Lettera aperta ai manifestanti di Piazza San Giovanni

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Lettera aperta ai manifestanti di Piazza San Giovanni

26 Giugno 2015

Cari amici,

 

sull’approvazione della legge sulla scuola sono state dette molte cose, alcune sensate, altre ingiustificate, altre ancora strumentali. Provo a fare chiarezza, perlomeno sulle mie scelte, di cui è giusto rendere conto.

 

1)    Il mio gruppo aveva preparato 4 emendamenti sul punto che riguardava le discriminazioni e la lotta alla violenza di genere, ma non è stato possibile discuterli e votarli perché il presidente del senato, Grasso, ha stabilito che il maxiemendamento non era a sua volta emendabile. La decisione del Presidente, una volta assunta, non si può scavalcare, come è noto.

 

2)    Non restava quindi che votare o non votare la fiducia. A parte il fatto che la fiducia è passata con uno scarto di una cinquantina di voti, dunque il voto di cinque o sei senatori non avrebbe fatto la differenza, non dare il voto di fiducia è, per un parlamentare, un gesto con un fortissimo significato politico, che ha comunque conseguenze pesanti sulla maggioranza. Se si vuole ritirare il voto di fiducia, bisogna almeno preparare il terreno, aprire una trattativa, e non mettere i propri alleati di fronte a un voto improvviso. In questo caso la trattativa poteva solo essere “extraparlamentare”, perché, grazie a Grasso, il testo del provvedimento non si poteva più modificare. Ed è quello che abbiamo fatto: abbiamo aperto una trattativa con la Giannini e la Boschi, che hanno dato risposte positive.

 

3)    Ma entriamo nel merito. Il termine genere, in italiano, non significa “gender”. La legge contro la violenza, a cui lo stesso emendamento fa riferimento, ha la parola genere nel titolo (“Prevenzione e contrasto alla violenza di genere” art.1 norme in materia di maltrattamenti violenza sessuale e atti persecutori), eppure quando è passata non ci sono stati movimenti di piazza, proteste accese o manifestazioni. L’emendamento ripete pedissequamente il titolo della legge e fa riferimento al piano antiviolenza (che andrebbe letto), ma non è una legittimazione del gender. Noi comunque lo volevamo riformulare per evitare ogni ambiguità, e perché è evidente che ormai tutto viene strumentalizzato, ma non si può affermare che questa norma introduca il gender nelle scuole.

 

4)     La diffusione di libretti, incontri, video, ecc sul gender avviene in mille modi DEL TUTTO INCONTROLLABILI SUL PIANO NORMATIVO. Avviene, per esempio, tramite incontri alle scuole materne con  specialisti della Asl che indottrinano le mamme sulle “disforie di genere”; avviene tramite letture assegnate direttamente agli alunni da un singolo insegnante; avviene attraverso le iniziative degli studenti, che organizzano incontri con le associazioni LGBT; avviene tramite Pon e Pof , con il cofinanziamento europeo, e così via. Nessuna legge può assicurare che queste iniziative non vadano avanti, anche perché spesso c’è l’Unione europea di mezzo.

 

5)    L’unico strumento reale per difendere i nostri figli è esigere che ci sia il consenso informato dei genitori, che garantisce la libertà educativa: in una parola, bisogna utilizzare il metodo usato per l’ora di religione, a cui si può decidere di non mandare i propri figli, con l’obbligo per la scuola di organizzare attività alternative. E’ per questo che ho presentato (dopo aver consultato le associazioni dei genitori) una proposta di legge apposita. Ed è questo che abbiamo chiesto alla Giannini.

 

6)    Aver voluto l’incontro con la Giannini, da parte dei senatori di Area popolare, non è stato un ripiego, ma una scelta. Non votare la fiducia non avrebbe avuto esiti concreti (la legge passava egualmente) e avrebbe avuto il solo risultato di indebolire la maggioranza. Noi abbiamo preteso un impegno preciso, e abbiamo chiesto anche che la circolare venga resa nota prima che la riforma sulla scuola ritorni alla Camera per il voto finale.

 

7)    E’ necessario chiarire anche un fondamentale punto politico: sostenere il governo Renzi (e prima ancora quello di Letta) è stata la nostra scelta, che abbiamo pagato separandoci da Forza Italia. Berlusconi, che aveva voluto entrare al governo, nel momento in cui è decaduto da senatore era deciso a far cadere Letta, tranne poi fare subito dopo l’accordo del Nazareno con Renzi. Abbiamo fatto bene, abbiamo fatto male? Qui le poltrone non c’entrano, e d’altra parte solo Alfano e Lorenzin sono ministri, su una sessantina di parlamentari: io, e tanti insieme a me, non hanno alcuna poltrona di governo, e dare per scontata la malafede dei parlamentari mi sembra assurdo e ingiusto. Le scelte in politica non sono sempre facili, e le responsabilità  vanno assunte e valutate non solo per l’immediato ma anche in prospettiva.

 

8)    Far cadere il governo è una responsabilità grave, che richiede di guardare alle conseguenze con serietà. E’ ovvio che per la Lega o Fratelli d’Italia attaccare l’Ncd e gridare al “poltronismo” è strumentale , ma che accadrebbe se Renzi cadesse? Soprattutto, cosa accadrebbe alle unioni civili, all’introduzione delle teorie del gender, all’omofobia, insomma, ai temi che oggi destano preoccupazione in tanti di noi? Le alternative sono due. La prima, si fa un altro governo. Si può fare spostato a sinistra o a destra, in questo caso sostituendo Ncd con Forza Italia, che non aspetta altro. In entrambi i casi sui temi antropologici, stante le nuove posizioni di Berlusconi, sarebbe un disastro: ricordiamo che l’emendamento al ddl scuola che allarma tanto è firmato da Pd e Forza Italia (Carfagna e Centemero). Se invece si andasse alle elezioni (e bisogna vedere con quale legge) avremmo una vittoria assai probabile del Pd (visto che a destra non c’è un’alleanza possibile e che la Lega fa la guerra a Ncd) e addirittura un possibile ballottaggio tra Pd e 5 stelle. Per i temi a noi cari, ancora una volta un disastro assicurato. E’ questo che vogliamo?