Legge elettorale: il ritorno di Renzi & Verdini
17 Maggio 2017
di Carlo Mascio
Ormai è sempre più chiaro: la bocciatura da parte del Pd del testo base delle legge elettorale presentato dal relatore dimissionario Andrea Mazziotti di Celso, il cosiddetto “Italicum bis” che, in sostanza, mirava ad estendere anche al Senato la legge elettorale prevista per la Camera, è l’ulteriore conferma del fatto che Renzi intende arrivare a mettere il Parlamento di fronte ad un diktat: o approvate la proposta del Pd, oppure si va a votare con l’attuale legge, quella venuta fuori dal giudizio della Consulta.
E si, perché il Pd la sua proposta, l’ennesima per la verità, l’ha fatta: un sistema al 50% collegi e al 50% proporzionale, con soglia di sbarramento al 5%. In pratica, il “mattarellum corretto” come lo chiamano i renziani, per evitare di chiamarlo con il suo vero nome: “verdinellum” dato che il testo riprende una proposta presentata mesi fa dagli uomini di Denis Verdini. La mossa rivela come dietro la proposta di Renzi c’è ancora una volta proprio il vecchio Verdini. Tant’è che, se vista nel dettaglio, la legge prospetta un quadretto che rende conto della filosofia renzian-verdiniana il cui principale obiettivo è quello del rafforzamento di un sistema di potere.
Non a caso, il “verdinellum” permetterebbe in primo luogo all’ex premier di mettere fuori gioco dalemiani e bersaniani dato che, con una soglia di sbarramento del genere, avrebbero poche chances di ottenere seggi in Parlamento. Una vendetta niente male per il segretario Dem, dunque. Ma non è tutto. Contemplando i collegi e favorendo le alleanze, tale sistema consentirebbe a Renzi di completare l’isolamento degli scissionisti di Mpd, ripescando invece l’ alleanza con Pisapia. Il Verdinellum penalizza invece il centrodestra e in particolare Forza Italia, destinata a fare i conti con una Lega che si presenterà al tavolo delle trattative in posizione privilegiata in virtù del suo forte radicamento al Nord. Penalizzati anche i cinquestelle, che non fanno alleanze, e non possono contare su personalità forti a livello territoriale tali da trainare il voto all’interno dei singoli collegi.
Dunque, è questo lo scenario, costruito a sua misura, con il quale Renzi sogna di chiedere lo scioglimento delle camere a luglio e andare al voto anticipato il 10 ottobre. Obiettivo? Sempre lo stesso: evitare la legge di stabilità, che, conti alla mano, si preannuncia tutt’altro che espansiva e, soprattutto, mantenere intatto, o meglio costruire un sistema di potere che fa capo solo a lui, compreso naturalmente un gruppo parlamentare composto di fedelissimi. Tutto qui. È sempre la solita solfa: altro che interesse del Paese! E la riprova di ciò è il fatto che la legge elettorale così impostata dal Pd avrebbe come esito già scritto quello di riportarci all’attuale situazione, non favorendo né la rappresentanza né, soprattutto, la governabilità, cosa che costringerà i partiti a cercare alleanze in Parlamento per formare un governo.
Se quanto detto verrà confermato, viene da chiedersi: ma è proprio questa la via migliore per risolvere il rebus della legge elettorale nell’interesse del nostro paese?