armi per fondare nel Caucaso un emirato islamico come fu l’Afghanistan dei talebani. Nel solo Dagestan, membro della Federazione Russa, il più antico paese musulmano del Caucaso, sorgono duemilacinquecento moschee per due milioni e mezzo di abitanti. D’altronde la posizione della Russia si è indebolita, perché non può più ricorrere all’antica strategia della russificazione coercitiva e delle deportazioni di massa. Ma può ancora mantenere l’ordine pubblico, sorvegliare l’islamismo ed impedirne l’ascesa al potere.
Rispettare la sfera d’influenza caucasica ed est-europea di Mosca è il tributo che gli Usa e la Nato devono versare per mantenere una Russia capace di respingere l’ondata islamista. L’èlite al potere di Mosca sembra aver accettato questa negoziazione capitalizzando il suo ruolo vitale in chiave anti-islamista e adesso batte cassa sulla Georgia – senza però scatenare un duello con gli Usa. Il punto di massima tensione in Georgia è la parte della repubblica separatista dell’Abkhazia a maggioranza russa. L’Abkhazia indipendente è il segnale che Mosca sta flettendo la muscolatura per dimostrare la sua forza egemonica, salvaguardare il suo dominio riservato nel Caucaso e restare il guardiano dei confini più orientali dell’Occidente. Per i combattenti del jihad il nemico russo equivale al nemico americano. La lotta al terrorismo islamico è l’equazione fondamentale che colloca anche la Russia nell’Occidente.