L’Europa riparte ma l’Italia di Prodi e D’Alema è in ultima fila
27 Luglio 2007
Il 23 luglio, ad un mese esatto
dal decisivo Consiglio europeo di Bruxelles, si è aperta la Conferenza
intergovernativa che dovrà fornire una veste formale al “Trattato modificativo”
dell’Unione europea, testo fin dal titolo meno ambizioso della “Costituzione”
firmata a Roma il 29 ottobre del 2004 e poi seppellita dal “no”
franco-olandese. Dal piano politico si è passati a quello giuridico ma,
nonostante il quasi totale silenzio dei media italiani, il passaggio è di
quelli storicamente rilevanti. La presidenza di turno portoghese desidera
chiudere rapidamente la partita, per presentare il testo completo al Consiglio
europeo informale già convocato per il 18-19 ottobre 2007. All’orizzonte, se si
eccettuano alcune intemperanze polacche sul sistema di voto, sembrano non
profilarsi nubi particolari, anche perché il mandato con il quale la Cig ha avviato i lavori è di
quelli blindati. I margini di intervento dei tecnici di Bruxelles sono davvero
limitati. Perché allora considerare fondamentale il lavoro della Conferenza
intergovernativa?
L’importanza è soprattutto di
natura simbolica. Finalmente infatti a metà ottobre dovrebbe chiudersi la lunga
partita relativa alle istituzioni europee che si trascina per lo meno dal 1992,
anno del varo del Trattato di Maastricht. Le profonde trasformazioni, in gran
parte legati ai successivi allargamenti, hanno imposto numerosi e laboriosi
aggiustamenti di natura istituzionale. Dopo un quindicennio è giunto il momento
di chiudere la parentesi e, come affermato da Sarkozy, fare in modo che l’Europa
“ricominci a fare politica”. Questo significa affrontare i grandi dossier di
interesse globale: quello energetico, quello della riforma del sistema di
welfare e dei servizi pubblici, quello relativo ai confini e alla politica di allargamento.
Proprio su quest’ultimo punto, il neo inquilino dell’Eliseo ha promesso per la
fine del semestre portoghese l’apertura di un tavolo di riflessione.
L’avversione francese nei confronti dell’ingresso della Turchia potrebbe far
pensare ad un discorso esclusivamente centrato sulla questione. In realtà, i dati
recentemente pubblicati dall’“Economist” mostrano il sostanziale fallimento
della politica di allargamento ad est, soprattutto se si prendono in
considerazione parametri di natura politico-economica. Se si eccettua la Slovenia, l’Europa è
profondamente spaccata in due tra una parte occidentale (per semplicità
assimilabile all’area euro) in grande ripresa, anche grazie alla ripartenza
della locomotiva tedesca, e una parte est che arranca dal punto di vista
economico e di conseguenza vede crescere le pulsioni antieuropee, unite ad una
sorta di malinconia per i bei tempi passati del dominio comunista. Un’importante
riflessione su questa Europa pericolosamente “a due velocità”, nella quale, secondo
uno studio dell’Università della California (Ucla), la Bulgaria impiegherà circa
100 anni per raggiungere gli standard attuali dell’area euro, appare
imprescindibile, indipendentemente dagli stantii discorsi su Turchia, Europa
cristiana o quant’altro.
La Conferenza intergovernativa
è un passaggio fondamentale anche da un secondo punto di vista. Se il
Portogallo riuscirà a condurla in porto senza passi falsi si avrà la conferma
definitiva di quanto il Consiglio di fine giugno sia stato in realtà un tornante
storico determinante nell’evoluzione del processo integrativo. A Bruxelles, sotto
la regia di Sarkozy, Blair e Merkel, si