Lettera al Cardinale Martini

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Lettera al Cardinale Martini

22 Gennaio 2007

Illustrissimo e Pregiatissimo
Cardinale Carlo Maria Martini
Vescovo emerito
Cardinale di Santa Romana Chiesa del titolo di Santa Cecilia
Arcivescovo di Milano 1980-2002

Chi Le scrive è un uomo che con Lei ha molti punti in contatto. Innanzitutto appartengo alla diocesi di cui Lei è stato ammirato pastore per ben ventidue anni raccogliendo lodi e consensi da parte dei milanesi tutti, nessuno escluso. La Sua possanza fisica e solennità d’atteggiamento erano direttamente proporzionate al rispetto che tutti noi avevamo per Lei. Io poi, oltre a portare con orgoglio proprio come Lei lo splendido nome che appartiene ad uno dei due Santi patroni della nostra diocesi, ho avuto a mezzo Suo anche un inestimabile dono: quello dello Spirito Santo. Sono passati ormai vent’anni, ma mi ricordo della mia cresimazione come fosse ieri. Infine, conservo con gelosia una foto (d’altri tempi…quando ancora si stampava “su carta Kodak”…) scattata durante una Sua visita pastorale alla mia parrocchia, con Lei ritto, serio e severo in tutta la Sua ieraticità, ed io al suo fianco minuscolo ed imbarazzato undicenne vestito da “lavoro”, cioè da chierichetto, come solevo fare ogni domenica alla messa delle dieci e trenta, la “vetrina” più ambita.
Come vede, ho validi motivi per portarLa nel mio cuore.
E’ altresì normale che, come in ogni relazione, ci siano stati anche dei momenti bui e non solo sfavillanti ricordi.

Nel 2000, ad esempio, Lei mi lasciò basito quando, a proposito di coppie gay, dichiarò che “l’autorità pubblica deve testimoniare una sensibilità solidaristica”. Non me ne curai più di tanto,in quanto ero certo che una simile dichiarazione fosse solo figlia di un più che cristiano amore per la più alta creatura di Dio: l’uomo; mettendo così in secondo piano la rigida freddezza dei punti 2357, 2358 e 2359 del catechismo della Chiesa Cattolica. D’altro canto, un saggio gesuita come Lei è normale che abbia metabolizzato gli insegnamenti di Teilhard de Chardin, conosciuto come “il gesuita maledetto” proprio per le sue posizioni così intrise di un umanesimo cristiano che antepone la centralità, la dignità e la libertà dell’uomo (sempre però alla luce della Divina Grazia e Misericordia che a tutto provvedono…) ai rigidi dogmi della Chiesa, stilati guardacaso da altri uomini parimenti perfettibili. 

Nell’aprile 2006 però ebbi un tuffo al cuore quando appresi della Sua intervista all’Espresso.
A ruota libera, Lei spaziò fra un
“sì al condom per combattere l’aids: i profilattici sono talvolta il male minore”
ed un
“in mancanza di una famiglia composta da un uomo ed una donna che abbiano saggezza e maturità, al limite anche i single potrebbero fornire garanzie essenziali. Non mi chiuderei perciò ad una sola possibilità, ma lascerei ai responsabili di verificare qual’è la migliore soluzione di fatto”
Da allora mi chiedo cosa può averLa portata a simili dichiarazioni, e non Le nascondo che se per l’affetto che come Le ho già descritto ho sempre nutrito per Lei, parteggiai per la Sua elezione al soglio Petrino, dopo quell’intervista e ad un anno dall’elezione del card. Ratzinger, ringraziai vivamente lo Spirito Santo di aver provveduto di testa Sua mediante soluzioni differenti.
Ora però non posso fare a meno di scriverLe direttamente, dopo il Suo intervento sull’eutanasia pubblicato da “il sole 24ore”. Mi permetta di confutare qualche passaggio e fare un po’ di chiarezza in punti che ne lamentano palesemente la carenza.
Lei esordisce lodando “con vergogna ed imbarazzo” medici ed infermieri che La assistono con amorevole cura.  Non si strugga, è in buona compagnia. Io ho avuto a casa un nonno ed una zia affetti dal morbo di parkinson, che non erano certo noti come lei, ma che sono stati comunque  trattati e curati al meglio dal servizio sanitario nazionale. Mio cognato è medico chirurgo, e  mi assicura che essere medico è una vocazione proprio come essere prete. Lei confesserebbe in due modi diversi me e Francesco Totti? Sono certo di no. Per lo stesso motivo un medico serio curerebbe allo stesso modo Lei e chiunque altro.
Sfruttando poi i ringraziamenti iniziali, Lei riesce ad infilare in successione due strumentali argomentazioni: la diffusa malasanità (attenzione però: ora al governo c’è l’Unione…) e la sanità privata che privilegerebbe gli interventi più remunerativi a quelli più urgenti e dalla quale i discriminati sarebbero i meno abbienti. Va bene, attendiamo i prevedibili “osanna” del centro sinistra (solo relativamente alla seconda parte, chiaramente) ed andiamo al punto: l’eutanasia.

Che significa “situazioni simili saranno sempre più frequenti e la Chiesa stessa dovrà darvi più attenta considerazione pastorale” ???

