L’Europa si sveglia e impone le sanzioni contro Assad

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L’Europa si sveglia e impone le sanzioni contro Assad

24 Maggio 2011

Lunedi 23 maggio si è tenuta a Bruxelles la riunione dei capi delle diplomazie dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea. Oggetto del dibattito: la situazione in Siria, Libia, Yemen e Medio Oriente.

La violenze di Damasco spingono l’UE a comminare sanzioni per il Presidente Bashar Al Assad e per altre personalità siriane. Le sanzioni saranno di tre tipi: blocco dei visti, il cosiddetto “travel ban”, embargo sulla vendita di armi e congelamento dei beni, ovvero l‘asset freeze. Queste misure erano già state discusse nei giorni scorsi dai diplomatici, raccogliendo molti consensi a livello tecnico ma, data l’importanza dei provvedimenti, si è preferito rimettere la decisione finale ai ministri degli Esteri. Tali provvedimenti colpiranno in tutto una decina di rappresentanti del regime, secondo quanto dichiarato alla stampa dal portavoce della Farnesina Maurizio Massari. Il ministro Franco Frattini, presente alla riunione, in un’intervista rilasciata ad un giornalista siriano ha affermato che“è necessario di mostrare al regime che l’unica opzione è di andare avanti con le riforme e con la cessazione delle violenze”. Si fa forte l’idea di una probabile revisione dei progetti di cooperazione tra Unione Europea e Siria. Le repressioni da parte del regime di Bashar hanno condotto a migliaia di morti e i vecchi accordi potrebbero risentirne.

Per quanto concerne la Libia, il dibattito si è incentrato sul ruolo dell’Unione Europea nel dopo Gheddafi. Il portavoce della Farnesina ha dichiarato che sono evidenti i segnali di erosione del regime: le defezioni continuano, dimostrazione che la pressione internazionale sta funzionando. Massari ha poi ricordato il ruolo e l’attenzione dell’Italia per la fase di istitution building, sottolineando come la Cooperazione italiana allo sviluppo abbia provveduto ad aprire a Bengasi una postazione e come stia provvedendo all’invio di esperti. Si lavora per l’attuazione di un obiettivo ambizioso ma risolutivo: una Libia unita, indivisibile e democratica.

L’agenda dei lavori, inoltre, ha dedicato uno spazio alla discussione dell’accordo proposto dal Consiglio di cooperazione del Golfo per superare la crisi nello Yemen. Gli europei auspicano che il regime di San’a, del presidente Ali Abdallah Saleh, firmino “senza ulteriori ritardi”. La pacificazione è il mattone a partire dal quale si può ricostruire l’economia del Paese che, attualmente, si trova agli ultimi posti per reddito pro-capite nella regione.

In conclusione, non poteva essere omesso un ulteriore tema su cui non si è mai smesso di parlare: il processo di pace nel Medio Oriente. I ministri europei, data la situazione israelo – palestinese, hanno riaffermato la necessità di una linea di azione comune per l’avvio di nuovi negoziati ed in particolare si sono detti pienamente in accordo con quanto dichiarato, pochi giorni fa, dal Presidente degli Usa Barack Obama: un ritorno ai confini del 1967. Tale dichiarazione, che in un primo momento non sembrava apportare alcuna modifica a quanto detto dalle parti negli ultimi anni, in realtà ha una portata innovativa. Come dichiarato dallo stesso presidente, non si intende un ritorno tout court alla situazione del 4 giugno 1967, ma si dovrà raggiungere un accordo su una più esatta ridefinizione dei confini, tenendo conto dei cambiamenti demografici e sociali che si sono registrati negli ultimi trent’anni. Questa sembra essere l’unica chiave di svolta che l’Italia appoggia in pieno.