Legge Biagi, la sinistra combatte il precariato con l’aspirina

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Legge Biagi, la sinistra combatte il precariato con l’aspirina

21 Giugno 2007

“Mi auguro che chi oggi manifesta il suo dissenso poi non dia il via libera allo stravolgimento della Legge Biagi. Se anche le categorie produttive saranno contrarie diventerà difficile incidere radicalmente sulla legge, come purtroppo vuol fare questo Governo”. L’ex sottosegretario del Welfare  Maurizio Sacconi non fatica a prendere in esame ognuno dei punti nell’agenda fissata dal Governo, che sarà alla base del confronto tra Governo e  sindacati.

Un’agenda ricca di modifiche, a partire da quelle relative al lavoro a chiamata o “job on call”: quel tipo di lavoro che dura il tempo di una giornata. La hostess che partecipa a un congresso per esempio, la promoter che diffonde un nuovo prodotto in un supermercato  oppure  il cameriere chiamato a servire ai tavoli di un matrimonio. Lavori occasionali che prima della Legge Biagi non erano soggetti ad alcuna regolamentazione, e che ora il Governo Prodi vorrebbe cancellare nonostante l’esercito di giovani (gli universitari per esempio) che ben volentieri ricorrono alla “chiamata” in attesa di una sistemazione più stabile. Un clamoroso passo indietro quello che si intende fare sul job on call, tuonano dalle fila dell’Opposizione, convinti che  così facendo si toglierebbe di mezzo, come dice Sacconi “uno strumento fondamentale per l’ispezione nei servizi”. Del resto, la domanda che ci si pone è se sia meglio tornare al far-west che caratterizzava questo tipo di lavoro – che peraltro è sempre esistito – prima della Legge 30.

Ed è solo il primo dei punti da “smantellare”. Perché all’Esecutivo non piace neppure il part-time, sistema che in Italia ancora fatica a mettere radici: “Noi abbiamo reso il lavoro a tempo parziale più appetibile per le imprese, loro vogliono irrigidirlo”, dice Sacconi, che attacca anche sul fronte dei contratti a termine (altro punto in agenda per i quali sono previste modifiche restrittive): “Vogliono agire sia sulle causali dei contratti a termine, sia sulla reiterabilità. Oggi ci sono delle regole, si tratterebbe semplicemente di monitorare al meglio ed eventualmente sanzionare”.

Anche sul fronte dell’apprendistato (tipo di contratto che permette all’impresa di risparmiare sia sui costi relativi all’inserimento di un nuovo dipendente sia per il mantenimento per tutta la durata del contratto), il Governo pensa a nuove modifiche.

Ci sono poi l’out-sourcing, la cui disciplina “è in fase di modifica  in un momento in cui sarebbe invece necessario  favorire la specializzazione delle funzioni nell’organizzazione dei cicli produttivi” e il cosiddetto staff leasing che prevede, come puntualizza Sacconi, l’assunzione a tempo indeterminato.  Sono infatti stranoti i benefici per il lavoratore in staff leasing (a cui la Biagi intendeva offrire più stabilità a chi lavora per esempio in una ditta di pulizie o nel facchinaggio per conto di una ditta appaltatrice) che come ha scritto appena pochi giorni fa Pietro Ichino in un lungo editoriale su Il Corriere della Sera, “gode di una stabilità persino superiore  rispetto a quella del rapporto di lavoro ordinario: è protetto contro il licenziamento non soltanto dall’articolo 18 dello Statuto , ma anche dal divieto di licenziamento collettivo”, quindi, si chiede Ichino, “che cosa c’entra l’abolizione dello staff leasing con la lotta al precariato?”.

Andrebbe chiesto al Governo.