Gesù Cristo, in Matteo, 5 (il “discorso della montagna”) ci ha detto “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli”.
Allora che dobbiamo fare, Cardinale? Rispettare quanto insegnatoci da Gesù “finchè non siano passati il cielo e la terra” o adattare la legge della chiesa ai tempi? E se domani le coppie divorziate saranno più di quelle sposate, la Chiesa che dovrebbe fare, scoraggiare i giovani al matrimonio per stare attenta dal punto di vista pastorale a situazioni sempre più frequenti? E poi, proprio in un periodo storico in cui una secolarizzazione esasperata sta disgregando la Chiesa, Le sembra il caso di incoraggiare questo processo?

Poi, Lei definisce “termini confusi” eutanasia ed astensione dall’accanimento terapeutico. A tal proposito commette qualche furberia grammaticale.
La prima definendo l’eutanasia “gesto che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte”. Io su un normale vocabolario ho trovato “l’atto di provocare volontariamente la morte di un malato ritenuto incurabile”. Meno poetico, più pratico.
La seconda citando a conferma delle Sue tesi due passaggi del Catechismo della Chiesa Cattolica.
Mia nonna mi insegnava che “le donne dicono sempre il vero, ma mai per intero” Ma Lei è uomo, e dovrebbe astenersi da questa pratica! I tre malefici puntini di sospensione che innocentemente Lei appone tra una parola e l’altra, infatti tolgono una parte del testo fondamentale e non così facilmente delebile.
Le riporto, per correttezza e completezza, tutti i punti del Catechismo in cui la Chiesa esprime le sue posizioni nei confronti dell’eutanasia, evidenziando in grassetto solo i punti da Lei citati:

471. Quali procedure mediche sono consentite, quando la morte è considerata imminente?
Le cure che d’ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. Sono legittimi invece l’uso di analgesici, non finalizzati alla morte, e la rinuncia «all’accanimento terapeutico», cioè all’utilizzo di procedure mediche sproporzionate e senza ragionevole speranza di esito positivo.

2276 Coloro la cui vita è minorata o indebolita richiedono un rispetto particolare. Le persone ammalate o handicappate devono essere sostenute perché possano condurre un’esistenza per quanto possibile normale.

2277 Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l’eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile. Così un’azione oppure un’omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un’uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. L’errore di giudizio, nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest’atto omicida, sempre da condannare e da escludere.

2278 L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’« accanimento terapeutico ». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.

2279 Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d’ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L’uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate.

Beh, in mezzo a così tanti e tali concetti, non Le pare di aver citato proprio una minima parte di un discorso ben più articolato e complesso, e di aver tralasciato alcune altre parti davvero essenziali?

Infine, Lei pone come pietra di paragone il modello legislativo francese, seppur lasciandomi qualche dubbio con quel “mi dicono” che può far intravedere una conoscenza più per sentito dire che per reale cognizione. Non conosco la legge francese e perciò non mi addentro. Trovo strano però che da un paese da sempre ultra-laicista come la Francia possa venire un modello giuridico che preservi non solo il pluralismo della società (di questo posso esserne certo!) ma anche la promozione della vita umana nella sua integrità ed integralità come bene e diritto per tutti fondato sulla sua inviolabilità e sacralità, a partire dal suo concepimento-fecondazione fino alla sua morte naturale.

Carissimo Cardinale, Lei deve capire che nonostante l’esilio in Terra Santa, Le sue parole hanno un notevole peso. Come Lei certamente saprà, l’Italia è il bel paese dei due pesi e delle due misure. Se un altro porporato come Lei come Camillo Ruini dichiara il suo punto di vista (e quello della CEI) su eutanasia e pacs, gli esponenti della maggioranza di governo in tono denigratorio si precipitano ad affermare che “il comportamento di Ruini è inaccettabile: stabilisce l’agenda politica e parla da premier” (Daniele Capezzone – beh…che c’è di male? E’ il “premier” del vaticano e ne stabilisce l’agenda delle priorità!), o  che “si tratta di fatti esclusivamente privati: Ruini lasci decidere agli interessati” (Franco Grillini); mentre invece se è Lei a rilasciare dichiarazioni come quella al “Sole 24ore” di cui stiamo discutendo è tutto un fiorire di elogi. Cesare Salvi afferma di essere “in perfetto accordo con una fonte così alta del mondo religioso”,  Anna Finocchiaro ed Ignazio Marino cavalcano astutamente i Suoi tre famosi “puntini di sospensione” e dichiarano che “l’eutanasia, come ben spiegato dal presule milanese, consiste in una consapevole interruzione della vita. La rinuncia alle cure e all’accanimento terapeutico, è al contrario cosa assolutamente diversa che viene giustificata anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica, quando ogni intervento terapeutico si rivela inutile”

Capisce Eminenza come è facile crearsi degli spazi di intervento utili ai propri interessi politici, creandosi il paravento giustificativo di autorevoli voci come la Sua, e tirando addirittura in ballo un Catechismo che forse si conosce in minima parte, ma che sicuramente non è mai stato la guida di vita per coloro che lo citano con tanta soddisfazione ?
Per questo Le dico che andrebbero evitate dichiarazioni interpretabili, posizionate contemporaneamente su piani diversi, condite di qualche “se” e qualche “ma” di troppo.
Mi permetto di ricordarLe che dal 1952 lei porta sul petto l’immagine di un Uomo che disse:
“Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”. (Matteo 5,37).

Con immutata stima,
Carlo Meroni